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Giovanni Pascoli
Primi poemetti

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  • 42. I DUE ORFANI
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42. I DUE ORFANI

 

    «Fratello, ti do noia ora, se parlo
«Parla: non posso prender sonno». «Io sento
rodere, appena...» «Sarà forse un tarlo...»
    «Fratello, l'hai sentito ora un lamento
lungo, nel buio?» «Sarà forse un cane...»
«C'è gente all'uscio...» «Sarà forse il vento...»
    «Odo due voci piane piane piane...»
«Forse è la pioggia che vien giù bel bello».
«Senti quei tocchi?» «Sono le campane».
    «Suonano a morto? suonano a martello
«Forse...» «Ho paura...» «Anch'io». «Credo che tuoni:
come faremo?» «Non lo so, fratello:
    stammi vicino: stiamo in pace: buoni».
    «Io parlo ancora, se tu sei contento.
Ricordi, quando per la serratura
veniva lume?» «Ed ora il lume è spento».
    «Anche a que' tempi noi s'aveva paura:
sì, ma non tanta». «Or nulla ci conforta,
e siamo soli nella notte oscura».
    «Essa era , di di quella porta;
e se n'udiva un mormorìo fugace,
di quando in quando». «Ed or la mamma è morta».
    «Ricordi? Allora non si stava in pace
tanto, tra noi...» «Noi siamo ora più buoni...»
«ora che non c'è più chi si compiace
    di noi...» «che non c'è più chi ci perdoni».




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