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Giordano Bruno
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  • ATTO V
    • SCENA XVIII
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SCENA XVIII
Sanguino, Scaramuré, Bonifacio, [Marca], [Barra]

    SANGUINO Vorrei sapere quando sarran finiti questi vostri raggionamenti: abbiamo da star ad aspettar voi tutta questa notte cqua?
    SCARAMURÉ - Vostra Signoria ne perdoni si l'abbiamo dato troppo fastidio, facendola tanto aspettare. Or poi che si è degnata di farci tanto di favore, la supplicamo che ne ascolta una parola.
    SANGUINO Non più, non più: è ora d'andare in Vicaria; domani potremo parlar a bell'aggio. Andiamo andiamo: olà Panzuottolo, Coppino.
    BONIFACIO Oimè, Dio aggiutami, santo Leonardo glorioso.
    SCARAMURÉ Fatene questa grazia per amor de Dio, signor capitano.
    BONIFACIO Et io ve ne prego co le braccia in croce.
    SANGUINO Or su, ho comportato tanto: posso comportar un altro poco.
    SCARAMURÉ - Signor mio, quel tanto che noi vogliamo farvi intendere è questo: che a vostra Signoria non può rendere giovamento alcuno la confusione di questo povero gentil uomo; ma sì ben si farrà un perpetuo e servitore e schiavo, tanto me quanto lui, si accettando una piccola offerta ne farrà grazia di donargli libertà che si parta.
    SANGUINO Io me imaginavo bene che tu eri venuto per questa prattica, con speranza di subornare la giustizia: mi maraviglio assai della tua temerità, uomo di pochissima conscienza, in sperare di farmi uscir di mano un priggione di quella importanza che può esser questo uomo. Forse che non l'ho detto a questi miei famigli? Però io ti ho data questa baldanza e ti ho sentito parlare: per aver occasione di castigarti del tuo fallo, e farti essere essempio a gli altri; et acciò ne sii più certo, verrai priggione insieme con lui a mano a mano. Olà Coppino.
    BARRA Signore, che comandate?
    SANGUINO - Porta cqua per legar quest'altro uomo da bene.
    SCARAMURÉ - Di grazia signor Palma, vostra signoria mi ascolti prima.
    BONIFACIO Signor mio, per amor de Dio, per tutti li cori de li angeli, per la intemerata Vergine, per tutta la corte celestiale io vi priego...
    SANGUINO Alzati via, ch'io non voglio essere adorato: non son io re di Spagna, né gran Turco.
    BONIFACIO ... io vi priego, abbiate compassion di me e non entriate in còlera; e ricordatevi che tutti siamo peccatori et avemo bisogno della misericordia di Dio, il quale ne promette tante misericordie quante noi ne facciamo ad altri.
    SANGUINO Un scelerato come costui sarrebbe un predicatore si avesse studiato. - Li errori bisogna che si castighino, sai tu?
    BONIFACIO Si tutti li errori si castigassero, in che consisterrebbe la misericordia?
    SANGUINO Và in mal'ora, che io ho altro da fare che di disputare.
    SCARAMURÉ - Tacete voi messer Bonifacio: lasciate dir a me. Signor Palma, non abbia giamai permettuto Dio, che io avesse voluto tentar questo con pregiudicio della giustizia, e disonor di vostra Signoria: la quale, circa le cose che appartengono alla giustiza, è conosciuta sincerissima da tutto Napoli.
    SANGUINO Lasciamo da canto queste adulazioni: non sono io che fo misericordia o rigore, giustizia o ingiustizia, ma gli miei superiori. Sai bene che il mio ufficio è solo di far condurre priggione i mal fattori, over i pretenduti mal fattori; del resto io non posso impacciarmi.
    BONIFACIO Oimè povero me.
    SCARAMURÉ - Signormo, si vostra Signoria ascolta, spero che mi essaudirrà.
    SANGUINO Io non mi prendo còlera e fantasia per passa-tempo; abbiate dumque buone raggioni come mi promettete: altrimente non dormirrete in vostro letto questa notte.
    BONIFACIO O Cristo, aggiutami.
    SCARAMURÉ Vostra Signoria sa che in Italia non è come in certi paesi oltramontani dove (o sii per la freddezza di quelli, o sii per gran zelo delle povere anime, o per sordida avarizia di quei che administrano la giustizia) sono perseguitati que' che vanno a cortiggiane. Cqua, come in Napoli, Roma e Venezia, che di tutte sorte di nobilità son fonte e specchio al mondo tuto, non solamente son permesse le puttane, o corteggiane come vogliam dire...
    SANGUINO Mi par vedere che costui loda le tre città per esservi bordelli et esserno copiose di puttane: questo paradosso non è de gli ultimi.
    SCARAMURÉ - La priego che mi ascolti. Non solamente, dico, son permesse, tanto secondo le leggi civili e monicipali, ma ancora sono instituiti i bordelli, come fussero claustri di professe.
    SANGUINO Ah! ah! ah! ah! questa è bella: or mai vorrà costui che sii uno degli 400 maggiori, o degli quattro Ordini minori; e per un bisogno, vi instituirrà la abbatessa, ah! ah!
    SCARAMURÉ - Di grazia ascoltatemi: cqui in Napoli abbiamo la Piazetta, il Fundaco del Cetrangolo, il Borgo di Santo Antonio, una contrada presso Santa Maria del Carmino. In Roma, perché erano disperse, nell'anno 1569 sua Santità ordinò che tutte si riducessero in uno, sotto pena della frusta: e li destinò una contrada determinata, la quale di notte si fermava a chiave; il che fece non già per vedere il conto suo circa quel ch'appartiene alla gabella, ma acciò si potessero distinguere dalle donne oneste, e non venessero ad contaminarle. Di Venezia non parlo: dove per magnanimità e liberalità della illustrissima Republica (sii che si voglia di alcuni particulari messeri arcinfanfali clarissimi, che per un bezzo si farrebbono castrare, per parlar onestamente) ivi le puttane sono esempte da ogni aggravio; e son manco soggette a leggi che gli altri: quantumque ve ne siino tante (per che le cittadi più grandi e più illustre più ne abondano) che bastarebbono in poco anni, pagando un poco di gabella, ad far un altro tesoro in Venezia forse come l'altro. Certo se il Senato volesse umiliarsi un poco a far come gli altri, si farrebbe non poco più ricco di quel ch'è: ma per che è detto «in sudore vultui ti», e non «in sudore delle povere potte», si astengono di farlo. Oltre che, alle prefate puttane portano grandissimo rispetto, come appare per certa ordinanza novamente fatta sotto grave pena, che non sii persona nobile o ignobile, di qualunche grado e condizion ch'ella sii, ch'abbia ardire di ingiuriarle e dirgli improperii e villanie: il che mai si fe' per altra sorte di donne...
    SANGUINO - Ah! ah! ah! non viddi più bel sofista di costui. Tu me la prendi troppo larga e lunga; e mi pare che ti burli di me e di questo povero omo ch'aspetta il frutto della tua orazione, o leggenda, o cronica (non so che diavolo la sii): ma pur concludi presto, ch'io ti supportarrò un altro poco.
    BONIFACIO Ti priego, parla a mio proposito: che hai da far di Venezia, Roma e Napoli?
    SCARAMURÉ Concludo, signor, che in queste tre città consiste la vera grandezza di tutta Italia: per che la prima di quell'altre tutte che restano, è di gran lunga inferiore a l'ultima di queste.
    BONIFACIO - Oimè che mi vien voluntà di cacare.
    SANGUINO Ah! ah! aspetta, buon omo, veggiamo dove va a calar costui al fine.
    SCARAMURÉ La conclusione è che le puttane in Napoli, Venezia e Roma, ideste in tutta Italia, son permesse, faurite, han sui statuti, sue leggi, sue imposizioni, et ancora privileggii...
    SANGUINO Devi dire «come privileggii».
    SCARAMURÉ E però consequentemente non si toglie facultà a persone di andar a corteggiane, e non son persequitate dalla giustizia...
    SANGUINO Io comincio ad intendere costui.
    BONIFACIO Et io: si va accostando, laude e gloria a nostra Donna di Loreto.
    SCARAMURÉ ... e non solamente questo; ma ancora gelosissimamente la giustizia si astiene di procedere, perseguitare e comprendere quelli che vanno a donne di onore: per che considerano i nostri principi esser cosa da barbari di prendere le corna che un gentil omo, un di stima e di qualche riputazione abbia in petto, et attaccarglile nella fronte. Però, sii l'atto notorio quanto si voglia, non si suol procedere contra: eccetto quando la parte (la qual semper suol essere di vilissima condizione) non si vergogna di farne instanzia. Quanto alle parte onorate, la giustizia verrebbe a farli grandissimo torto et ingiuria; per che non contrapesa il castigo che si dà a colui che pianta le corna, et il vituperio che viene a fare ad un personaggio, facendo la sua vergogna publica e notoria a gli occhi di tutto il mondo: sì che è maggior l'offesa che patisce da la giustizia, che del delinquente; e ben che nientemanco il mondo tutto lo sapesse, tutta via sempre le corna con l'atto de la giustizia dovengono più sollenne e gloriose. Ogn'uomo dumque capace di giudicio considera che questo dissimular che fa la giustizia, impedisce molti inconvenienti: per che un cornuto e svergognato coperto (se pur un tale può esser ditto cornuto o svergognato, di cui l'esistimazione non è corrotta), per téma di non essere discoperto, o per minor cura ch'abbia di quelle corna che nisciun le vede (le quali in fatto son nulla), si astiene di far quella vendetta: la quale sarrebbe ubligato secondo il mondo di fare, quando il caso a molti è manifesto. La consuetudine dumque d'Italia et altri non barbari paesi, dove le corna non vanno a buon mercato, non solamente comporta e dissimula tali eccessi, ma anco si forza di coprirli: onde in certo modo son da lodare quei che permettono i bordelli, per li quali si ripara a massimi inconvenienti, che possono accadere in nostre parti...
    SANGUINO - Concludi presto, vi dico.
    BONIFACIO Oimè, mi fa morir di sete; mi viene il parasisimo.
    SCARAMURÉ Finalmente, dico a vostra Signoria che l'eccesso di messer Bonifacio è stato per conto di donna: la quale, o sii puttana, o sii d'onore, non deve esser caggione che lui, che è uomo di qualche stima e nobile...
    BONIFACIO Io so, mi par, gentil omo del seggio di San Paulo.
    SCARAMURÉ ... sii visto priggione et cetera: onde potrebono ancor altri venir ad essere gravemente vituperati. A vostra Signoria che è persona discreta, credo che basti d'aver udito questo, per intendere tutto il caso.
    SANGUINO Si questo è per causa di donne, io son molto mal contento che costui mi sii venuto nelle mani: e mi scuso avanti a Dio et il mondo, che non è mia intenzione di ponere in compromisso l'onor di persona vivente. Ma voglio che sappi tu, e lui medesmo mi può esser testimonio e la compagnia presente, che a questa cosa non posso riparare io. Costui mi è stato posto nelle mani da un certo messer Gioan Bernardo pittore, il quale lui contrafacea con una barba posticia, et ancora contrafà con la biscappa che gli vedi; e la barba è cqua in mano di nostri famegli: la quale si volete vedere come gli sta bene, verrete domani a 14 ore in Vicaria, che potrete ridere quando le confrontarremo insieme co le barbe.
    BONIFACIO O povero me: eh, per amor de Dio agiutatemi.
    SANGUINO - Or quel pover omo da bene fa istanzia alla giustizia, per eccessi che costui può aver fatti e pretenduti di fare in forma e specie di sua persona: onde possa per l'avenire aversi qualche pretensione contra colui, da qualche parte lesa, per eccessi che abbia commesi costui.
    BONIFACIO Signor, di questo non è da dubitare.
    SANGUINO - Omo da bene, non sono io che dubito: sì che comprendete voi, e sappia ogn'uno, ch'io non lo tengo e meno in Vicaria per mio bel piacere, ma per che ne ho da render conto; e colui è molto scalfato contra di questo: et è apparechiato doman mattina di far gli suoi atti contra il presente; oltre, la sua femina anco si lamenta; e messer Gioan Bernardo e la donna mi potrebbono dare gran fastidio.
    SCARAMURÉ - Della donna non si dubita.
    SANGUINO Anzi di quella io dubito più: queste per gelosia sogliono strapazzar la vita et onor proprio e di mariti. Or dumque considerate voi messeri, che cosa posso far io per voi: posso aver compassion de lui, ma non agiutarlo.
    SCARAMURÉ Signor capitano, vostra Signoria parla come un angelo.
    BONIFACIO Come un evangelista: non si può dir meglio; santamente.
    SANGUINO Or su dumque andiamo. Panzuottolo, fà che venghi abasso quel magister, e spediamoci.
    SCARAMURÉ - Signor capitanio, io dono una nova a vostra Signoria.
    SANGUINO - Che nova?
    SCARAMURÉ Io mi confido di far di modo (si ne vuol far tanto di grazia di aspettar un mezzo quarto d'ora) di riconciliare quel messer Gioan Bernardo con messer Bonifacio.
    BONIFACIO Oh, che piacesse a Dio, e potessi far questo.
    SANGUINO - Voi ne date la berta: questo è impossibile.
    SCARAMURÉ - Anzi è necessario: quando lui saprà come la cosa passa, io credo che et cetera. Io li son tanto amico che, si l'è colcato, lo farrò levare e lo farrò venir cqua, e farrò de modo che si accordino insieme; ma bisogna che voi messer Bonifacio li chiedete perdono, e gli facciate qualche degna satisfazzione di parole et atti d'umiltà: per che veramente lui può presumere che l'abbiate molto offeso.
    BONIFACIO Cossì è; io mi offero di baciargli i piedi et essergli amico et ubligato in perpetuo, si me perdona questo fallo e non mi espone alla vergogna: non solamente a lui... uh, uh, uh... ma ancora a vostra Signoria, signor capitanio mio, uh, uh, uh...
    SANGUINO Alzati, non, non mi baciar i piedi sin tanto ch'io non sii papa.
    BONIFACIO ... a vostra Signoria sarrò ubligato si in questo fatto mi aggiutarrà dandone comodità per un poco di tempo di trattar questo accordo. Et a voi messer Scaramuré, vi priego co le viscere del core et anima mia, trattate questo negocio caldamente, che la vita mia vi sarrà in perpetuo ubligatissima.
    SCARAMURÉ - Io mi confido assai, almeno di condurlo sotto qualche pretesto sin cqua: e quando vi sarrà, farremo tanto co la vostra umiltà et intercessione del signor capitanio (si ne vuol tanto faurire) e mie persuasioni, che la cosa non passarrà avanti; et è anco necessario che non sii ingrato alla generosità del signor capitano.
    SANGUINO - Oh, io non mi curo di questo quanto a me: bisognarà sì ben far qualche buona cortisia a questi mei famegli, al meno per chiudergli la bocca. Oltre che, non mi basta questo: voglio che si riconcilii ancora con la sua femina, e che dimanda mercé a lei cossì bene come a quell'altro; e quando vedrò quelli dui contenti e satisfatti, io non procederrò oltre: per che non posso far di non aver compassione ancor io di questo povero messer Bonifacio.
    BONIFACIO Signor mio, eccome cqua tutto in anima e corpo al servizio vostro; per li compagni, dico per questi famegli, ecco cqua le anella, tutto quel ch'ho dentro questa borsa, e questa maldetta biscappa, che per ogni modo me la voglio levar di sopra.
    SANGUINO Basta basta, voi fate il conto senza l'oste (come se dice): di tutto questo non sarrà nulla, si vostra mogliera e messer Gioan Bernardo non si contentano.
    BONIFACIO - Io spero che si contentarranno. Andate, vi priego, messer Scaramuré mio.
    SCARAMURÉ - Io lo guidarrò sin cqua sotto qualch'altro pretesto che non potrà mancare. Vostra moglie son certo che per suo onore ancora non mancarrà di venire.
    SANGUINO Andate e fate presto, si volete che vi aspettiamo.
    SCARAMURÉ Signor, non è troppo lontano da cqua l'uno e l'altra. Io verrò quanto prima.
    SANGUINO Fate che siamo presto risoluti del sì o 'l non: e non mi fate aspettare in vano.
    SCARAMURÉ Vostra Signoria non dubiti.
    BONIFACIO O santo Leonardo glorioso, agiutami.
    SANGUINO Andiamo, ritorniamo dentro, ch'aspettarremo un poco llà.




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