VI. Chi può essere
ammesso ad accusare un vescovo o un chierico.
Poiché molti volendo
turbare e sconvolgere l'ordine ecclesiastico, da veri nemici e sicofanti,
inventano accuse contro i vescovi ortodossi incaricati del governo della
Chiesa, nient'altro cercando che di contaminare la buona fama dei sacerdoti e
di eccitare tumulti tra i popoli che vivono in pace, è sembrato bene al santo
concilio dei vescovi radunati a Costantinopoli di non ammettere gli accusatori
senza previo esame, né di permettere a chiunque di poter formulare accuse
contro gli amministratori delle diocesi, né, d'altra parte, di respingere
tutti. Se, quindi, uno ha dei motivi privati, personali, contro il vescovo,
perché sia stato defraudato, o perché abbia dovuto sopportare da parte sua
qualche altra ingiustizia, in questo genere di accuse non si guardi né alla
persona dell'accusatore, né alla sua religione. E’ necessario, infatti,
assolutamente, che la coscienza del vescovo si conservi libera dalla colpa e
che quegli che afferma di essere trattato ingiustamente, quali che possano
essere i suoi sentimenti religiosi, ottenga giustizia. Se, però, l'accusa che
si fa al vescovo ha attinenza con la religione in sé e per sé, allora bisogna
tener conto della persona degli accusatori. In questo caso, primo, non si
permetta agli eretici di formulare accuse contro i vescovi ortodossi in cose
riguardanti la chiesa (per eretici intendiamo sia quelli che già da tempo sono
stati pubblicamente banditi dalla Chiesa, sia quelli che poi noi stessi abbiamo
condannato; sia quelli che mostrano di professare una fede autentica, ma in
realtà sono separati e si riuniscono contro i vescovi legittimi). Inoltre,
quelli che sono stati condannati, scacciati o scomunicati per vari motivi dalla
Chiesa, sia chierici che laici, non possono accusare un vescovo, prima di
essersi lavati della loro colpa. Analogamente non possono accusare un vescovo o
altri chierici, coloro che siano sotto una precedente accusa, se prima non
abbiano dimostrato di essere innocenti delle colpe loro imputate. Se, però, vi
è chi senza essere eretico, né scomunicato, né condannato o accusato di alcun
delitto, ha delle accuse in cose di chiesa contro il vescovo, questo santo
sinodo comanda che questi presenti la sua accusa ai vescovi della provincia e
dimostri davanti a loro la fondatezza delle accuse. Se poi i vescovi della
provincia non sono in grado di correggere le mancanze di cui viene accusato il
vescovo, allora gli accusatori possono adire anche il più vasto sinodo dei
vescovi di quella diocesi (cioè il sinodo patriarcale), che saranno convocati
proprio per questo. Non può però, essere ammesso a provare l'accusa, chi non
abbia prima accettato per iscritto di subire una pena uguale a quella che
toccherebbe al vescovo se nell'esame della causa si constatasse che le accuse
contro il vescovo erano calunnie. Se qualcuno, disprezzando ciò che è stato
decretato, osasse importunare l'imperatore, o disturbare i tribunali civili, o
il concilio ecumenico, con disprezzo di tutti i vescovi della diocesi, la sua
accusa non deve essere ammessa, perché egli ha disprezzato i canoni, ed ha
tentato di sconvolgere l'ordine ecclesiastico.
|