IV. Il giudizio
erroneo
1790
L'essere umano deve sempre obbedire al giudizio certo della propria coscienza. Se
agisse deliberatamente contro tale giudizio, si condannerebbe da sé. Ma accade
che la coscienza morale sia nell'ignoranza e dia giudizi erronei su azioni da
compiere o già compiute.
1791
Questa ignoranza spesso è imputabile alla responsabilità personale. Ciò avviene
“quando l'uomo non si cura di cercare la verità e il bene, e quando la
coscienza diventa quasi cieca in seguito all'abitudine del peccato” [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 16]. In tali casi la persona è colpevole del male
che commette.
1792
All'origine delle deviazioni del giudizio nella condotta morale possono esserci
la non conoscenza di Cristo e del suo Vangelo, i cattivi esempi dati dagli
altri, la schiavitù delle passioni, la pretesa ad una malintesa autonomia della
coscienza, il rifiuto dell'autorità della Chiesa e del suo insegnamento, la
mancanza di conversione e di carità.
1793
Se - al contrario - l'ignoranza è invincibile, o il giudizio erroneo è senza
responsabilità da parte del soggetto morale, il male commesso dalla persona non
può esserle imputato. Nondimeno resta un male, una privazione, un disordine. E'
quindi necessario adoperarsi per correggere la coscienza morale dai suoi
errori.
1794
La coscienza buona e pura è illuminata dalla fede sincera. Infatti la carità
“sgorga”, ad un tempo, “da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede
sincera” ( [link] 1Tm 1,5 ): [Cf [link] 1Tm
3,9; [link] 2Tm 1,3; [link] 1Pt
3,21; [link] At 24,16 ]
Quanto
più prevale la coscienza retta, tanto più le persone e i gruppi sociali si
allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme oggettive
della moralità [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 16].
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