XXXI.
DELITTI DI PROVA DIFFICILE
In vista di
questi principii strano parrà, a chi non riflette che la ragione non è quasi
mai stata la legislatrice delle nazioni, che i delitti o più atroci o più
oscuri e chimerici, cioè quelli de' quali l'improbabilità è maggiore, sieno
provati dalle conghietture e dalle prove più deboli ed equivoche; quasiché le
leggi e il giudice abbiano interesse non di cercare la verità, ma di provare il
delitto; quasiché di condannare un innocente non vi sia un tanto maggior
pericolo quanto la probabilità dell'innocenza supera la probabilità del reato.
Manca nella maggior parte degli uomini quel vigore necessario egualmente per i
grandi delitti che per le grandi virtù, per cui pare che gli uni vadan sempre
contemporanei colle altre in quelle nazioni che più si sostengono per
l'attività del governo e delle passioni cospiranti al pubblico bene che per la
massa loro o la costante bontà delle leggi. In queste le passioni indebolite
sembran più atte a mantenere che a migliorare la forma di governo. Da ciò si
cava una conseguenza importante, che non sempre in una nazione i grandi delitti
provano il suo deperimento.
Vi sono alcuni delitti che sono
nel medesimo tempo frequenti nella società e difficili a provarsi, e in questi
la difficoltà della prova tien luogo della probabilità dell'innocenza, ed il
danno dell'impunità essendo tanto meno valutabile quanto la frequenza di questi
delitti dipende da principii diversi dal pericolo dell'impunità, il tempo
dell'esame e il tempo della prescrizione devono diminuirsi egualmente. E pure
gli adulterii, la greca libidine, che sono delitti di difficile prova, sono
quelli che secondo i principii ricevuti ammettono le tiranniche presunzioni, le
quasi-prove, le semi-prove
(quasi che un uomo potesse essere sem-innocente o
semi-reo, cioè semi-punibile
e semi-assolvibile), dove la tortura esercita il
crudele suo impero nella persona dell'accusato, nei testimoni, e persino in
tutta la famiglia di un infelice, come con iniqua freddezza insegnano alcuni
dottori che si danno ai giudici per norma e per legge.
L'adulterio è un delitto che,
considerato politicamente, ha la sua forza e la sua direzione da due cagioni:
le leggi variabili degli uomini e quella fortissima attrazione che spinge l'un
sesso verso l'altro; simile in molti casi alla gravità motrice dell'universo,
perché come essa diminuisce colle distanze, e se l'una modifica tutt'i
movimenti de' corpi, così l'altra quasi tutti quelli dell'animo, finché dura il
di lei periodo; dissimile in questo, che la gravità si mette in equilibrio
cogli ostacoli, ma quella per lo più prende forza e vigore col crescere degli
ostacoli medesimi.
Se io avessi a parlare a
nazioni ancora prive della luce della religione direi che vi è ancora un'altra
differenza considerabile fra questo e gli altri delitti. Egli nasce dall'abuso
di un bisogno costante ed universale a tutta l'umanità, bisogno anteriore, anzi
fondatore della società medesima, laddove gli altri delitti distruttori di essa
hanno un'origine più determinata da passioni momentanee che da un bisogno
naturale. Un tal bisogno sembra, per chi conosce la storia e l'uomo, sempre
uguale nel medesimo clima ad una quantità costante. Se ciò fosse vero, inutili,
anzi perniciose sarebbero quelle leggi e quei costumi che cercassero diminuirne
la somma totale, perché il loro effetto sarebbe di caricare una parte dei
propri e degli altrui bisogni, ma sagge per lo contrario sarebbero quelle che,
per dir così, seguendo la facile inclinazione del piano, ne dividessero e
diramassero la somma in tante eguali e piccole porzioni, che impedissero
uniformemente in ogni parte e l'aridità e l'allagamento. La fedeltà coniugale è
sempre proporzionata al numero ed alla libertà de' matrimoni. Dove gli
ereditari pregiudizi gli reggono, dove la domestica potestà gli combina e gli
scioglie, ivi la galanteria ne rompe secretamente i legami ad onta della morale
volgare, il di cui officio è di declamare contro gli effetti, perdonando alle
cagioni. Ma non vi è bisogno di tali riflessioni per chi, vivendo nella vera
religione, ha più sublimi motivi, che correggono la forza degli effetti
naturali. L'azione di un tal delitto è così instantanea e misteriosa, così
coperta da quel velo medesimo che le leggi hanno posto, velo necessario, ma
fragile, e che aumenta il pregio della cosa in vece di scemarlo, le occasioni
così facili, le conseguenze così equivoche, che è più in mano del legislatore
il prevenirlo che correggerlo. Regola generale: in ogni delitto che, per sua
natura, dev'essere il più delle volte impunito, la pena diviene un incentivo.
Ella è proprietà della nostra immaginazione che le difficoltà, se non sono
insormontabili o troppo difficili rispetto alla pigrizia d'animo di ciascun
uomo, eccitano più vivamente l'immaginazione ed ingrandiscono l'oggetto, perché
elleno sono quasi altrettanti ripari che impediscono la vagabonda e volubile
immaginazione di sortire dall'oggetto, e costringendola a scorrere tutt'i
rapporti, più strettamente si attacca alla parte piacevole, a cui più
naturalmente l'animo nostro si avventa, che non alla dolorosa e funesta, da cui
fugge e si allontana.
L'attica venere così
severamente punita dalle leggi e così facilmente sottoposta ai tormenti
vincitori dell'innocenza, ha meno il suo fondamento su i bisogni dell'uomo
isolato e libero che sulle passioni dell'uomo sociabile e schiavo. Essa prende
la sua forza non tanto dalla sazietà dei piaceri, quanto da quella educazione
che comincia per render gli uomini inutili a se stessi per fargli utili ad
altri, in quelle case dove si condensa l'ardente gioventù, dove essendovi un
argine insormontabile ad ogni altro commercio, tutto il vigore della natura che
si sviluppa si consuma inutilmente per l'umanità, anzi ne anticipa la
vecchiaia.
L'infanticidio è parimente
l'effetto di una inevitabile contradizione, in cui è posta una persona, che per
debolezza o per violenza abbia ceduto. Chi trovasi tra l'infamia e la morte di
un essere incapace di sentirne i mali, come non preferirà questa alla miseria
infallibile a cui sarebbero esposti ella e l'infelice frutto? La miglior
maniera di prevenire questo delitto sarebbe di proteggere con leggi efficaci la
debolezza contro la tirannia, la quale esagera i vizi che non possono coprirsi
col manto della virtù.
Io non pretendo diminuire il
giusto orrore che meritano questi delitti; ma, indicandone le sorgenti, mi
credo in diritto di cavarne una conseguenza generale, cioè che non si può
chiamare precisamente giusta (il che vuol dire necessaria) una pena di un
delitto, finché la legge non ha adoperato il miglior mezzo possibile nelle date
circostanze d'una nazione per prevenirlo.
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