SCENA XI
Cencio, Gioan Bernardo
CENCIO
- Cossì bisogna guidar quest'opra, per la doctrina di Ermete e di Geber. La
materia di tutti metalli è Mercurio: a Saturno appartiene il piombo, a Giove il
stagno, a Marte il ferro, al sole l'oro, a Venere il bronzo, alla luna
l'argento. Lo argento vivo si attribuisce ad Mercurio particularmente, e si
trova nella sustanza di tutti gli altri metalli: però si dice nuncio di dèi,
maschio co maschii, e femina co femine. Di questi metalli Mercurio Trimegisto
chiamò il cielo padre, e la terra madre; e disse che questa madre ora è
impregnata ne' monti, or nelle valli, or nelle campagne, or nel mare, or ne gli
abissi et antri: il quale enigma ti ho detto che cosa significa. Nel grembo de
la terra la materia di tutti metalli afferma esser questa insieme col solfro il
dottissimo Avicenna, nell'epistola scritta ad Hazez: alla quale opinione
postpongo quella di Ermete, che vuole la materia di metalli esserno gli
elementi tutti; et insieme con Alberto Magno chiamo ridicula la sentenza
attribuita a Democrito da gli alchimisti, che la calcina e lisciva (per la
quale intendono l'acqua forte) siino materia di metalli tutti. Né tampoco posso
approvar la sentenza di Gilgile, nel suo libro De' secreti dove vuole «metallorum
materiam esse cinerem infusum», per che vedeva che «cinis liquatur in
vitrum et congelatur frigido»: al quale errore suttilmente va obviando il
prencipe Alberto...
GIOAN BERNARDO - Queste diavolo de raggioni no mi
toccano punto l'intellecto. Io vorrei veder l'oro fatto e voi meglior vestito
che non andiate: penso ben che si tu sapessi far oro non venderesti la ricetta
da far oro, ma con essa lo faresti; e mentre fai oro per un altro per fargli
vedere la esperienza, lo faresti per te a fin di non aver bisogno di vendere il
secreto.
CENCIO - Voi mi avete interrotto il discorso. Pensate
voi solo di aver giudicio, e di aver apportato un grandissimo argomento: per le
cautele che have usate meco messer Bartolomeo, dimostra esser assai più cauto
che voi non vi stimate d'essere. E sa lui che io son stato rubbato e sassinato
al bosco di Cancello venendo da Airola...
GIOAN BERNARDO - Credo ch'il sappia più per vostro che
per mio dire.
CENCIO - ... e però io, non avendo il modo di comprar
gli semplici e minerali che si richiedono a tal opra, ho fatto come sapete.
GIOAN BERNARDO - Dovevi ponerti in pegno e securtà, e
dire: «Mess(ere), avanzarò oro per me e per
te»; che certo tanto lui quanto altro ti arebbe niente manco soccorso: e
quell'oro che cerchi dalle borse, l'aresti con tua meglior riputazione et onore
sfornato dalla tua fornace.
CENCIO - Mi ha piaciuto far cossì: quando io sarò
morto, che mi fa che tutto il mondo sappia far oro? che mi fa che tutto il
mondo sii pieno d'oro?
GIOAN BERNARDO - Io mi dubito che l'argento et il
stagno valerà più caro oggimai, che l'oro.
CENCIO - Dovete saper per la prima che messer
Bartolomeo, lui ebbe tutta la ricetta in mano, dove si contiene et il modo di
operare e le cose che vi concorreno. Lui mandava al speciale, per le cose che
bisognano, il suo putto; lui è stato presente al tutto che si faceva; lui
faceva tutto: e da me non volea altro che la dechiarazione, con dirgli «Fà in
questo modo, fà in quello, non far cossì, fà colà, or applica questo, or togli
quello»; di sorte ch'al fine con allegrezza grande ha ritrovato l'oro purissimo
e probatissimo al fondo della vitrea cucurbita, risaldata luto sapientiae...
GIOAN BERNARDO - Luto della polvere delle potte sudate
al viaggio di Piedigrotta.
CENCIO - ... e cossì, assicuratissimo, mi ha pagato
seicento scudi per il secreto che gli ho donato, secondo le nostre convenzioni.
GIOAN BERNARDO - Or poi che avete fatta una cosa,
fatene un'altra: e sarà compìto tutto il negocio a non mancarvi nulla.
CENCIO - Che volete che noi facciamo?
GIOAN BERNARDO - Lui essendo nella miseria che eravate
voi, con aver seicento scudi meno, e voi essendo nella comodità nella quale era
lui, con aver oltre seicento scudi: però come avete cambiata fortuna,
cambiatevi ancora gli mantelli e le barette. Ch'alfine non conviene ch'egli
vada in quello abito, e tu in questo.
CENCIO - Oh, voi sempre burlate.
GIOAN BERNARDO - Sì sì, burlo: la prima volta che vi
vedrò insieme dirò «Ecco qui la tua cappa, Cencio; ecco qui la tua cappa,
Bartolomeo». Ma dimmi da galant'omo (parliamo da dovero): non l'hai tu attacata
a costui come l'attaccò il Gigio al Perrotino?
CENCIO - E che fec'egli?
GIOAN BERNARDO - Non sai quel che fece? io tel saprò
dire: - Costui cavò un pezzo di legno: vi inserrò l'oro dentro, poi lo bruggiò
fuori facendolo a guisa de gli altri carboni; et al suo tempo con una bella
destrezza sel tolse dalla saccoccia, e ponendo mani ad dui altri carboni
ch'erano presso la fornace, fece venir a proposito di ponere quel carbone
pregnante: dove presto, per la forza del fuoco incinerito, stillò l'oro
impolverato per gli buchi a basso.
CENCIO - Oh vagliame Dio: mai arei possuto imaginarmi
una sì fatta gaglioffaria. Ingannar io? fars'ingannar messer Bartolomeo? Or
credo che di questo tratto lui ne sii stato informato. Egli non solo non ha
voluto ch'io tocasse cosa alcuna; ma anco mi ha fatto seder sei passi lungi
dalla fornace, la prima volta che si oprò in mia presenza per la dechiarazion
della prattica della ricetta; e nella seconda volta ha voluto esser solo, con
farmene essere al tutto absente, avendo solo la mia ricetta per guida. Di sorte
che dopo che la esperienza è fatta due volte in poca materia e pochissima
spesa, or vi si è risoluto a tutta passata: e come vi ho detto, fa gran
seminata per racogliere gran frutto.
GIOAN BERNARDO - Come, have egli aumentate le dose?
CENCIO - Tanto che in questa prima posata tirarà
cinquecento scudi come cinquanta soldi.
GIOAN BERNARDO - Credo più presto come cinquanta soldi,
che come cinquant'altri scudi: ora sì che hai profetato meglio ch'un Caifasso.
Or aspettiamo il parto, che all'ora vedremo si l'è maschio o femina. A dio.
CENCIO - A dio, adio: assai è che crediate gli articoli
di fede.
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