XL.
FALSE IDEE DI UTILITÀ
Una sorgente di errori e
d'ingiustizie sono le false idee d'utilità che si formano i legislatori. Falsa
idea d'utilità è quella che antepone gl'inconvenienti particolari
all'inconveniente generale, quella che comanda ai sentimenti in vece di
eccitargli, che dice alla logica: servi. Falsa idea di utilità è quella che
sacrifica mille vantaggi reali per un inconveniente o immaginario o di poca
conseguenza, che toglierebbe agli uomini il fuoco perché incendia e l'acqua
perché annega, che non ripara ai mali che col distruggere. Le leggi che
proibiscono di portar le armi sono leggi di tal natura; esse non disarmano che
i non inclinati né determinati ai delitti, mentre coloro che hanno il coraggio
di poter violare le leggi più sacre della umanità e le più importanti del
codice, come rispetteranno le minori e le puramente arbitrarie, e delle quali
tanto facili ed impuni debbon essere le contravenzioni, e l'esecuzione esatta
delle quali toglie la libertà personale, carissima all'uomo, carissima
all'illuminato legislatore, e sottopone gl'innocenti a tutte le vessazioni
dovute ai rei? Queste peggiorano la condizione degli assaliti, migliorando
quella degli assalitori, non iscemano gli omicidii, ma gli accrescono, perché è
maggiore la confidenza nell'assalire i disarmati che gli armati. Queste si
chiaman leggi non prevenitrici ma paurose dei delitti, che nascono dalla
tumultuosa impressione di alcuni fatti particolari, non dalla ragionata
meditazione degl'inconvenienti ed avantaggi di un decreto universale. Falsa
idea d'utilità è quella che vorrebbe dare a una moltitudine di esseri sensibili
la simmetria e l'ordine che soffre la materia bruta e inanimata, che trascura i
motivi presenti, che soli con costanza e con forza agiscono sulla moltitudine,
per dar forza ai lontani, de' quali brevissima e debole è l'impressione, se una
forza d'immaginazione, non ordinaria nella umanità, non supplisce
coll'ingrandimento alla lontananza dell'oggetto. Finalmente è falsa idea
d'utilità quella che, sacrificando la cosa al nome, divide il ben pubblico dal
bene di tutt'i particolari. Vi è una differenza dallo stato di società allo
stato di natura, che l'uomo selvaggio non fa danno altrui che quanto basta per
far bene a sé stesso, ma l'uomo sociabile è qualche volta mosso dalle male
leggi a offender altri senza far bene a sé. Il dispotico getta il timore e
l'abbattimento nell'animo de' suoi schiavi, ma ripercosso ritorna con maggior
forza a tormentare il di lui animo. Quanto il timore è più solitario e
domestico tanto è meno pericoloso a chi ne fa lo stromento della sua felicità;
ma quanto è più pubblico ed agita una moltitudine più grande di uomini tanto è
più facile che vi sia o l'imprudente, o il disperato, o l'audace accorto che
faccia servire gli uomini al suo fine, destando in essi sentimenti più grati e
tanto più seducenti quanto il rischio dell'intrapresa cade sopra un maggior
numero, ed il valore che gl'infelici danno alla propria esistenza si sminuisce
a proporzione della miseria che soffrono. Questa è la cagione per cui le offese
ne fanno nascere delle nuove, che l'odio è un sentimento tanto più durevole
dell'amore, quanto il primo prende la sua forza dalla continuazione degli atti,
che indebolisce il secondo.
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