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Giordano Bruno
Candelaio

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ATTO SECONDO

SCENA PRIMA
Messer Ottaviano, Mamfurio, Pollula

    OTTAVIANO - Maestro, che nome è il vostro?
    MAMFURIO - Mamphurius.
    OTTAVIANO - Quale è vostra professione?
    MAMFURIO - Magister artium, moderator di pueruli, di teneri unguicoli, lenium malarum, puberum, adolescentulorum: eorum qui adhuc in virga in omnem valent erigi, flecti, atque duci partem; primae vocis, apti al soprano, irrosorum denticulorum, succiplenularum carnium, recentis naturae, nullius rugae, lactei halitus, roseorum labellulorum, lingulae blandulae, mellitae simplicitatis, in flore, non in semine degentium, claros habentium ocellos, puellis adiaphoron.
    OTTAVIANO - Oh maestro gentile, attillato, eloquentissimo, galantissimo architriclino e pincerna delle Muse...
    MAMFURIO - O bella apposizione.
    OTTAVIANO - ... patriarca del coro apolinesco...
    MAMFURIO - Melius diceretur «apollineo».
    OTTAVIANO - ... tromba di Febo, lascia ch'io te dia un bacio nella guancia sinestra: che non mi reputo degno di baciar quella dolcissima bocca...
    MAMFURIO - "Ch'ambrosia e nectar non invidio a Giove".
    OTTAVIANO - ... quella bocca dico, che spira sì varie e bellissime sentenze et inaudite frase.
    MAMFURIO - Addam et plura: in ipso aetatis limine, ipsis in vitae primordiis, in ipsis negociorum huius mundialis seu cosmicae architecturae rudimentis, ex ipso vestibulo, in ipso aetatis vere, ut qui adnupturiant, ne in apiis quidem...
    OTTAVIANO - O maestro, fonte caballino, di grazia non mi fate morir di dolcezza, prima ch'io dichi la mia colpa; non parlate più, vi priego, per che mi fate spasimare.
    MAMFURIO - Silebo igitur, quia opprimitur a gloria maiestatis, come accadde a quella meschina di cui Ovidio nella Metamorphosi fa menzione: a cui le Parche avare troncorno il filo, vedendo, lei, nella propria maiestade il folgorante Giove.
    OTTAVIANO - Di grazia, vi supplico per quel dio Mercurio che vi ha indiluviato di eloquenzia...
    MAMFURIO - Cogor morem gerere.
    OTTAVIANO - ... abbiate pietà di me, e non mi lanciate più cotesti dardi, che mi fanno andar fuor di me.
    MAMFURIO - In echstasim profunda trahit ipsum admiratio. Tacebo igitur, de iis hactenus, nil addam, muti pisces, tantum effatus, vox faucibus haesit.
    OTTAVIANO - Misser Mamfurio, amenissimo fiume di eloquenza, serenissimo mare di dottrina,...
    MAMFURIO - Tranquillitas maris, serenitas aeris.
    OTTAVIANO - ... avete qualche bella vostra di composizione? per che ho gran desiderio aver copia di vostre doctissime carte.
    MAMFURIO - Credo, signor, che in toto vitae curriculo e discorso di diverse e varie pagine non ve siino occorsi carmini di calisimetria, idest cossì bene adaptati, come questi che al presente io son per dimostrarvi cqui exarati.
    OTTAVIANO - Che è la materia di vostri versi?
    MAMFURIO - Litterae, syllabae, dictio et oratio, partes propinquae et remotae.
    OTTAVIANO - Io dico, quale è il suggetto et il proposito.
    MAMFURIO - Volete dire de quo agitur? materia de qua? circa quam? È la gola, ingluvie e gastrimargia di quel lurcone Sanguino (viva effigie di Filoxeno, qui collum gruis exoptabat) con altri suoi pari, socii, aderenti, simili e collaterali.
    OTTAVIANO - Piacciavi di farmeli udire.
    MAMFURIO - Lubentissime. Eruditis non sunt operienda arcana: ecco, io explico papirum propriis elaboratum et lineatum digitis. Ma voglio che pernotiate che il sulmonense Ovidio («Sulmo mihi patria est»), nel suo libro Metamorphoseon octavo, con molti epiteti l'apro calidonio descrisse: alla cui imitazione io questo domestico porco vo delineando.
    OTTAVIANO - Di grazia leggetele presto.
    MAMFURIO - Fiat. Qui cito dat, bis dat. Exordium ab admirantis affectu.
    O porco sporco, vil, vita disutile:
ch'altro non hai che quel gruito fatuo
col quale il cibo tu ti pensi
acquirere;
gola quadruplicata da l'axungia
dall'anteposto absorpta brodulario,
che ti prepara il sozzo coquinario
per canal emissario:
per pinguefarti più, vase d'ingluvie,
in cotesto porcil t'intromettesti
u' ad altro obiecto non guardi ch'al pascolo;
e privo d'exercizio,
per inopia e penuria
di meglior letto e di meglior cubiculo,
altro non fai ch'al sterco e fango involverti.
Post haec:
    Ad nullo sozzo volutabro inabile,
di gola e luxo infirmità incurabile,
ventre che sembra di Pleiade il puteo,
abitator di fango,
incola luteo;
fauce indefessa, assai vorante gutture;
ingordissima arpia, di Tizio vulture,
terra mai sazia, fuoco e vulva cupida;
orificio protenso, nare putida;
nemico al cielo, speculator terreo,
mano e piè infermo, bocca e dente ferreo;
l'anima ti fu data sol per sale
a fin che non putissi: dico male?
Che vi par di questi versi? Che, ne comprendete col di vostro ingegno il metro?
    OTTAVIANO - Certo, per esser cosa d'uno della profession vostra, non sono senza bella considerazione.
    MAMFURIO - Sine conditione et absolute denno esser giudicati di profonda perscrutazion degni questi frutti raccolti dalle meglior piante che mai producesse l'eliconio monte, irrigate ancor dal parnasio fonte, temprate dal biondo Apolline e dalle sacrate Muse coltivato. E che ti par di questo bel discorso? Non vi admirate addesso come pria già?
    OTTAVIANO - Bellissimo e sottil concepto. Ma ditemi, vi priego, avete speso molto tempo in ordinar questi versi?
    MAMFURIO - Non.
    OTTAVIANO - Sietevi affatigato in farli?
    MAMFURIO - Minime.
    OTTAVIANO - Avetevi speso gran cura e pensiero?
    MAMFURIO - Nequaquam.
    OTTAVIANO - Avetele fatti e rifatti?
    MAMFURIO - Haud quaquam.
    OTTAVIANO - Avetele corretti?
    MAMFURIO - Minime gentium: non opus erat.
    OTTAVIANO - Avetene destramente presi, per non dir mariolati, a qualche autore?
    MAMFURIO - Neutiquam, absit verbo invidia, dii avertant, ne faxint ista superi. Voi troppo volete veder di mia erudizione: credetemi che non ho poco io del fonte caballino absorpto; né poco liquor mi have infuso la de cerebro nata Iovis: dico la casta Minerva, alla quale è attribuita la sapienza. Credete ch'io non sarei minus foeliciter risoluto, quando fusse stato provocato ad explicandas notas affirmantis vel asserentis. Non hanno destituita la mia memoria: sic, ita, etiam, sane, profecto, palam, verum, certe, proculdubio, maxime, cui dubium?, utique, quidni?, mehercle, aedepol, mediusfidius et caetera.
    OTTAVIANO - Di grazia, in luoco di quell'et caetera, ditemi un'altra negazione.
    MAMFURIO - Questo cacocephaton, idest prava elocuzione, non farò io: per che factae enumerationis clausulae non est adponenda unitas.
    OTTAVIANO - Di tutte queste particule affirmative, quale vi piace più de l'altre?
    MAMFURIO - Quell'«utique» assai mi cale, eleganza in lingua aethrusca vel tuscia, meaeque inhaeret menti: eleganza di più profondo idioma.
    OTTAVIANO - Delle negative, qual vi piace più?
    MAMFURIO - Quel «nequaquam» est mihi cordi, e mi sodisfa.
    OTTAVIANO - Or dimandatemi voi adesso.
    MAMFURIO - Ditemi, signor Ottaviano, piacenvi gli nostri versi?
    OTTAVIANO - Nequaquam.
    MAMFURIO - Come nequaquam: non sono elli optimi?
    OTTAVIANO - Nequaquam.
    MAMFURIO - Duae negationes affirmant: volete dir dumque che son buoni.
    OTTAVIANO - Nequaquam.
    MAMFURIO - Burlate?
    OTTAVIANO - Nequaquam.
    MAMFURIO - Sì che dite da senno?
    OTTAVIANO - Utique.
    MAMFURIO - Dumque poca stima fate di mio Marte e di mia Minerva?
    OTTAVIANO - Utique.
    MAMFURIO - Voi mi siete nemico e mi portate invidia: da principio vi admiravate della nostra dicendi copia; adesso, ipso lectionis progressu, la admirazione è metamorfita in invidia?
    OTTAVIANO - Nequaquam: come invidia? come nemico? non mi avete detto che queste diczioni vi piaceno?
    MAMFURIO - Voi dumque burlate, e dite exercitationis gratia?
    OTTAVIANO - Nequaquam.
    MAMFURIO - Dicas igitur sine simulatione et fuco: hanno enormità, crassizie e rudità gli miei numeri?
    OTTAVIANO - Utique.
    MAMFURIO - Cossì credete a punto?
    OTTAVIANO - Utique, sane, certe, equidem, utique, utique.
    MAMFURIO - Non voglio più parlar con voi.
    OTTAVIANO - Si non volete resistere a udir quel che dite che vi piace, che sarrebbe s'io vi dicesse cosa che vi dispiace? A dio.
    MAMFURIO - Vade, vade. Adesdum, Pollula: hai considerata la proprietà di questo uomo, il quale or ora è da noi absentato?
    POLLULA - Costui da principio si burlava di voi di una sorte; al fine vi dava la baia d'un'altra sorte.
    MAMFURIO - Non pensi tutto ciò esser per invidia che gli inepti portano ad altri (melius diceretur «alii», differentia faciente «aliud») eruditi?
    POLLULA - Tutto vi credo, essendo voi mio maestro, e per farvi piacere.
    MAMFURIO - De iis hactenus, missa faciamus haec. Or ora voglio gire a ispedir le muse contra questo Ottaviano: e come gli ho fatti udire, in proposito di altro, gli porcini epiteti, posthac in suo proposito voglio che odi quelli di uno inepto giudicator della doctrina altrui. Ecco, vi porgo una epistola amatoria fatta ad istanzia di messer Bonifacio: il quale, per gratificare alla sua amasia, mi ha richiesto che gli componesse questa lectera incentiva. Andate, e gli la darrete secretamente da mia parte in mano, dicendogli che io sono implicito in altri negocii circa il mio ludo literario - Ego quoque hinc pedem referam, perché veggio due femine appropiare, de quibus illud «Longe fac a me».
    POLLULA - Salve, domine praeceptor.
    MAMFURIO - Faustum iter dicitur «vale».




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