XVIII.
DEI GIURAMENTI
Una contradizione fralle leggi
e i sentimenti naturali all'uomo nasce dai giuramenti che si esigono dal reo,
acciocché sia un uomo veridico, quando ha il massimo interesse di esser falso;
quasi che l'uomo potesse giurar da dovero di contribuire alla propria
distruzione, quasi che la religione non tacesse nella maggior parte degli
uomini quando parla l'interesse. L'esperienza di tutt'i secoli ha fatto vedere
che essi hanno più d'ogni altra cosa abusato di questo prezioso dono del cielo.
E per qual motivo gli scellerati la rispetteranno, se gli uomini stimati più
saggi l'hanno sovente violata? Troppo deboli, perché troppo remoti dai sensi,
sono per il maggior numero i motivi che la religione contrappone al tumulto del
timore ed all'amor della vita. Gli affari del cielo si reggono con leggi
affatto dissimili da quelle che reggono gli affari umani. E perché comprometter
gli uni cogli altri? E perché metter l'uomo nella terribile contradizione, o di
mancare a Dio, o di concorrere alla propria rovina? talché la legge, che
obbliga ad un tal giuramento, comanda o di esser cattivo cristiano o martire.
Il giuramento diviene a poco a poco una semplice formalità, distruggendosi in
questa maniera la forza dei sentimenti di religione, unico pegno dell'onestà
della maggior parte degli uomini. Quanto sieno inutili i giuramenti lo ha fatto
vedere l'esperienza, perché ciascun giudice mi può esser testimonio che nessun
giuramento ha mai fatto dire la verità ad alcun reo; lo fa vedere la ragione,
che dichiara inutili e per conseguenza dannose tutte le leggi che si oppongono
ai naturali sentimenti dell'uomo. Accade ad esse ciò che agli argini opposti
direttamente al corso di un fiume: o sono immediatamente abbattuti e
soverchiati, o un vortice formato da loro stessi gli corrode e gli mina
insensibilmente.
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