XXXV.
ASILI
Mi restano ancora due questioni
da esaminare: l'una, se gli asili sieno giusti, e se il patto di rendersi
fralle nazioni reciprocamente i rei sia utile o no. Dentro i confini di un
paese non dev'esservi alcun luogo indipendente dalle leggi. La forza di esse
seguir deve ogni cittadino, come l'ombra segue il corpo. L'impunità e l'asilo
non differiscono che di più e meno, e come l'impressione della pena consiste
più nella sicurezza d'incontrarla che nella forza di essa, gli asili invitano
più ai delitti di quello che le pene non allontanano. Moltiplicare gli asili è
il formare tante piccole sovranità, perché dove non sono leggi che comandano,
ivi possono formarsene delle nuove ed opposte alle comuni, e però uno spirito
opposto a quello del corpo intero della società. Tutte le istorie fanno vedere
che dagli asili sortirono grandi rivoluzioni negli stati e nelle opinioni degli
uomini. Ma se sia utile il rendersi reciprocamente i rei fralle nazioni, io non
ardirei decidere questa questione finché le leggi più conformi ai bisogni dell'umanità,
le pene più dolci, ed estinta la dipendenza dall'arbitrio e dall'opinione, non
rendano sicura l'innocenza oppressa e la detestata virtù; finché la tirannia
non venga del tutto dalla ragione universale, che sempre più unisce
gl'interessi del trono e dei sudditi, confinata nelle vaste pianure dell'Asia,
quantunque la persuasione di non trovare un palmo di terra che perdoni ai veri
delitti sarebbe un mezzo efficacissimo per prevenirli.
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