II. “Padre!”
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Prima di fare nostro questo slancio iniziale della Preghiera del Signore, non è
superfluo purificare umilmente il nostro cuore da certe false immagini di
“questo mondo”. L' umiltà ci fa riconoscere che “nessuno conosce il Padre, se
non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”, cioè “ai piccoli”
( [link] Mt 11,25-27 ). La purificazione del cuore
concerne le immagini paterne e materne, quali si sono configurate nella nostra
storia personale e culturale, e che influiscono sulla nostra relazione con Dio.
Dio, nostro Padre, trascende le categorie del mondo creato. Trasporre su di
lui, o contro di lui, le nostre idee in questo campo, equivarrebbe a fabbricare
idoli da adorare o da abbattere. Pregare il Padre è entrare nel suo mistero,
quale egli è, e quale il Figlio ce lo ha rivelato:
L'espressione
Dio-Padre non era mai stata rivelata a nessuno. Quando lo stesso Mosè chiese a
Dio chi fosse, si sentì rispondere un altro nome. A noi questo nome è stato
rivelato nel Figlio: questo nome, infatti, implica il nuovo nome di Padre
[Tertulliano, De oratione, 3].
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Possiamo invocare Dio come “Padre” perché ci è rivelato dal Figlio suo fatto
uomo e perché il suo Spirito ce lo fa conoscere. Ciò che l'uomo non può concepire,
né le potenze angeliche intravvedere, cioè la relazione personale del Figlio
nei confronti del Padre, [Cf [link] Gv 1,1 ] ecco che lo
Spirito del Figlio lo comunica a noi, a noi che crediamo che Gesù è il Cristo e
che siamo nati da Dio [Cf [link] 1Gv 5,1 ].
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Quando preghiamo il Padre, siamo in comunione con lui e con il Figlio suo Gesù
Cristo [Cf [link] 1Gv 1,3 ]. E' allora che lo conosciamo e
lo riconosciamo in uno stupore sempre nuovo. La prima parola della Preghiera
del Signore è una benedizione di adorazione, prima di essere un'implorazione.
Questa è infatti la Gloria di Dio: che noi lo riconosciamo come “Padre”, Dio
vero. Gli rendiamo grazie per averci rivelato il suo Nome, di averci fatto il
dono di credere in esso e di essere inabitati dalla sua Presenza.
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Possiamo adorare il Padre perché egli ci ha fatti rinascere alla sua vita
adottandoci come suoi figli nel suo Figlio unigenito: per mezzo del Battesimo,
ci incorpora al Corpo del suo Cristo, e, per mezzo dell'Unzione del suo Spirito
che scende dal Capo nelle membra, fa di noi dei “cristi” (unti):
In
realtà, Dio che ci ha predestinati all'adozione di figli, ci ha resi conformi
al Corpo glorioso di Cristo. Ormai divenuti partecipi di Cristo, siete
naturalmente chiamati “cristi” [San Cirillo di Gerusalemme, Catecheses
mistagogicae, 3, 1: PG 33, 1088A].
L'uomo
nuovo, che è rinato e restituito, mediante la grazia, al suo Dio, dice
innanzitutto: “Padre”, perché è diventato figlio [San Cipriano di Cartagine, De
oratione dominica, 9: PL 4, 525A].
2783
In tal modo, attraverso la Preghiera del Signore, noi siamo rivelati a noi
stessi, mentre ci viene rivelato il Padre [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et
spes, 22].
O
uomo, tu non osavi levare il tuo volto verso il cielo, rivolgevi i tuoi occhi
verso terra, e, ad un tratto, hai ricevuto la grazia di Cristo: ti sono stati
rimessi tutti i tuoi peccati. Da servo malvagio sei diventato un figlio buono.
. . Leva, dunque, gli occhi tuoi al Padre. . . che ti ha redento per mezzo del
Figlio e di': Padre nostro!. .. Ma non rivendicare per te un rapporto
particolare. Del solo Cristo è Padre in modo speciale, per noi tutti è Padre in
comune, perché ha generato lui solo, noi, invece, ci ha creati. Di' anche tu
per grazia: Padre nostro, per meritare di essere suo figlio [Sant'Ambrogio, De
sacramentis, 5, 19: PL 16, 450C].
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Questo dono gratuito dell'adozione esige da parte nostra una conversione
continua e una vita nuova. Pregare il Padre nostro deve sviluppare in noi due
disposizioni fondamentali: il desiderio e la volontà di somigliargli. Creati a
sua immagine, per grazia ci è restituita la somiglianza e noi dobbiamo
corrispondervi.
Bisogna
che, quando chiamiamo Dio “Padre nostro”, ci ricordiamo del dovere di
comportarci come figli di Dio [San Cipriano di Cartagine, De oratione dominica,
11: PL 4, 526B].
Non
potete chiamare vostro Padre il Dio di ogni bontà, se conservate un cuore
crudele e disumano; in tal caso, infatti, non avete più in voi l'impronta della
bontà del Padre celeste [San Giovanni Crisostomo, Homilia in illud “Angusta est
porta” et de oratione Domini: PG 51, 44B].
E'
necessario contemplare incessantemente la bellezza del Padre e impregnarne
l'anima [San Gregorio di Nissa, Homiliae in orationem dominicam, 2: PG 44,
1148B].
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Un cuore umile e confidente che ci faccia “diventare come bambini” ( [link] Mt
18,3 ): infatti è ai “piccoli” che il Padre si rivela (
[link] Mt 11,25 ).
E'
uno sguardo su Dio solo, un grande fuoco d'amore. L'anima allora sprofonda e
s'innalza nella carità e tratta con Dio come con il proprio Padre, in una
tenerezza specialissima di pietà [San Giovanni Cassiano, Collationes, 9, 18: PL
49, 788C].
Padre
nostro: questo nome suscita in noi, contemporaneamente, l'amore, il fervore
nella preghiera, . . . ed anche la speranza di ottenere ciò che stiamo per
chiedere. . . Che cosa infatti può Dio negare alla preghiera dei suoi figli,
dal momento che ha loro concesso, prima di tutto, di essere suoi figli?
[Sant'Agostino, De sermone Domini in monte, 2, 4, 16: PL 34, 1276]
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