IV. L'inferno
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Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non
possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro
prossimo o contro noi stessi: “Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il
proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se
stesso la vita eterna” ( [link] 1Gv 3,15). Nostro Signore ci
avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i
poveri e i piccoli che sono suoi fratelli [Cf [link] Mt
25,31-46 ]. Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza
accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per
sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva
auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con
la parola “inferno”.
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Gesù parla ripetutamente della “Geenna”, del “fuoco inestinguibile”, [Cf
[link] Mt 5,22; [link] Mt 5,29;
[link] Mt 13,42; [link] Mt 13,50;
[link] Mc 9,43-48 ] che è riservato a chi sino alla
fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia
l'anima che il corpo [Cf [link] Mt 10,28 ]. Gesù annunzia
con parole severe che egli “manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno. . .
tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente”
( [link] Mt 13,41-42), e che pronunzierà la
condanna: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno!”
( [link] Mt 25,41).
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La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua
eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la
morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene
dell'inferno, “il fuoco eterno” [Cf Simbolo “Quicumque”: Denz. -Schönm., 76;
Sinodo di Costantinopoli: ibid., 409. 411; 274]. La pena principale
dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto
l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali
aspira.
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Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti
l'inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l'uomo deve usare la
propria libertà in vista del proprio destino eterno. Costituiscono nello stesso
tempo un pressante appello alla conversione: “Entrate per la porta stretta,
perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti
sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la
via che conduce alla Vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!”
( [link] Mt 7,13-14).
Siccome
non conosciamo né il giorno né l'ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che
vegliamo assiduamente, affinché, finito l'unico corso della nostra vita
terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati
tra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco
eterno, nelle tenebre esteriori dove “ci sarà pianto e stridore di denti”
[Conc. Ecum.
Vat. II, Lumen gentium, 48].
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Dio non predestina nessuno ad andare all'inferno; [ Cf Concilio di Orange II:
Denz. -Schönm. , 397; Concilio di Trento: ibid. , 1567] questo è la conseguenza
di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste
sino alla fine. Nella liturgia eucaristica e nelle preghiere quotidiane dei
fedeli, la Chiesa implora la misericordia di Dio, il quale non vuole “che
alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi” ( [link] 2Pt
3,9):
Accetta
con benevolenza, o Signore, l'offerta che ti presentiamo noi tuoi ministri e
tutta la tua famiglia: disponi nella tua pace i nostri giorni, salvaci dalla
dannazione eterna, e accoglici nel gregge degli eletti [Messale Romano, Canone
Romano].
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