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Giordano Bruno
Candelaio

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  • ATTO TERZO
    • SCENA III
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SCENA III
Ascanio, Scaramuré, Bonifacio

    ASCANIO - Oh, ecco messer Bonifacio mio padrone. Misser, siamo cqui con il signor eccellentissimo e dottissimo il signor Scaramuré.
    BONIFACIO - Ben venuti: avete dato ordine alla cosa? è tempo di far nulla?
    SCARAMURÉ - Come nulla? ecco cqui la imagine di cera vergine, fatta in suo nome; ecco cqui le cinque aguglie che gli devi piantar in cinque parti della persona. Questa particulare più grande che le altre, li pungerà la sinistra mammella: guarda di profondare troppo dentro, per che fareste morir la paziente.
    BONIFACIO - Me ne guardarò bene.
    SCARAMURÉ - Ecco ve la dono in mano: non fate che da ora avanti la tenga altro che voi. Voi Ascanio siate secreto; non fate che altra persona sappia questi negocii.
    BONIFACIO - Io non dubito di lui: tra noi passano negocii più secreti di questo.
    SCARAMURÉ - Sta bene. Farete dumque far il fuoco ad Ascanio di legne di pigna, o di oliva, o di lauro, si non possete farlo di tutte tre materie insieme. Poi arrete d'incenso alcunamente esorcizato o incantato, co la destra mano lo gettarete al fuoco; direte tre volte: «Aurum thus»; e cossì verrete ad incensare e fumigare la presente imagine, la qual prendendo in mano, direte tre volte: «Sine quo nihil»; oscitarete tre volte co gli occhii chiusi, e poi a poco a poco svoltando verso il caldo del fuoco la presente imagine (guarda che non si liquefaccia, per che morrebbe la paziente)...
    BONIFACIO - Me ne guardarò bene.
    SCARAMURÉ - ... la farrete tornare al medesmo lato tre volte, insieme insieme tre volte dicendo: «Zalarath Zhalaphar nectere vincula: Caphure, Mirion, Sarcha Vittoriae», come sta notato in questa cartolina. Poi mettendovi al contrario sito del fuoco verso l'occidente, svoltando la imagine con la medesma forma quale è detta, dirrete pian piano: «Felapthon disamis festino barocco daraphti. Celantes dabitis fapesmo frises omorum». Il che tutto avendo fatto e detto, lasciate ch'il fuoco si estingua da per lui; e locarrete la figura in luoco secreto, e che non sii sordido, ma onorevole et odorifero.
    BONIFACIO - Farrò cossì a punto.
    SCARAMURÉ - Sì, ma bisogna ricordarsi ch'ho spesi cinque scudi alle cose che concorreno al far della imagine.
    BONIFACIO - Oh, ecco li sborso: avete speso troppo.
    SCARAMURÉ - E bisogna ricordarvi di me.
    BONIFACIO - Eccovi questo per ora; e poi farò di vantaggio assai, si questa cosa verrà a perfeczione.
    SCARAMURÉ - Pazienza. Avertite, messer Bonifacio, che si voi non la spalmarete bene, la barca correrà malamente.
    BONIFACIO - Non intendo.
    SCARAMURÉ - Vuol dire che bisogna onger ben bene la mano: non sapete?
    BONIFACIO - In nome del diavolo: io procedo per via d'incanti, per non aver occasione di pagar troppo. Incanti e contanti...
    SCARAMURÉ - Non induggiate. Andate presto a far quel che vi è ordinato, per che Venere è circa l'ultimo grado di Pesci. Fate che non scorra mezza ora, che son trenta minuti di Ariete.
    BONIFACIO - Adio dumque. Andiamo, Ascanio. Cancaro a Venere, e...
    SCARAMURÉ - Presto; a la buon'ora: caldamente.




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