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Catechismo della Chiesa Cattolica

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  • PARTE TERZA LA VITA IN CRISTO
    • SEZIONE PRIMA LA VOCAZIONE DELL'UOMO: LA VITA NELLO SPIRITO
      • CAPITOLO PRIMO LA DIGNITA' DELLA PERSONA UMANA
        • Articolo 6 LA COSCIENZA MORALE
          • IV. Il giudizio erroneo
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IV. Il giudizio erroneo

 

1790 L'essere umano deve sempre obbedire al giudizio certo della propria coscienza. Se agisse deliberatamente contro tale giudizio, si condannerebbe da sé. Ma accade che la coscienza morale sia nell'ignoranza e dia giudizi erronei su azioni da compiere o già compiute.

 

1791 Questa ignoranza spesso è imputabile alla responsabilità personale. Ciò avviene “quando l'uomo non si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all'abitudine del peccato” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 16]. In tali casi la persona è colpevole del male che commette.

 

1792 All'origine delle deviazioni del giudizio nella condotta morale possono esserci la non conoscenza di Cristo e del suo Vangelo, i cattivi esempi dati dagli altri, la schiavitù delle passioni, la pretesa ad una malintesa autonomia della coscienza, il rifiuto dell'autorità della Chiesa e del suo insegnamento, la mancanza di conversione e di carità.

 

 

1793 Se - al contrario - l'ignoranza è invincibile, o il giudizio erroneo è senza responsabilità da parte del soggetto morale, il male commesso dalla persona non può esserle imputato. Nondimeno resta un male, una privazione, un disordine. E' quindi necessario adoperarsi per correggere la coscienza morale dai suoi errori.

 

 

1794 La coscienza buona e pura è illuminata dalla fede sincera. Infatti la caritàsgorga”, ad un tempo, “da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera” (  [link] 1Tm 1,5 ): [Cf  [link] 1Tm 3,9;  [link] 2Tm 1,3;  [link] 1Pt 3,21;  [link] At 24,16 ]

Quanto più prevale la coscienza retta, tanto più le persone e i gruppi sociali si allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme oggettive della moralità [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 16].

 




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