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Pietro Bembo Prose della volgar lingua IntraText CT - Lettura del testo |
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Ora,
venendo al tempo che le lettere danno alle voci, è da sapere che tanto maggiore
gravità rendono le sillabe, quanto elle più lungo tempo hanno in sé per questo
conto; il che aviene qualora più vocali o più consonanti entrano in ciascuna
sillaba; tutto che la moltitudine delle vocali meno spaziosa sia che quella
delle consonanti, e oltre acciò poco ricevuta dalle prose. Del verso è ella
propria e domestichissima, e stavvi ora per via di mescolamento, ora di
divertimento; sì come nelle due prime sillabe si vede stare di questo verso,
detto da noi altre volte: Voi ch'ascoltate; e quando per l'un modo e per
l'altro; il che nella sesta di quest'altro ha luogo: Di quei Sospiri, ond'io
nutriva il core; là dove la moltitudine delle consonanti et è
spaziosissima, et entra, oltre acciò, non meno nelle prose che nel verso.
Perché volendo il Boccaccio render grave, quanto si potea il più, quel
principio delle sue novelle, che io testé vi recitai, poscia che egli per
alquante voci ebbe la gravità con gli accenti e con la maniera delle vocali
solamente cercata: Umana cosa è l'avere; sì la cercò egli per alquante
altre eziandio, con le consonanti riempiendo e rinforzando le sillabe: Compassione
agli afflitti. Il che fece medesimamente il Petrarca, pure nel medesimo
principio delle canzoni, Voi ch'ascoltate, non solamente con altre
vocali, ma ancora con quantità di vocali e di consonanti, acquistando alle voci
gravità e grandezza. E questo medesimo acquisto tanto più adopera, quanto le
consonanti, che empiono le sillabe, sono e in numero più spesse e in spirito
più piene; perciò che più grave suono ha in sé questa voce Destro, che
quest'altra Vetro, e più magnifico lo rende il dire Campo, che o Caldo
o Casso dicendosi, non si renderà. E così delle altre parti si potrà
dire della gravità, per le altre posse tutte delle consonanti discorrendo e
avertendo. Dissi in che modo il numero divien grave per cagione del tempo che
le lettere danno alle sillabe; e prima detto avea in qual modo egli grave
diveniva; per cagione di quel tempo che gli accenti danno alle voci. Ora dico
che somma e ultima gravità è, quando ciascuna sillaba ha in sé l'una e l'altra
di queste parti; il che si vede essere per alquante sillabe in molti luoghi, ma
troppo più in questo verso, che in alcuno altro che io leggessi giamai: Fior',
frond', erb', ombr', antr', ond', aure soavi.
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