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Giordano Bruno
Candelaio

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  • ARGUMENTO ET ORDINE DELLA COMEDIA
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ARGUMENTO ET ORDINE DELLA COMEDIA

 

    Son tre materie principali intessute insieme ne la presente comedia: l'amor di Bonifacio, l'alchimia di Bartolomeo e la pedantaria di Mamfurio. Però per la cognizion distinta de suggetti, raggion dell'ordine et evidenza dell'artificiosa testura, rapportiamo prima da per lui l'insipido amante, secondo il sordido avaro, terzo il goffo pedante: de quali l'insipido non è senza goffaria e sordidezza; il sordido è parimente insipido e goffo; et il goffo non è men sordido et insipido che goffo.

    BONIFACIO dumque nell'atto primo, scena prima, inamorato della signora Vittoria, et accorgendosi che non possea reciprocarsi l'amore (del che era la caggione che quella er'amica, come si dice, di fiori di barbe e frutti di borse, e lui non era giovane né liberale), pone la sua speranza nella vanità de le magiche superstizioni, per venire a gli amorosi effetti; e per questo manda il suo servitore a trovar Scaramuré che gli era stato descritto efficace mago. II scena. Avendo inviato Ascanio, discorre tra se medesmo riducendosi a mente il valor di quell'arte. III scena. Gli sopragionge Bartolomeo che con certo mezzo artificio gli fa vomitare il suo secreto; e mostra la differenza dell'ogetto dell'amor suo. IV scena. Sanguino padre e pastor di marioli, et un scolare che studiava sotto Mamfurio, che da parte aveano uditi questi raggionamenti, discorreno sopra quel fatto; e Sanguino particularmente comincia a prender il capo per ordir qualche tela verso di Bonifacio. VI scena. Compare Lucia ruffiana con un presentuccio che Bonifacio mandava, e ne fa notomia, e si dispone a prenderne la decima, e poco mancò che non vi fusse sopragiunta da lui. VII scena. Bonifacio se ne viene tutto glorioso per certo suo poema di nova cola in onor e gloria della sua dama; nella qual festa (VIII scena) fu ritrovato da Gioan Bernardo pittore, al quale arrebbe discoperto il suo nuovo poetico furore: ma lo distrasse il pensier del ritratto, et il pensiero sopra un dubbio che gli lasciò Gioan Bernardo nella mente; e (IX scena) rimane perplesso su l'enigma: per che o più o meno intende il termino «candelaio», ma non molto può capir che voglia dir «orefice». Mentre dimora in questo pensiero, ecco (X scena) riviene Ascanio col mago: il quale dopo avergli fatte capir alcune pappolate, lo lascia in speranza d'accapar il tutto.
    Nell'atto secondo, II scena, si monstrano la signora Vittoria e Lucia entrate in speranza di premer vino da questa pumice e cavar oglio da questo subere: e sperano col seminar speranze nell'orto di Bonifacio, di tirar mèsse di scudi nel proprio magazzino; ma s'ingannavano le meschine pensando che l'amor gli avesse tanto tolto l'intelletto che non avesse sempre avanti gli occhi della mente il proverbio che gli udirrete dire nel principio della sesta scena nell'atto quarto. III scena: rimasta la signora Vittoria sola, fa di bei castelli in aria presupponendo che questa fiamma d'amor facesse colar e fonder metalli; e che questo martello di Cupido co l'incudine del cuor di Bonifacio stampar potesse al men tanta moneta, che fallendo col tempo l'arte sua, non gli fusse necessario di incantar quella di Lucia, iuxta illud: «Et iam facta vetus, fit rofiana Venus». Mentre dumque si pasce di que' venticelli che gonfiano la panza e non nutriscono, (IV scena) sopraviene Sanguino, che per quel ch'avea udito dalla propria bocca di Bonifacio comincia ad tramar qualche bella impresa, e si retira con lei per discorrere come si dovessero governar col fatto suo.
    Nell'atto terzo, II scena, viene Bonifacio con Lucia che lo constrista tentandolo di pacienza per la borsa: or mentre masticava come avesse in bocca il panferlich, gli cascò il lasagno dentr'al formaggio, idest ebbe occasion di levarsela d'avanti per quella volta, per dover trattar cose importanti con dui che sopragiunsero. III scena: questi erano Scaramuré et Ascanio, co i quali si tratta come si dovesse governare ne' magichi cerimoni; dona parte del suo conto al mago, e se ne va. IV scena: rimane, beffandosi de la smania di costui, Scaramuré; e (V scena) ritorna Lucia che pensava che Bonifacio l'aspettasse: e costui la rende certa che la speranza era vana e la fatica persa; e con ciò vanno alla signora Vittoria per chiarirla del tutto: il che fece costui a fin che col fingere di quella potesse graffar qualch'altra somma da Bonifacio. IX scena: compaiono Sanguino e Scaramuré come quei ch'aveano appuntato qualche cosa con la signora Vittoria e messer Gioan Bernardo; e questi dui con dui altri venturieri sotto la bandiera di Sanguino, trattano di negociare alcuni fatti con stravestirsi da capitano e birri: del qual partito (nella XIII scena) si contentano molto.
    Nell'atto quarto, I scena, la signora Vittoria vien fuori fastidita per molto aspettare; discorre sopra l'avaro amor di Bonifacio e sua vana speranza; mostra d'esser inanimata a fargli qualch'insapore, insieme col finto capitano, birri e Gioan Bernardo. Tra tanto venne Lucia (II scena) che mostra di non aver perso il tempo, e [non esser stata] vana la fatica: espone come abbia informata et instrutta Carubina moglie di Bonifacio; e (scena III) sopragionte da Bartolomeo, sdegnate si parteno. IV scena: rimane Bartolomeo discorrendo sopra la sua materia; et ecco (V scena) gli occorre Bonifacio, e raggionano un pezzo insieme burlandosi l'un de l'altro. Tra tanto Lucia che non dormeva sopra il fatto suo, (VI scena) trova messer Bonifacio il quale, disciolto da Bartolomeo, vien ad esser molto persuaso dall'estreme novelle che quella gli disse: cioè che per il meno la signora Vittoria gli arrebbe donato tutt'il suo; con questo, che la andasse a chiavar per quella sera: ch'altrimente moreva; il che per le cose che erano passate della magica fattura, non fu difficile a donarglielo ad intendere: prese ordine di stravestirsi lui come Gioan Bernardo. Lucia si parte co le vesti di Vittoria a mascherar Carubina. VII scena: rimane Bonifacio facendo tra se medesmo festa dell'effetto che vede del suo incantesimo; apresso (VIII scena) si berteggia insieme con Marta, moglie di Bartolomeo, per un pezzo; e poi è verisimile ch'andasse subbito al mascheraro per accomodarsi come san Cresconio. XII scena: ecco Carubina stravestita et istrutta da Lucia: fa intendere i belli allisciamenti e vezzi che questa sofistica Vittoria dovea far al suo alchimico inamorato; e prende il camin verso la stanza di Vittoria; e (XIII scena) rimane Lucia con determinazione d'andar a trovar Gioan Bernardo: ma ecco che (XIV scena) colui viene a tempo per che non vegliava meno sopra il proprio negocio, che Lucia sopra l'altrui; cqua si determina de le occasione che dovean prendere, come le persone si doveano disporre al loco e tempo; e poi Lucia va a trovar Bonifacio, e Gioan Bernardo a dar ordine all'altre cose.
    Nell'atto quinto, scena I, eccoti Bonifacio in abito di Gioan Bernardo, che spirava amor dal culo e tutti gli altri buchi della persona; e con Lucia, dopo aver discorso un poco, sen va alla bramata stanza. Tra tanto Gioan Bernardo teneva il baston dritto, pensando a Carubina: et aspettò un gran pezzo facendo la sentinella, mentre Sanguino mariolava e Bonifacio prendev'i suoi disgusti; sin tanto che, (IX scena) venendo fuori Bonifacio confusissimo con l'ancor sdegnatissima Carubina, a l'impensata de l'uno e l'altra, trovorno un altro osso da rodere e gruppo da scardare: cioè si trovorno rincontrati con Gioan Bernardo; quindi nacquero molti dibatti di paroli, et essendono prossimi a toccarsi co le mani, (X scena) sopravien Sanguino stravestito da capitan Palma con sui compagni stravestiti da birri; e per ordinario della corte et instanza di Gioan Bernardo menorno Bonifacio in una stanza vicina, fingendo intenzione di condurlo, dopo spediti altri negocii, in Vicaria. Con questo, (XI scena) Carubina rimane nelle griffe di Gioan Bernardo, il quale (come è costume di que' che ardentemente amano) con tutte sottigliezze d'epicuraica filosofia (Amor fiacca il timor d'omini e numi) cerca di troncare il legame del scrupolo che Carubina, insolita a mangiar più d'una minestra, avesse possuto avere: della quale è pur da pensare che desiderasse più d'esser vinta, che di vencere; però gli piacque di andar a disputar in luoco più remoto. Tra tanto che passavano questi negocii, Scaramuré ch'avea l'orloggio nel stomaco e nel cervello, [(XIV scena)] andò con specie di sovvenire a Bonifacio; e (XV scena) trova Sanguino co i compagni et impetrò licenza di parlar a Bonifacio; et avendola impetrata, con certe mariolesche circostanze (XVI scena), viene (XVII scena) a persuadere a Bonifacio che l'incanto avea, per fallo di esso Bonifacio, avuto confuso effetto; e dice di voler negociar per il presente la sua libertà. Il che facendo (XVIII scena) con offrire qualche sottomano al capitano, ricevé da quel, che non era novizio nell'arte sua, una asprissima risoluzione la quale da dovero mosse Bonifacio e Scaramuré, in quel modo che posseva, a ingenocchiarsi in terra e chieder grazia e mercé: sin tanto ch'impetrorno da lui che si contentasse di farli grazia. La qual gli fu concessa con questa condizione, che Scaramuré facesse di modo che venessero la moglie Carubina e Gioan Bernardo a rimettergli l'offesa. Cossì questo accordo si venne a trattar con molte apparenti difficultà (XXI e XXII scena); sin tanto che (XXIII scena), dopo aver chiesa perdonanza in ginocchioni a Gioan Bernardo e la moglie, e ringraziato Sanguino e Scaramuré, et onta la mano del capitano e birri, fu liberato per grazia del signor Dio e della Madonna: dopo' la cui partita, (XXIV scena) Sanguino et Ascanio fanno un poco di considerazione sopra il fatto suo. Considerate dumque come il suo inamorarsi della signora Vittoria l'inclinò a posser esser cornuto, e quando si pensò di fruirsi di quella, dovenne a fatto cornuto: figurato veramente per Atteone, il quale andando a caccia, cercava le sue corne: et all'or che pensò gioir de sua Diana, dovenne cervo. Però non è maraviglia si è sbranato e stracciato costui da questi cani marioli.

    BARTOLOMEO compare nell'atto primo, III scena, dove si beffa dell'amor di Bonifacio: concludendo che l'inamoramento dell'oro e de l'argento, e perseguire altre due dame, è più a proposito. Et è verisimile che quindi partito, fusse andato a far l'alchimia nella quale studiava sotto la dottrina di Cencio: il quale Cencio nella XI scena si discuopre barro secondo il giudizio di Gioan Bernardo; e poi nella. XII scena egli medesmo si mostra a fatto truffatore. Viene Marta sua moglie nella XIII scena, e discorre sopra l'opra del marito; e nella XIV scena è sopragionta da Sanguino che si burlava di lui e lei.
    Nell'atto secondo, V scena, raggionando Barro con Lucia, mostra parte del profitto che facea Bartolomeo: cioè che mentre lui attendeva ad una alchimia, la moglie Marta facea la bucata et insaponava i drappi.
    Nell'atto terzo, I scena, Bartolomeo discorre sopra la nobilità della sua nuova professione: e mostra con sue raggioni che non v'è meglior studio e dottrina de quello de minerabilibus; e con questo, ricordato del suo esercizio, si parte.
    Nell'atto quarto, III scena, va Bartolomeo aspettando il servitore ch'avea inviato per il pulvis Christi; e (IV scena) discorre sopra quel detto «Onus leve», assomigliando l'oro alle piume. VIII scena: la sua moglie dimostra quanto fusse onesta matrona nel raggionar che fa con messer Bonifacio; mostra quanto lei fusse più esperta nell'arte del giostrare ch'il suo marito in far alchimia; e nella IX scena dona ad intendere ciò non esser maraviglia, perché a quella disciplina fu introdotta nella età di dodici anni; e donando più vivi segnali della sua dottrina da cavalcare, fa una lamentevole e pia digressione circa quel studio di suo marito, che l'avea distratto da sue occupazioni megliori. Mostra anco la diligenza che teneva in sollicitar gli suo' dèi a fin che gli restituissero il suo marito nel grado di prima. Con questo, (X scena) comincia ad veder effetto di sue orazioni: per essere l'alchimia tutta andata in chiasso per un certo pulvis Christi che non si trovava altrimente che facendolo Bartolomeo medesmo; il quale de cinque talenti gli arrebbe reso talenti cinque. Or l'uomo [per] informarsi meglio va col suo Mochione ad ritrovar Consalvo.
    Nell'atto quinto, II scena, vengono Consalvo e Bartolomeo che si lamentava di lui come consapevole e complice della burla fattagli da Cencio; e cossì dalle paroli venuti a' pugni, (III scena) furno sopragionti da Sanguino e compagni in guisa di capitano e birri: li quali sotto specie di volerle menare in priggione, le legarono co le mani a dietro; et avendole menati a parte più remota, gionsero le mani dell'uno alle mani dell'altro a schena a schena: e cossì gli levorno le borse e vestimenti, come si vede nel discorso delle IV, V, VI, VII, VIII scene; e poi nella XII scena, avendono caminato per fianco e fianco per incontrarsi con alcuno che le slegasse, giunsero al fine dov'era Gioan Bernardo e Carubina che andavano oltre: i quali volendo arrivare, Consalvo con affrettar troppo il passo fe' cascar Bartolomeo che si tirò lui appresso; e rimasero cossì, sin che (XIII scena) sopravenne Scaramuré e le sciolse, e le mandò per diversi camini a proprie case.

    MAMFURIO nell'atto primo, V scena, comincia ad altitonare; e viene ad esser conosciuto da Sanguino per pecora da pastura: cioè ch'i marioli cominciorno a formar dissegno sopra il fatto suo.
    Nell'atto secondo, prima scena, vien burlato dal signor Ottaviano, che prima monstrava maravigliarsi di sui bei discorsi; appresso de far poco conto di suoi poemi: per conoscere come si portava quando era lodato, e come quando era o meno o più biasimato. E partitosi il signor Ottaviano, porge Mamfurio una lettera amatoria al suo Pollula inviandola a messer Bonifacio, per il cui servizio l'avea composta: la quale epistola poi nella VII scena viene ad essere letta e considerata da Sanguino e Pollula.
    Nell'atto terzo, sguaina un poema contra il signor Ottaviano, in vendetta della poca stima che fece di sui versi; sopra i quali mentre discorre con il suo Pollula, sopraviene messer Gioan Bernardo (scena VII), col qual discorse sin tanto che gli cascò la pazienza. Ritorna nella. XI scena: appare con Corcovizzo che fe' di modo che gli tols'i scudi de mano. Or mentre di ciò (XII scena) si lagna e fa strepito, gli occorreno Barra e Marca e (XIII scena) Sanguino: i quali ponendolo in speranza di ritrovar il furbo e ricovrare il furto, li ferno cangiar le vesti e lo menorno via.
    Nell'atto quarto, XI scena, riviene cossì mal vestito com'era, lamentandosi che gli secondi marioli gli aveano tolte le vestimenta talari e pileo prezioso: facendolo rimaner solo nel passar di certa stanza; e con questo avea vergogna di ritornar a casa: aspetta il più tardi retirandosi in un cantoncello; sin tanto che nella XV scena si fa in mezzo spasseggiando e discorrendo circa quel che ivi avea udito e visto. Tra tanto (XVI scena) viene Sanguino, Marca et altri in forma di birri; e volendosi Mamfurio ritirar in secreto, con quella et altre specie lo presero priggione e lo depositorno nella prossima stanza.
    Nell'atto quinto, penultima scena, gli vien proposto che faccia elezzione de una di tre cose per non andar priggione: o di pagar la bona strena a gli birri e capitano, o di aver diece spalmate, o ver cinquanta staffilate a brache calate. Lui arrebbe accettata ogni altra cosa più tosto che andar con quel modo priggione; però delle tre elegge le diece spalmate; ma quando fu alla terza, disse: «Più tosto cinquanta staffilate alle natiche»; de quali avendone molte ricevute, e confondendosi il numero or per una or per un'altra causa, avvenne che ebbe spalmate, staffilate, e pagò quanti scudi gli erano rimasti alla giornea: e vi lasciò il mantello che non era suo. E fatto tutto questo, posto in arnese come don Paulino, nella scena ultima fa e dona il plaudite.




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