XIX.
PRONTEZZA DELLA PENA
Quanto la
pena sarà più pronta e più vicina al delitto commesso, ella sarà tanto più
giusta e tanto più utile. Dico più giusta, perché risparmia al reo gli inutili
e fieri tormenti dell'incertezza, che crescono col vigore dell'immaginazione e
col sentimento della propria debolezza; più giusta, perché la privazione della
libertà essendo una pena, essa non può precedere la sentenza se non quando la
necessità lo chiede. La carcere è dunque la semplice custodia d'un cittadino
finché sia giudicato reo, e questa custodia essendo essenzialmente penosa, deve
durare il minor tempo possibile e dev'essere meno dura che si possa. Il minor
tempo dev'esser misurato e dalla necessaria durazione del processo e
dall'anzianità di chi prima ha un diritto di esser giudicato. La strettezza
della carcere non può essere che la necessaria, o per impedire la fuga, o per
non occultare le prove dei delitti. Il processo medesimo dev'essere finito nel
più breve tempo possibile. Qual più crudele contrasto che l'indolenza di un
giudice e le angosce d'un reo? I comodi e i piaceri di un insensibile
magistrato da una parte e dall'altra le lagrime, lo squallore d'un prigioniero?
In generale il peso della pena e la conseguenza di un delitto dev'essere la più
efficace per gli altri e la meno dura che sia possibile per chi la soffre,
perché non si può chiamare legittima società quella dove non sia principio
infallibile che gli uomini si sian voluti assoggettare ai minori mali
possibili.
Ho detto che la prontezza delle
pene è più utile, perché quanto è minore la distanza del tempo che passa tra la
pena ed il misfatto, tanto è più forte e più durevole nell'animo umano
l'associazione di queste due idee, delitto e pena, talché
insensibilmente si considerano uno come cagione e l'altra come effetto
necessario immancabile. Egli è dimostrato che l'unione delle idee è il cemento
che forma tutta la fabbrica dell'intelletto umano, senza di cui il piacere ed
il dolore sarebbero sentimenti isolati e di nessun effetto. Quanto più gli
uomini si allontanano dalle idee generali e dai principii universali, cioè
quanto più sono volgari, tanto più agiscono per le immediate e più vicine
associazioni, trascurando le più remote e complicate, che non servono che agli
uomini fortemente appassionati per l'oggetto a cui tendono, poiché la luce
dell'attenzione rischiara un solo oggetto, lasciando gli altri oscuri. Servono
parimente alle menti più elevate, perché hanno acquistata l'abitudine di
scorrere rapidamente su molti oggetti in una volta, ed hanno la facilità di far
contrastare molti sentimenti parziali gli uni cogli altri, talché il risultato,
che è l'azione, è meno pericoloso ed incerto.
Egli è dunque di somma
importanza la vicinanza del delitto e della pena, se si vuole che nelle rozze
menti volgari, alla seducente pittura di un tal delitto vantaggioso,
immediatamente riscuotasi l'idea associata della pena. Il lungo ritardo non
produce altro effetto che di sempre più disgiungere queste due idee, e
quantunque faccia impressione il castigo d'un delitto, la fa meno come castigo
che come spettacolo, e non la fa che dopo indebolito negli animi degli
spettatori l'orrore di un tal delitto particolare, che servirebbe a rinforzare
il sentimento della pena.
Un altro principio serve
mirabilmente a stringere sempre più l'importante connessione tra 'l misfatto e
la pena, cioè che questa sia conforme quanto più si possa alla natura del
delitto. Questa analogia facilita mirabilmente il contrasto che dev'essere tra
la spinta al delitto e la ripercussione della pena, cioè che questa allontani e
conduca l'animo ad un fine opposto di quello per dove cerca d'incamminarlo la
seducente idea dell'infrazione della legge.
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