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Giordano Bruno
Candelaio

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  • ATTO PRIMO
    • [SCENA XIII]
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[SCENA XIII]
Marta sola

    Credo che Sautanasso, Barsabucco e tutti quelli che squagliano, sel prenderanno per compagno; per che saprà egli attizzar il fuoco dell'inferno per suffriggere e rostire l'anime dannate. La faccia di mio marito assomiglia ad uno il quale è stato trent'anni a far carboni alla montagna di Scarvaita, che sta da del monte de Cicala. Non sta cossì volentieri pesce in acqua, come lui presso que' carboni vivi a fumegarse tutto il giorno (non voglio maldirlo): poi mi viene avanti con quelli occhi rossi et arsi di sorte che rassomiglia a Luciferre. In fine non è fatica tanto grave che l'amore non faccia non solamente lieve, ma piacevole. Ecco costui per essergli ficcato nel cervello la speranza di far la pietra filosofale, è dovenuto a tale che il suo fastidio è il mangiare, la sua inquietitudine è il trovarsi a letto, la notte sempre gli par lunga come a putti che hanno qualche abito nuovo da vestirsi. Ogni cosa gli noia, ogni altro tempo gli è amaro: e solo il suo paradiso è la fornace. Le sue gemme e pietre preciose son gli carboni, gli angeli son le bozzole che sono attaccate in ordinanza ne' fornelli con que' nasi di vetro da cqua; e da llà tanti lambicchi di ferro, e de più grandi e de più piccoli e di mezzani. E che salta, e che balla, e che canta quel sciagurato che mi fa sovvenire dell'asino. Poco fa, per veder che cosa facess'egli, ho posto l'occhio ad una rima de la porta, e l'ho veduto assiso sopra la sedia a modo di catedrante, con una gamba distesa da cqua et un'altra distesa da llà, guardando gli travi della intempiatura della camera; a' quali, dopo aver cennato tre volte co la testa, disse: «Voi, voi impiastrarò di stelle fatte di oro massiccio». Poi non so che si borbottasse guardando le casce e voltando il viso a' scrigni. «Mia » dissi io, «penso che questi presto saranno pieni di doppioni». - Oh, ecco Sanguino.




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