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Guido Gozzano Colloqui IntraText CT - Lettura del testo |
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10. ALLE SOGLIE
Mio cuore, monello
giocondo che ride pur anco nel pianto,
mio cuore, bambino che è tanto felice d'esistere al mondo,
pur chiuso nella tua nicchia, ti pare
sentire di fuori
sovente qualcuno che picchia, che picchia... Sono i dottori.
Mi picchiano in vario lor metro spiando
non so quali segni,
m'auscultano con li ordegni il petto davanti e di dietro.
E senton chi sa quali tarli i vecchi
saputi... A che scopo?
Sorriderei quasi, se dopo non bisognasse pagarli...
«Appena un lieve sussurro all'apice...
qui... la clavicola...»
E con la matita ridicola disegnano un circolo azzurro.
«Nutrirsi... non fare più versi...
nessuna notte più insonne...
non più sigarette... non donne... tentare bei cieli più tersi:
Nervi... Rapallo... San Remo... cacciare
la malinconia;
e se permette faremo qualche radioscopia...»
O cuore non forse che avvisi solcarti,
con grande paura,
la casa ben chiusa ed oscura, di gelidi raggi improvvisi?
Un fluido investe il torace, frugando il
men peggio e il peggiore,
trascorre, e senza dolore disegna su sfondo di brace
e l'ossa e gli organi grami, al modo che
un lampo nel fosco
disegna il profilo d'un bosco, coi minimi intrichi dei rami.
E vedon chi sa quali tarli i vecchi
saputi... A che scopo?
Sorriderei quasi, se dopo non fosse mestieri pagarli.
Mio cuore, monello giocondo che ride pur
anco nel pianto,
mio cuore, bambino che è tanto felice d'esistere al mondo,
mio cuore dubito forte - ma per te solo
m'accora -
che venga quella Signora dall'uomo detta la Morte.
(Dall'uomo: chè l'acqua la pietra l'erba
l'insetto l'aedo
le danno un nome, che, credo, esprima una cosa non tetra).
È una Signora vestita di nulla e che non
ha forma.
Protende su tutto le dita, e tutto che tocca trasforma.
Tu senti un benessere come un incubo
senza dolori;
ti svegli mutato di fuori, nel volto nel pelo nel nome.
Ti svegli dagl'incubi innocui, diverso ti
senti, lontano;
nè più ti ricordi i colloqui tenuti con guidogozzano.
Or taci nel petto corroso, mio cuore! Io
resto al supplizio,
sereno come uno sposo e placido come un novizio.