PROPROLOGO
Dove
è ito quel furfante, schena da bastonate, che dovea far il prologo? Signori, la
comedia sarrà senza prologo: e non importa; per che non è necessario che vi
sii: la materia, il suggetto, il modo et ordine e circonstanze di quella, vi
dico che vi si farran presenti per ordine, e vi sarran poste avanti a gli occhi
per ordine; il che è molto meglio che si per ordine vi fussero narrati: questa
è una specie di tela, ch'ha l'ordimento e tessitura insieme; chi la può capir,
la capisca; chi la vuol intendere, l'intenda. Ma non lascierò per questo di
avertirvi che dovete pensare di essere nella regalissima città di Napoli,
vicino al seggio di Nilo. Questa casa che vedete cqua formata, per questa notte
servirrà per certi barri, furbi e marioli (guardatevi pur voi che non vi
faccian vedovi di qualche cosa che portate adosso); cqua costoro stenderranno
le sue rete: e zara a chi tocca. Da questa parte si va alla stanza del
Candelaio, id est messer Bonifacio, e Carubina moglie, e quella di
messer Bartolomeo. Da quest'altra si va a quella della signora Vittoria, e di
Gioan Bernardo pittore e Scaramuré che fa del necromanto. Per questi contorni,
non so per qual'occasioni, molto spesso si va rimenando un sollennissimo pedante
detto Mamfurio. Io mi assicuro che le vedrete tutti. E la ruffiana Lucia per le
molte facende bisogna che non poche volte vada e vegna; vedrete Pollula col suo
magister per il più: quest'è un scolare da inchiostro nero e bianco;
vedrete il paggio di Bonifacio Ascanio: un servitor da sole e da candela.
Mochione, garzone di Bartolomeo, non è caldo né freddo, non odora né puzza. In
Sanguino, Barra, Marca e Corcovizzo contemplarrete in parte la destrezza della
mariolesca disciplina. Conoscerrete la forma dell'alchimici barrarie in Cencio.
E per un passatempo vi si farrà presente Consalvo speciale, Marta moglie di
Bartolomeo, et il facetissimo signor Ottaviano. Considerate chi va chi viene,
che si fa che si dice, come s'intende come si può intendere: che certo
contemplando quest'azzioni e discorsi umani col senso d'Eraclito o di
Democrito, arrete occasion di molto o ridere o piangere.
Eccovi avanti gli occhii: ociosi principii, debili
orditure, vani pensieri, frivole speranze, scoppiamenti di petto, scoverture di
corde, falsi presuppositi, alienazion di mente, poetici furori, offuscamento di
sensi, turbazion di fantasia, smarito peregrinaggio d'intelletto; fede
sfrenate, cure insensate, studi incerti, somenze intempestive, e gloriosi
frutti di pazzia.
Vedrete in un amante suspir, lacrime, sbadacchiamenti,
tremori, sogni, rizzamenti, «e un cuor rostito nel fuoco d'amore»; pensamenti,
astrazzioni, colere, maninconie, invidie, querele, e men sperar quel che più si
desia. Qui trovarrete a l'animo ceppi, legami, catene, cattività, priggioni,
eterne ancor pene, martìri e morte; alla ritretta del core, strali, dardi,
saette, fuochi, fiamme, ardori, gelosie, suspetti, dispetti, ritrosie, rabbie
et oblii, piaghe, ferite, omei, folli, tenaglie, incudini e martelli;
«l'archiero faretrato, cieco e ignudo». L'oggetto poi del core, un cuor mio,
mio bene, mia vita, mia dolce piaga e morte, dio, nume, poggio, riposo,
speranza, fontana, spirto, tramontana stella, et un bel sol ch'a l'alma mai
tramonta; et a l'incontro ancora, crudo cuore, salda colonna, dura pietra,
petto di diamante, e cruda man ch'ha chiavi del mio cuore, e mia nemica, e mia
dolce guerriera, versaglio sol di tutti miei pensieri, «e bei son gli amor miei
non quei d'altrui». Vedrete in una di queste femine sguardi celesti, suspiri
infocati, acquosi pensamenti, terestri desiri e aerei fottimenti: co riverenza
de le caste orecchie, è una che sel prende con pezza bianca e netta di bucata.
La vedrete assalita da un amante armato di voglia che scalda, desir che cuoce,
carità ch'accende, amor ch'infiamma, brama ch'avvampa, e avidità ch'al ciel
mica e sfavilla. Vedrete ancora (a fin che non temiate diluvio universale)
l'arco d'amore il quale è simile a l'arco del sole, che non è visto da chi vi
sta sotto, ma da chi n'è di fuori: perché de gli amanti l'uno vede la pazzia
dell'altro e nisciun vede la sua. Vedrete un'altra di queste femine, priora
delle Repentite per l'ommissione di peccati che non fece a tempo ch'era verde:
adesso dolente come l'asino che porta il vino; ma che? un'angela,
un'ambasciadora, secretaria, consigliera, referendaria, novellera; venditrice,
tessitrice, fattrice, negociante e guida; mercantessa di cuori, e ragattiera
che le compra e vende a peso, misura e conto: quella ch'intrica e strica, fa
lieto e gramo, inpiaga e sana, sconforta e riconforta, quando ti porta o buona
nova o ria, quando porta de polli magri o grassi; advocata, intercessora,
mantello, rimedio, speranza, mediatrice, via e porta: quella che volta l'arco
di Cupido, conduttrice del stral del dio d'amore; nodo che lega, vischio
ch'attacca, chiodo ch'accoppia, orizonte che gionge gli emisferi. Il che tutto
viene a effettuare mediantibus finte bazzane, grosse panzanate, suspiri
a posta, lacrime a comandamento, pianti a piggione, singulti che si muoiono di
freddo; berte masculine, baie illuminate, lusinghe affamate, scuse volpine,
accuse lupine, e giuramenti che muion di fame, lodar presenti biasmar assenti,
servir tutti amar nisciuno: «t'aguza l'apetito, e poi digiuni».
Vedrete ancor la prosopopeia e maestà d'un omo masculini
generis. Un che vi porta certi suavioli da far sdegnar un stomaco di porco
o di gallina: un instaurator di quel lazio antiquo, un emulator demostenico; un
che ti suscita Tullio dal più profondo e tenebroso centro; concinitor di gesti
de gli eroi. Eccovi presente un'acutezza da far lacrimar gli occhi, gricciar i
capelli, stuppefar i denti; petar, rizzar, tussir e starnutare. Eccovi un di
compositor di libri bene meriti di republica, postillatori, glosatori, construttori,
metodici, additori, scoliatori, traduttori, interpreti, compendiarii,
dialetticarii novelli, apparitori con una grammatica nova, un dizzionario novo,
un lexicon, una varia lectio, un approvator d'autori, un
approvato autentico, con epigrammi greci, ebrei, latini, italiani, spagnoli,
francesi posti in fronte libri. Onde l'uno e l'altro, e l'altro e l'uno,
vengono consecrati all'immortalità, come benefattori del presente seculo e
futuri, obligati per questo a dedicarli statue e colossi ne' mediterranei mari
e nell'oceano, et altri luochi inabitabili de la terra. La lux perpetua
vien a fargli di sberrettate; e con profonda riverenza se gl'inchina il secula
seculorum; ubligata la fama di farne sentir le voci a l'uno e l'altro polo,
e d'assordir co i cridi, strepiti e schiassi il Borea e l'Austro, et il mar
Indo e Mauro. Quanto campeggia bene (mi par veder tante perle e margarite in
campo d'oro) un discorso latino in mezzo l'italiano, un discorso greco [in]
mezzo del latino; e non lasciar passar un foglio di carta dove non appaia al
meno una dizzionetta, un versetto, un concetto d'un peregrino carattere et
idioma. Oimè che mi danno la vita, quando o a forza o a buona voglia, e
parlando e scrivendo, fanno venir a proposito un versetto d'Omero, d'Esiodo, un
stracciolin di Plato o Demosthenes greco. Quanto ben dimostrano
che essi son quelli soli a quai Saturno ha pisciato il giudizio in testa, le
nove damigelle di Pallade un cornucopia di vocaboli gli han scarcato tra la pia
e dura matre: e però è ben conveniente che sen vadino con quella sua
prosopopeia, con quell'incesso gravigrado, busto ritto, testa salda et occhii
in atto di una modesta altiera circumspeczione. Voi vedrete un di questi che
mastica dottrina, olface opinioni, sputa sentenze, minge autoritadi, eructa
arcani, exuda chiari e lunatici inchiostri, semina ambrosia e nectar di
giudicii, da farne la credenza a Ganimede e poi un brindes al fulgorante
Giove. Vedrete un pubercola sinonimico, epitetico, appositorio, suppositorio:
bidello di Minerva, amostante di Pallade, tromba di Mercurio, patriarca di
Muse, e dolfino del regno apollinesco (poco mancò ch'io non dicesse
«polledresco»).
Vedrete ancor in confuso tratti di marioli, statagemme
di barri, imprese di furfanti; oltre, dolci disgusti, piaceri amari,
determinazion folle, fede fallite, zoppe speranze, e caritadi scarse; giudicii
grandi e gravi in fatti altrui, poco sentimento ne' propri; femine virile,
effeminati maschii; «tante voci di testa e non di petto»: «chi più di tutti
crede più s'inganna»; «e di scudi l'amor universale». Quindi procedeno febbre
quartane, cancheri spirituali, pensieri manco di peso, sciocchezze traboccanti,
intoppi baccellieri, granchiate maestre, e sdrucciolate da fiaccars'il collo;
oltre, il voler che spinge, il saper ch'appressa, il far che frutta; «e
diligenza madre de gli effetti». In conclusione vedrete in tutto non esser cosa
di sicuro: ma assai di negocio, difetto a bastanza, poco di bello, e nulla di
buono. - Mi par udir i personaggi; a dio.
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