Paragrafo 4 I FEDELI - GERARCHIA, LAICI,
VITA CONSACRATA
871
“I fedeli sono coloro che, essendo stati incorporati a Cristo mediante il
Battesimo, sono costituiti Popolo di Dio e perciò, resi partecipi nel modo loro
proprio dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, sono chiamati
ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione che Dio ha
affidato alla Chiesa da compiere nel mondo” [ [link] Codice di
Diritto Canonico, 204, 1; cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
31].
872
“Fra tutti i fedeli, in forza della loro rigenerazione in Cristo, sussiste una
vera uguaglianza nella dignità e nell'agire, e per tale uguaglianza tutti
cooperano all'edificazione del Corpo di Cristo, secondo la condizione e i
compiti propri di ciascuno” [ [link] Codice di Diritto Canonico,
208; cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 32].
873
Le differenze stesse che il Signore ha voluto stabilire fra le membra del suo
Corpo sono in funzione della sua unità e della sua missione. Infatti “c'è nella
Chiesa diversità di ministeri, ma unità di missione. Gli Apostoli e i loro successori
hanno avuto da Cristo l'ufficio di insegnare, santificare, reggere in suo nome
e con la sua autorità. Ma i laici, resi partecipi dell'ufficio sacerdotale,
profetico e regale di Cristo, nella missione di tutto il Popolo di Dio
assolvono compiti propri nella Chiesa e nel mondo” [Conc. Ecum. Vat. II,
Apostolicam actuositatem, 2]. Infine dai ministri sacri e dai laici “provengono
fedeli i quali, con la professione dei consigli evangelici. . . sono consacrati
in modo speciale a Dio e danno incremento alla missione salvifica della Chiesa”
[ [link] Codice di Diritto Canonico, 207, 2].
I. La
costituzione gerarchica della Chiesa
Perché
il ministero ecclesiale?
874
È Cristo stesso l'origine del ministero nella Chiesa. Egli l'ha istituita, le
ha dato autorità e missione, orientamento e fine:
Cristo
Signore, per pascere e sempre più accrescere il Popolo di Dio, ha istituito
nella sua Chiesa vari ministeri, che tendono al bene di tutto il corpo. I
ministri infatti, che sono dotati di sacra potestà, sono a servizio dei loro
fratelli, perché tutti coloro che appartengono al Popolo di Dio. . . arrivino
alla salvezza [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 18].
875
“E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno
sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno, senza
essere prima inviati?” ( [link] Rm 10,14-15).
Nessuno, né individuo né comunità, può annunziare a se stesso il Vangelo. “La fede
dipende. . . dalla predicazione” ( [link] Rm 10,17). Nessuno
può darsi da sé il mandato e la missione di annunziare il Vangelo. L'inviato
del Signore parla e agisce non per autorità propria, ma in forza dell'autorità
di Cristo; non come membro della comunità, ma parlando ad essa in nome di
Cristo. Nessuno può conferire a se stesso la grazia, essa deve essere data e
offerta. Ciò suppone che vi siano ministri della grazia, autorizzati e
abilitati da Cristo. Da lui i vescovi e i presbiteri ricevono la missione e la
facoltà [la “sacra potestà”] di agire “in persona di Cristo Capo”, i diaconi la
forza di servire il popolo di Dio nella “diaconia” della liturgia, della parola
e della carità, in comunione con il vescovo e il suo presbiterio. La tradizione
della Chiesa chiama “sacramento” questo ministero, attraverso il quale gli
inviati di Cristo compiono e danno per dono di Dio quello che da se stessi non
possono né compiere né dare. Il ministero della Chiesa viene conferito mediante
uno specifico sacramento.
876
Alla natura sacramentale del ministero ecclesiale è intrinsecamente legato il
carattere di servizio. I ministri, infatti, in quanto dipendono interamente da
Cristo, il quale conferisce missione e autorità, sono veramente “servi di
Cristo”, [Cf [link] Rm 1,1 ] ad immagine di lui che ha
assunto liberamente per noi “la condizione di servo” ( [link] Fil
2,7). Poiché la parola e la grazia di cui sono i ministri non sono le
loro, ma quelle di Cristo che le ha loro affidate per gli altri, essi si
faranno liberamente servi di tutti [Cf [link] 1Cor 9,19 ].
877
Allo stesso modo, è proprio della natura sacramentale del ministero ecclesiale
avere un carattere collegiale. Infatti il Signore Gesù, fin dall'inizio del suo
ministero, istituì i Dodici, che “furono ad un tempo il seme del Nuovo Israele
e l'origine della sacra gerarchia” [Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 5]. Scelti
insieme, sono anche mandati insieme, e la loro unione fraterna sarà al servizio
della comunione fraterna di tutti i fedeli; essa sarà come un riflesso e una
testimonianza della comunione delle persone divine [Cf
[link] Gv 17,21-23 ]. Per questo ogni vescovo
esercita il suo ministero in seno al collegio episcopale, in comunione col
vescovo di Roma, successore di san Pietro e capo del collegio; i sacerdoti
esercitano il loro ministero in seno al presbiterio della diocesi, sotto la
direzione del loro vescovo.
878
Infine è proprio della natura sacramentale del ministero ecclesiale avere un
carattere personale. Se i ministri di Cristo agiscono in comunione, agiscono
però sempre anche in maniera personale. Ognuno è chiamato personalmente: “Tu
seguimi” ( [link] Gv 21,22) [Cf [link] Mt
4,19; [link] Mt 4,21; [link] Gv
1,43 ] per essere, nella missione comune, testimone personale, personalmente
responsabile davanti a colui che conferisce la missione, agendo “in Sua
persona” e per delle persone: “Io ti battezzo nel nome del Padre. . . ”; “Io ti
assolvo. . . ”.
879
Pertanto il ministero sacramentale nella Chiesa è un servizio esercitato in
nome di Cristo. Esso ha un carattere personale e una forma collegiale. Ciò si
verifica sia nei legami tra il collegio episcopale e il suo capo, il successore
di san Pietro, sia nel rapporto tra la responsabilità pastorale del vescovo per
la sua Chiesa particolare e la sollecitudine di tutto il collegio episcopale
per la Chiesa universale.
Il
collegio episcopale e il suo capo, il Papa
880
Cristo, istituì i Dodici “sotto la forma di un collegio o di un gruppo stabile,
del quale mise a capo Pietro, scelto di mezzo a loro” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 19]. “Come san Pietro e gli
altri Apostoli costituirono, per istituzione del Signore, un unico collegio
apostolico, similmente il romano Pontefice, successore di Pietro, e i vescovi,
successori degli Apostoli, sono tra loro uniti” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
19].
881
Del solo Simone, al quale diede il nome di Pietro, il Signore ha fatto la
pietra della sua Chiesa. A lui ne ha affidato le chiavi; [Cf
[link] Mt 16,18-19 ] l'ha costituito pastore di
tutto il gregge [Cf [link] Gv 21,15-17 ]. “Ma
l'incarico di legare e di sciogliere, che è stato dato a Pietro, risulta essere
stato pure concesso al collegio degli Apostoli, unito col suo capo” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 22]. Questo ufficio pastorale di
Pietro e degli altri Apostoli costituisce uno dei fondamenti della Chiesa; è
continuato dai vescovi sotto il primato del Papa.
882
Il Papa, vescovo di Roma e successore di san Pietro, “ è il perpetuo e visibile
principio e fondamento dell'unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei
fedeli” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 22]. “Infatti
il romano Pontefice, in virtù del suo ufficio di vicario di Cristo e di pastore
di tutta la Chiesa, ha sulla Chiesa la potestà piena, suprema e universale, che
può sempre esercitare liberamente” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
22].
883
“Il collegio o corpo episcopale non ha. . . autorità, se non lo si concepisce
insieme con il romano Pontefice. . ., quale suo capo”. Come tale, questo
collegio “è pure soggetto di suprema e piena potestà su tutta la Chiesa:
potestà che non può essere esercitata se non con il consenso del romano
Pontefice” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 22; cf
[link] Codice di Diritto Canonico, 336].
884
“Il collegio dei vescovi esercita in modo solenne la potestà sulla Chiesa
universale nel Concilio Ecumenico” [ [link] Codice di Diritto
Canonico, 337, 1]. “Mai si ha Concilio Ecumenico, che come tale non
sia confermato o almeno accettato dal successore di Pietro” [ Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 22].
885
“ [Il collegio episcopale] in quanto composto da molti, esprime la varietà e
l'universalità del popolo di Dio; in quanto raccolto sotto un solo capo,
esprime l'unità del gregge di Cristo” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
22].
886
“I vescovi. . ., singolarmente presi, sono il principio visibile e il
fondamento dell'unità nelle loro Chiese particolari” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 22]. In quanto tali “esercitano
il loro pastorale governo sopra la porzione del Popolo di Dio che è stata loro
affidata”, [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 22] coadiuvati dai presbiteri e
dai diaconi. Ma, in quanto membri del collegio episcopale, ognuno di loro è
partecipe della sollecitudine per tutte le Chiese, [Cf Conc. Ecum. Vat. II,
Christus Dominus, 3] e la esercita innanzi tutto “reggendo bene la propria
Chiesa come porzione della Chiesa universale”, contribuendo così “al bene di
tutto il Corpo mistico che è pure il corpo delle Chiese” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
23]. Tale sollecitudine si estenderà
particolarmente ai poveri, [Cf [link] Gal 2,10 ] ai
perseguitati per la fede, come anche ai missionari che operano in tutta la
terra.
887
Le Chiese particolari vicine e di cultura omogenea formano province
ecclesiastiche o realtà più vaste chiamate patriarcati o regioni [Cf Canone
degli Apostoli, 34]. I vescovi di questi raggruppamenti possono riunirsi in
sinodi o in concilii provinciali. Così pure, le conferenze episcopali possono,
oggi, contribuire in modo molteplice e fecondo a che “lo spirito collegiale si
attui concretamente” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 23].
L'ufficio
di insegnare
888
I vescovi, con i presbiteri, loro cooperatori, “hanno anzitutto il dovere di
annunziare a tutti il Vangelo di Dio”, [Conc. Ecum. Vat. II, Presbyterorum
ordinis, 4] secondo il comando del Signore [Cf [link] Mc
16,15 ]. Essi sono “gli araldi della fede, che portano a Cristo nuovi
discepoli, sono i dottori autentici” della fede apostolica, “rivestiti
dell'autorità di Cristo” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 25].
889
Per mantenere la Chiesa nella purezza della fede trasmessa dagli Apostoli, Cristo,
che è la Verità, ha voluto rendere la sua Chiesa partecipe della propria
infallibilità. Mediante il “senso soprannaturale della fede”, il Popolo di Dio
“aderisce indefettibilmente alla fede”, sotto la guida del Magistero vivente
della Chiesa [Cf ibid., 12; Id. , Dei Verbum, 10].
890
La missione del Magistero è legata al carattere definitivo dell'Alleanza che
Dio in Cristo ha stretto con il suo Popolo; deve salvaguardarlo dalle
deviazioni e dai cedimenti, e garantirgli la possibilità oggettiva di
professare senza errore l'autentica fede. Il compito pastorale del Magistero è
quindi ordinato a vigilare affinché il Popolo di Dio rimanga nella verità che
libera. Per compiere questo servizio, Cristo ha dotato i pastori del carisma
d'infallibilità in materia di fede e di costumi. L'esercizio di questo carisma
può avere parecchie modalità.
891
“Di questa infallibilità il romano Pontefice, capo del collegio dei vescovi,
fruisce in virtù del suo ufficio, quando, quale supremo pastore e dottore di
tutti i fedeli, che conferma nella fede i suoi fratelli, proclama con un atto
definitivo una dottrina riguardante la fede o la morale. . . L'infallibilità
promessa alla Chiesa risiede pure nel corpo episcopale, quando questi esercita
il supremo Magistero col successore di Pietro” soprattutto in un Concilio
Ecumenico [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 25; cf Concilio Vaticano I:
Denz. -Schönm. , 3074]. Quando la Chiesa, mediante il suo Magistero supremo,
propone qualche cosa “da credere come rivelato da Dio” [Conc. Ecum. Vat. II,
Dei Verbum, 10] e come insegnamento di Cristo, “a tali definizioni si deve
aderire con l'ossequio della fede” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
25]. Tale infallibilità abbraccia
l'intero deposito della Rivelazione divina [Cf ibid].
892
L'assistenza divina è inoltre data ai successori degli Apostoli, che insegnano
in comunione con il successore di Pietro, e, in modo speciale, al vescovo di
Roma, pastore di tutta la Chiesa, quando, pur senza arrivare ad una definizione
infallibile e senza pronunciarsi in “maniera definitiva”, propongono,
nell'esercizio del Magistero ordinario, un insegnamento che porta ad una
migliore intelligenza della Rivelazione in materia di fede e di costumi. A
questo insegnamento ordinario i fedeli devono “aderire col religioso ossequio
dello spirito” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 25] che, pur distinguendosi
dall'ossequio della fede, tuttavia ne è il prolungamento.
L'ufficio
di santificare
893
Il vescovo “è il dispensatore della grazia del supremo sacerdozio”, [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 25] specialmente nell'Eucaristia che egli stesso
offre o di cui assicura l'offerta mediante i presbiteri, suoi cooperatori.
L'Eucaristia, infatti, è il centro della vita della Chiesa particolare. Il
vescovo e i presbiteri santificano la Chiesa con la loro preghiera e il loro
lavoro, con il ministero della Parola e dei sacramenti. La santificano con il
loro esempio, “non spadroneggiando sulle persone” loro “affidate”, ma facendosi
“modelli del gregge” ( [link] 1Pt 5,3), in modo che “possano,
insieme col gregge loro affidato, giungere alla vita eterna” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 25].
L'ufficio
di governare
894
“I vescovi reggono le Chiese particolari, come vicari e delegati di Cristo, col
consiglio, la persuasione, l'esempio, ma anche con l'autorità e la sacra
potestà”, [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 25] che però dev'essere da loro
esercitata allo scopo di edificare, nello spirito di servizio che è proprio del
loro Maestro [Cf [link] Lc 22,26-27 ].
895
“Questa potestà che personalmente esercitano in nome di Cristo, è propria,
ordinaria e immediata, quantunque il suo esercizio sia in definitiva regolato
dalla suprema autorità della Chiesa” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
27]. Ma i vescovi non devono essere
considerati come dei vicari del Papa, la cui autorità ordinaria e immediata su
tutta la Chiesa non annulla quella dei vescovi, ma anzi la conferma e la
difende. Tale autorità deve esercitarsi in comunione con tutta la Chiesa sotto
la guida del Papa.
896
Il Buon Pastore sarà il modello e la “forma” dell'ufficio pastorale del vescovo.
Cosciente delle proprie debolezze, “il vescovo può compatire quelli che sono
nell'ignoranza o nell'errore. Non rifugga dall'ascoltare” coloro che dipendono
da lui e “che cura come veri figli suoi. . . I fedeli poi devono aderire al
vescovo come la Chiesa a Gesù Cristo e come Gesù Cristo al Padre”: [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 27]
Seguite
tutti il vescovo, come Gesù Cristo [segue] il Padre, e il presbiterio come gli
Apostoli; quanto ai diaconi, rispettateli come la legge di Dio. Nessuno compia
qualche azione riguardante la Chiesa, senza il vescovo [Sant'Ignazio di
Antiochia, Epistula ad Smyrnaeos, 8, 1].
II. I fedeli
laici
897
“Col nome di laici si intendono qui tutti i fedeli a esclusione dei membri
dell'ordine sacro e dello stato religioso riconosciuto dalla Chiesa, i fedeli
cioè, che, dopo essere stati incorporati a Cristo col Battesimo e costituiti
Popolo di Dio, e nella loro misura resi partecipi della funzione sacerdotale,
profetica e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel
mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 31].
La
vocazione dei laici
898
“Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il Regno di Dio trattando le cose
temporali e ordinandole secondo Dio. . . A loro quindi particolarmente spetta
di illuminare e ordinare tutte le realtà temporali, alle quali essi sono
strettamente legati, in modo che sempre siano fatte secondo Cristo, e crescano
e siano di lode al Creatore e al Redentore” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
31].
899
L'iniziativa dei cristiani laici è particolarmente necessaria quando si tratta
di scoprire, di ideare mezzi per permeare delle esigenze della dottrina e della
vita cristiana le realtà sociali, politiche ed economiche. Questa iniziativa è
un elemento normale della vita della Chiesa:
I
fedeli laici si trovano sulla linea più avanzata della vita della Chiesa;
grazie a loro, la Chiesa è il principio vitale della società. Per questo essi
soprattutto devono avere una coscienza sempre più chiara non soltanto di
appartenere alla Chiesa, ma di essere la Chiesa, cioè la comunità dei fedeli
sulla terra sotto la guida dell'unico capo, il Papa, e dei vescovi in comunione
con lui. Essi sono la Chiesa [Pio XII, discorso del 20 febbraio 1946: citato da
Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 9].
900
I laici, come tutti i fedeli, in virtù del Battesimo e della Confermazione,
ricevono da Dio l'incarico dell'apostolato; pertanto hanno l'obbligo e godono
del diritto, individualmente o riuniti in associazioni, di impegnarsi affinché
il messaggio divino della salvezza sia conosciuto e accolto da tutti gli uomini
e su tutta la terra; tale obbligo è ancora più pressante nei casi in cui solo
per mezzo loro gli uomini possono ascoltare il Vangelo e conoscere Cristo.
Nelle comunità ecclesiali, la loro azione è così necessaria che, senza di essa,
l'apostolato dei pastori, la maggior parte delle volte, non può raggiungere il
suo pieno effetto [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 33].
La
partecipazione dei laici all'ufficio
sacerdotale
di Cristo
901
“I laici, essendo dedicati a Cristo e consacrati dallo Spirito Santo, sono in
modo mirabile chiamati e istruiti perché lo Spirito produca in essi frutti
sempre più copiosi. Tutte infatti le opere, le preghiere e le iniziative
apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo
spirituale e corporale, se sono compiute nello Spirito, e persino le molestie
della vita se sono sopportate con pazienza, diventano “sacrifici spirituali
graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo” ( [link] 1Pt 2,5); e
queste cose nella celebrazione dell'Eucaristia sono piissimamente offerte al
Padre insieme all'oblazione del Corpo del Signore. Così anche i laici, operando
santamente dappertutto come adoratori, consacrano a Dio il mondo stesso” [Cf
Conc. Ecum.
Vat. II, Lumen gentium, 33].
902
In modo particolare i genitori partecipano all'ufficio di santificazione
“conducendo la vita coniugale secondo lo spirito cristiano e attendendo
all'educazione cristiana dei figli” [ [link] Codice di Diritto
Canonico, 835, 4].
903
I laici, se hanno le doti richieste, possono essere assunti stabilmente ai
ministeri di lettori e di accoliti [Cf [link] ibid., 230,
1]. “Ove le necessità della Chiesa lo suggeriscano, in mancanza di
ministri, anche i laici, pur senza essere lettori o accoliti, possono supplire
alcuni dei loro uffici, cioè esercitare il ministero della Parola, presiedere
alle preghiere liturgiche, amministrare il Battesimo e distribuire la sacra
Comunione, secondo le disposizioni del diritto” [Cf [link] ibid.,
230, 1].
La
loro partecipazione all'ufficio profetico di Cristo
904
“Cristo. . . adempie la sua funzione profetica. . . non solo per mezzo della gerarchia.
. . ma anche per mezzo dei laici, che perciò costituisce suoi testimoni”
dotandoli “del senso della fede e della grazia della parola”: [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 35]
Istruire
qualcuno per condurlo alla fede è il compito di ogni predicatore e anche di
ogni credente [ San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, 71, 4, ad 3].
905
I laici compiono la loro missione profetica anche mediante l'evangelizzazione,
cioè con l'annunzio di Cristo “fatto con la testimonianza della vita e con la
parola”. Questa azione evangelizzatrice ad opera dei laici “acquista una certa
nota specifica e una particolare efficacia, dal fatto che viene compiuta nelle
comuni condizioni del secolo”: [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 35]
Tale
apostolato non consiste nella sola testimonianza della vita: il vero apostolo
cerca le occasioni per annunziare Cristo con la parola, sia ai credenti... sia
agli infedeli [Conc. Ecum. Vat. II, Apostolicam actuositatem, 6; cf Id., Ad
gentes, 15].
906
Tra i fedeli laici coloro che ne sono capaci e che vi si preparano possono
anche prestare la loro collaborazione alla formazione catechistica, [Cf
[link] Codice di Diritto Canonico, 774;
[link] 776; [link] 780]
all'insegnamento delle scienze sacre, [Cf [link] ibid. ,
229] ai mezzi di comunicazione sociale [Cf
[link] ibid., 823, 1].
907
“In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui
godono, essi hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare
ai sacri pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e
di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l'integrità della fede e dei
costumi e il rispetto verso i pastori, tenendo inoltre presente l'utilità
comune e la dignità della persona” [Cf [link] ibid., 823,
1].
La
loro partecipazione all'ufficio regale di Cristo
908
Mediante la sua obbedienza fino alla morte, [Cf [link] Fil
2,8-9 ] Cristo ha comunicato ai suoi discepoli il dono della libertà
regale, “perché con l'abnegazione di sé e la vita santa vincano in se stessi il
regno del peccato” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 36].
Colui
che sottomette il proprio corpo e governa la sua anima senza lasciarsi
sommergere dalle passioni è padrone di sé: può essere chiamato re perché è
capace di governare la propria persona; è libero e indipendente e non si lascia
imprigionare da una colpevole schiavitù [Sant'Ambrogio, Expositio Psalmi
CXVIII, 14, 30: PL 15, 1403A].
909
“Inoltre i laici, anche mettendo in comune la loro forza, risanino le
istituzioni e le condizioni di vita del mondo, se ve ne sono che spingano i
costumi al peccato, così che tutte siano rese conformi alle norme della
giustizia e, anziché ostacolare, favoriscano l'esercizio delle virtù. Così
agendo impregneranno di valore morale la cultura e i lavori dell'uomo” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 36].
910
“I laici possono anche sentirsi chiamati o essere chiamati a collaborare con i
loro pastori nel servizio della comunità ecclesiale, per la crescita e la
vitalità della medesima, esercitando ministeri diversissimi, secondo la grazia
e i carismi che il Signore vorrà loro dispensare” [Paolo VI, Esort. ap.
Evangelii nuntiandi, 73].
911
Nella Chiesa, “i fedeli possono cooperare a norma del diritto all'esercizio
della potestà di governo” [ [link] Codice di Diritto Canonico,
129, 2] e questo mediante la loro presenza nei Concili particolari,
[Cf [link] ibid., 443, 4] nei Sinodi diocesani, [Cf
[link] ibid. , 463, 1. 2] nei Consigli pastorali; [Cf
[link] ibid., 511;
[link] 536] nell'esercizio della cura pastorale di una
parrocchia; [Cf [link] ibid., 517, 2] nella
collaborazione ai Consigli degli affari economici; [Cf
[link] ibid., 492, 1;
[link] 536] nella partecipazione ai tribunali
ecclesiastici [Cf ibid., 1421, 2].
912
I fedeli devono “distinguere accuratamente tra i diritti e i doveri, che loro
incombono in quanto sono aggregati alla Chiesa, e quelli che loro competono in
quanto membri della società umana. Cerchino di metterli in armonia,
ricordandosi che in ogni cosa temporale devono essere guidati dalla coscienza
cristiana, poiché nessuna attività umana, neanche in materia temporale, può
essere sottratta al dominio di Dio” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
36].
913
“Così ogni laico, in ragione degli stessi doni ricevuti, è un testimone e
insieme uno strumento vivo della missione della Chiesa stessa "secondo la
misura del dono di Cristo" ( [link] Ef 4,7)” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 36].
III. La vita
consacrata
914
“Lo stato [di vita] che è costituito dalla professione dei consigli evangelici,
pur non appartenendo alla struttura gerarchica della Chiesa, interessa tuttavia
indiscutibilmente alla sua vita e alla sua santità” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
36].
Consigli
evangelici, vita consacrata
915
I consigli evangelici, nella loro molteplicità, sono proposti ad ogni discepolo
di Cristo. La perfezione della carità, alla quale tutti i fedeli sono chiamati,
comporta per coloro che liberamente accolgono la vocazione alla vita
consacrata, l'obbligo di praticare la castità nel celibato per il Regno, la
povertà e l'obbedienza. È la professione di tali consigli, in uno stato di vita
stabile riconosciuto dalla Chiesa, che caratterizza la “vita consacrata” a Dio
[Cf Conc. Ecum.
Vat. II, Lumen gentium, 42-43; Id. , Perfectae caritatis, 1].
916
Lo stato di vita consacrata appare quindi come uno dei modi di conoscere una
consacrazione “più intima”, che si radica nel Battesimo e dedica totalmente a
Dio [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Perfectae caritatis, 5]. Nella
vita consacrata, i fedeli di Cristo si propongono, sotto la mozione dello
Spirito Santo, di seguire Cristo più da vicino, di donarsi a Dio amato sopra
ogni cosa e, tendendo alla perfezione della carità a servizio del Regno, di
significare e annunziare nella Chiesa la gloria del mondo futuro [Cf
[link] Codice di Diritto Canonico, 573].
Un
grande albero dai molti rami
917
“Come in un albero piantato da Dio e in un modo mirabile e molteplice
ramificatosi nel campo del Signore, sono cresciute varie forme di vita
solitaria o comune e varie famiglie, che si sviluppano sia per il profitto dei
loro membri, sia per il bene di tutto il Corpo di Cristo” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 43].
918
“Fin dai primi tempi della Chiesa vi furono uomini e donne che per mezzo della
pratica dei consigli evangelici intesero seguire Cristo con maggiore libertà e
imitarlo più da vicino e condussero, ciascuno a loro modo, una vita consacrata
a Dio. Molti di essi, dietro l'impulso dello Spirito Santo, o vissero una vita
solitaria o fondarono famiglie religiose, che la Chiesa con la sua autorità
volentieri accolse e approvò” [Conc. Ecum. Vat. II, Perfectae caritatis, 1].
919
I vescovi si premureranno sempre di discernere i nuovi doni della vita
consacrata affidati dallo Spirito Santo alla sua Chiesa; l'approvazione di
nuove forme di vita consacrata è riservata alla Sede Apostolica [Cf
[link] Codice di Diritto Canonico, 605].
La
vita eremitica
920
Senza professare sempre pubblicamente i tre consigli evangelici, gli eremiti,
“in una più rigorosa separazione dal mondo, nel silenzio della solitudine e
nella continua preghiera e nella penitenza, dedicano la propria vita alla lode
di Dio e alla salvezza del mondo” [ [link] Codice di Diritto
Canonico, 603, 1].
921
Essi indicano a ciascuno quell'aspetto interiore del mistero della Chiesa che è
l'intimità personale con Cristo. Nascosta agli occhi degli uomini, la vita
dell'eremita è predicazione silenziosa di colui al quale ha consegnato la sua
vita, poiché egli è tutto per lui. È una chiamata particolare a trovare nel
deserto, proprio nel combattimento spirituale, la gloria del Crocifisso.
Le
vergini e le vedove consacrate
922
Fin dai tempi apostolici, ci furono vergini e vedove cristiane che, chiamate
dal Signore a dedicarsi esclusivamente a lui [Cf [link] 1Cor
7,34-36 ] in una maggiore libertà di cuore, di corpo e di spirito,
hanno preso la decisione, approvata dalla Chiesa, di vivere rispettivamente
nello stato di verginità o di castità perpetua “per il Regno dei cieli”
( [link] Mt 19,12).
923
“Emettendo il santo proposito di seguire Cristo più da vicino, [le vergini] dal
vescovo diocesano sono consacrate a Dio secondo il rito liturgico approvato e,
unite in mistiche nozze a Cristo Figlio di Dio, si dedicano al servizio della
Chiesa” [ [link] Codice di Diritto Canonico, 604, 1].
Mediante questo rito solenne, [Consecratio virginum] “la vergine è costituita persona
consacrata” quale “segno trascendente dell'amore della Chiesa verso Cristo,
immagine escatologica della Sposa celeste e della vita futura” [Pontificale
romano, Consacrazione delle vergini, Premesse, 1].
924
“Assimilato alle altre forme di vita consacrata”, [ [link] Codice
di Diritto Canonico, 604, 1] l'ordine delle vergini stabilisce la
donna che vive nel mondo (o la monaca) nella preghiera, nella penitenza, nel
servizio dei fratelli e nel lavoro apostolico, secondo lo stato e i rispettivi
carismi offerti ad ognuna [Pontificale romano, Consacrazione delle vergini,
Premesse, 2]. Le vergini consacrate possono associarsi al fine di mantenere più
fedelmente il loro proposito [Cf [link] Codice di Diritto
Canonico, 604, 2].
La
vita religiosa
925
Nata in Oriente nei primi secoli del cristianesimo [Cf Conc. Ecum. Vat. II,
Unitatis redintegratio, 15] e continuata negli istituti canonicamente eretti
dalla Chiesa, [Cf [link] Codice di Diritto Canonico,
573] la vita religiosa si distingue dalle altre forme di vita
consacrata per l'aspetto cultuale, la professione pubblica dei consigli
evangelici, la vita fraterna condotta in comune, la testimonianza resa all'unione
di Cristo e della Chiesa [Cf [link] Codice di Diritto Canonico,
607].
926
La vita religiosa sgorga dal mistero della Chiesa. È un dono che la Chiesa
riceve dal suo Signore e che essa offre come uno stato di vita stabile al
fedele chiamato da Dio nella professione dei consigli. Così la Chiesa può
manifestare Cristo e insieme riconoscersi Sposa del Salvatore. Alla vita
religiosa, nelle sue molteplici forme, è chiesto di esprimere la carità stessa
di Dio, nel linguaggio del nostro tempo.
927
Tutti i religiosi, esenti o no, [Cf [link] ibid. ,
591] sono annoverati fra i cooperatori del vescovo diocesano nel suo
ufficio pastorale [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Christus Dominus, 33-35]. La fondazione e l'espansione missionaria della Chiesa
richiedono la presenza della vita religiosa in tutte le sue forme fin dagli
inizi dell'evangelizzazione [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 18; 40]. “La storia
attesta i grandi meriti delle famiglie religiose nella propagazione della fede
e nella formazione di nuove Chiese, dalle antiche istituzioni monastiche e
dagli Ordini medievali fino alle moderne Congregazioni” [Giovanni Paolo II,
Lett. enc. Redemptoris missio, 69].
Gli
istituti secolari
928
“L'Istituto secolare è un istituto di vita consacrata in cui i fedeli, vivendo
nel mondo, tendono alla perfezione della carità e si impegnano per la
santificazione del mondo, soprattutto operando all'interno di esso”
[ [link] Codice di Diritto Canonico, 710].
929
Mediante una “vita perfettamente e interamente consacrata a [tale]
santificazione”, [Pio XII, Cost. ap. Provida Mater] i membri di questi istituti
“partecipano della funzione evangelizzatrice della Chiesa”, “nel mondo e dal
mondo”, in cui la loro presenza agisce “come un fermento” [Conc. Ecum. Vat. II, Perfectae
caritatis, 11]. La loro testimonianza di
vita cristiana mira a ordinare secondo Dio le realtà temporali e vivificare il
mondo con la forza del Vangelo. Essi assumono con vincoli sacri i consigli
evangelici e custodiscono tra loro la comunione e la fraternità che sono
proprie al loro modo di vita secolare [Cf [link] Codice di
Diritto Canonico, 713, 2].
Le
società di vita apostolica
930
Alle diverse forme di vita consacrata “sono assimilate le società di vita
apostolica i cui membri, senza i voti religiosi, perseguono il fine apostolico proprio
della società e, conducendo vita fraterna in comunità secondo un proprio stile,
tendono alla perfezione della carità mediante l'osservanza delle costituzioni.
Fra queste vi sono società i cui membri assumono i consigli evangelici”,
secondo le loro costituzioni [ [link] Codice di Diritto Canonico,
731, 1. 2].
Consacrazione
e missione: annunziare il Re che viene
931
Consegnato a Dio sommamente amato, colui che già era stato votato a lui dal
Battesimo, si trova in tal modo più intimamente consacrato al servizio divino e
dedito al bene della Chiesa. Con lo stato di consacrazione a Dio, la Chiesa
manifesta Cristo e mostra come lo Spirito Santo agisca in essa in modo
mirabile. Coloro che professano i consigli evangelici hanno, dunque, come prima
missione, quella di vivere la loro consacrazione. Ma “dal momento che si
dedicano al servizio della Chiesa in forza della stessa consacrazione, sono
tenuti all'obbligo di prestare l'opera loro in modo speciale nell'azione
missionaria, con lo stile proprio dell'Istituto” [ [link] Codice
di Diritto Canonico, 731, 1. 2].
932
Nella Chiesa che è come il sacramento, cioè il segno e lo strumento della vita
di Dio, la vita consacrata appare come un segno particolare del mistero della
Redenzione. Seguire e imitare Cristo “più da vicino”, manifestare “più
chiaramente” il suo annientamento, significa trovarsi “più profondamente”
presenti, nel cuore di Cristo, ai propri contemporanei. Coloro, infatti, che
camminano in questa via “più stretta” stimolano con il proprio esempio i loro
fratelli e “testimoniano in modo splendido che il mondo non può essere
trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle beatitudini” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
31].
933
Che tale testimonianza, sia pubblica, come nello stato religioso, oppure più
discreta, o addirittura segreta, la venuta di Cristo rimane per tutti i
consacrati l'origine e l'orientamento della loro vita:
Poiché
il Popolo di Dio non ha qui città permanente,. . . lo stato religioso. . .
rende visibile per tutti i credenti la presenza, già in questo mondo, dei beni
celesti; meglio testimonia la vita nuova ed eterna acquistata dalla Redenzione
di Cristo, e meglio preannunzia la futura risurrezione e la gloria del Regno
celeste” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 31].
IN SINTESI
934 “Per istituzione
divina vi sono nella Chiesa i ministri sacri, che nel diritto sono chiamati
anche chierici; gli altri fedeli poi sono chiamati anche laici. Dagli uni e
dagli altri provengono fedeli i quali, con la professione dei consigli
evangelici. . . sono consacrati in modo speciale a Dio e danno incremento alla
missione salvifica della Chiesa” [ [link] Codice di Diritto
Canonico, 207, 1. 2].
935 Per annunziare la
fede e instaurare il suo Regno, Cristo invia i suoi Apostoli e i loro
successori. Li rende partecipi della sua missione. Da lui ricevono il potere di
agire in sua persona.
936 Il Signore ha
fatto di san Pietro il fondamento visibile della sua Chiesa. A lui ne ha
affidato le chiavi. Il vescovo della Chiesa di Roma, successore di san Pietro,
è “capo del collegio dei vescovi, vicario di Cristo e pastore qui in terra
della Chiesa universale” [ [link] Codice di Diritto Canonico,
207, 1. 2].
937 Il Papa “è per
divina istituzione rivestito di un potere supremo, pieno, immediato e
universale per il bene delle anime” [Conc. Ecum. Vat.
II, Christus Dominus, 2].
938 I vescovi,
costituiti per mezzo dello Spirito Santo, succedono agli Apostoli.
“Singolarmente presi, sono il principio visibile e il fondamento dell'unità
nelle loro Chiese particolari” [Conc. Ecum. Vat.
II, Lumen gentium, 23].
939 Aiutati dai
presbiteri, loro cooperatori, e dai diaconi, i vescovi hanno l'ufficio di
insegnare autenticamente la fede, di celebrare il culto divino, soprattutto
l'Eucarestia, e di guidare la loro Chiesa da veri pastori. È inerente al loro
ufficio anche la sollecitudine per tutte le Chiese, con il Papa e sotto di lui.
940 I laici, essendo
proprio del loro stato che “vivano nel mondo e in mezzo agli affari secolari,
sono chiamati da Dio affinché, ripieni di spirito cristiano, a modo di fermento
esercitino nel mondo il loro apostolato” [Conc. Ecum. Vat. II, Apostolicam
actuositatem, 2].
941 I laici
partecipano al sacerdozio di Cristo: sempre più uniti a lui, dispiegano la
grazia del Battesimo e della Confermazione in tutte le dimensioni della vita
personale, familiare, sociale ed ecclesiale, e realizzano così la chiamata alla
santità rivolta a tutti i battezzati.
942 Grazie alla loro
missione profetica, “i laici sono chiamati anche ad essere testimoni di Cristo
in mezzo a tutti, e cioè pure in mezzo alla società umana” [Cf Conc. Ecum. Vat.
II, Gaudium et spes, 43].
943 Grazie alla loro
missione regale, i laici hanno il potere di vincere in se stessi e nel mondo il
regno del peccato con l'abnegazione di sé e la santità della loro vita [Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
36].
944 La vita consacrata
a Dio si caratterizza mediante la professione pubblica dei consigli evangelici
di povertà, castità e obbedienza in uno stato di vita stabile riconosciuto
dalla Chiesa.
945 Consegnato a Dio
sommamente amato, colui che era già stato destinato a lui dal Battesimo, si
trova, nello stato di vita consacrata, più intimamente votato al servizio
divino e dedito al bene di tutta la Chiesa.
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