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Giordano Bruno
Candelaio

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  • ATTO V
    • SCENA XI
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SCENA XI
Gioan Bernardo, Carubina

    GIOAN BERNARDO - Vedi, ben mio, che gran torto fa questo pazzacone a vostre divine bellezze: non vi par giusto che egli sii pagato della medesma moneta?
    CARUBINA Si lui non fa quel che gli conviene, io non debbo far il simile.
    GIOAN BERNARDO - Farrete, cor mio, quel che conviene, quando non farrete altro che quello che farrebbe ogni persona di giudicio e sentimento che vive in terra. Voglio, ben mio, che sappiate che questi che lo tengono non sono birri, ma certi compagnoni galant'omini miei amici: per li quali lo farremo trattare come a noi piace. Ora dimorarrà llà; e tra tanto che questi fingono altri negocii, prima che menarlo in Vicaria, andarrà un certo messer Scaramuré, il quale fingerrà di acordar questa cosa: con questo, che si umilii a noi, che siamo stati da lui offesi, e che doni qualche cortesia a questi compagni; non perché loro si curino di questo, ma per far la cosa più verisimile: e vostra Signoria non verrà a perdere cosa alcuna.
    CARUBINA Io mi accorgo che voi siete troppo scaltrito, che avete saputo tessere tutta questa tela: io comprendo adesso molte cose.
    GIOAN BERNARDO Vita mia, io son tale che per vostro servicio mi gettarrei in mille precipicii. Or poi che mia fortuna e bona sorte (la quale piaccia a gli dèi che voi la confirmiate) ha permesso ch'io vi sii cossì a presso come vi sono, vi priego per il fervente amore, che sempre vi ho portato e porto, che abbiate pietà di questo mio core tanto profonda et altamente impiagato da vostri occhii divini. Io son quello che vi amo, io son quello che vi adoro: che si m'avessero concesso gli cieli quello che a questo sconoscente e sciocco (che non stima le mirabile vostre bellezze) han conceduto, giamai nel petto mio scintilla d'altro amore arrebe avuto luoco, come anche non ha.
    CARUBINA Oimè, che cose io veggio e sento? a che son io ridutta?
    GIOAN BERNARDO - Priegovi, dolce mia diva, si mai fiamma d'amor provaste (la quale in petti più nobili, generosi et umani suol sempre avere più loco), che non prendiate a mala parte quel che dico; e non credete, né caschi già mai nella mente vostra, che per poco conto ch'io faccia del vostro onore (per cui spargerrei mille volte il sangue tutto) cerchi quel che cerco da voi: ma per appagar l'intenso ardore che mi consuma, il qual però né per essa morte posso credere che giamai si possa sminuire.
    CARUBINA Oimè, messer Gioan Bernardo, io ho ben tenero il core: facilmente credo quel che dite, benché siino in proverbio le lusinghe d'amanti; però desidero ogni consolazion vostra: ma dal canto mio non è possibile senza pregiudizio del mio onore.
    GIOAN BERNARDO - Vita della mia vita, credo ben che sappiate che cosa è onore, e che cosa anco sii disonore. Onore non è altro che una stima, una riputazione: però sta semper intatto l'onore, quando la stima e riputazione persevera la medesma. Onore è la buona opinione che altri abbiano di noi: mentre persevera questa, persevera l'onore. E non è quel che noi siamo e quel [che] noi facciamo, che ne rendi onorati o disonorati, ma sì ben quel che altri stimano e pensano di noi.
    CARUBINA - Sii che si vogli de gli omini, che dirrete in conspetto de gli angeli e de' santi, che vedeno il tutto, e ne giudicano?
    GIOAN BERNARDO - Questi non vogliono esser veduti più di quel che si fan vedere; non vogliono esser temuti più di quel che si fan temere; non vogliono esser conosciuti più di quel che si fan conoscere.
    CARUBINA Io non so quel che vogliate dir per questo; queste paroli io non so come approvarle, né come riprovarle: pur hanno un certo che d'impietà.
    GIOAN BERNARDO - Lasciamo le dispute, speranza dell'anima mia. Fate (vi priego) che non in vano v'abbia prodotta cossì bella il cielo: il quale, benché di tante fattezze e grazie vi sii stato liberale e largo, è stato però dall'altro canto a voi avaro, con non giongervi ad uomo che facesse caso di quelle; et ad me crudele, col farmi per esse spasimare, e mille volte il giorno morire. Or, mia vita, più dovete curare di non farmi morire, che temer in punto alcuno, che si scemi tantillo del vostro onore. Io liberamente mi ucciderrò (si non sarrà potente il dolore a farmi morire) si avendovi avuta, come vi ho, comoda e tanto presso, di quel che mi è più caro che la vita dalla crudel fortuna rimagno defraudato. Vita di questa alma afflitta, non sarrà possibile che sia in punto leso il vostro onore, degnandovi di darmi vita: ma sì ben necessario ch'io muoia, essendomi voi crudele.
    CARUBINA - Di grazia andiamo in luoco più remoto, e non parliamo cqui di queste cose.
    GIOAN BERNARDO - Andiamo, dolcezza mia, che vengono di persone.




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