44. ITALY [2]
ITALY allora n'ebbe
tanta pena.
Povera Molly! E venne un vento buono
che spazzò l'aria che tornò serena.
Vieni, poor Molly! Vieni! Dove
sono
le nubi? In cielo non c'è più che poca
nebbia, una pace, un senso di perdono,
di quando il bimbo perdonato ha roca
ancor la voce; all'angolo degli occhi
c'era una stilla, e cade, mentre gioca.
Vieni, poor Molly! Porta i tuoi
balocchi.
Dove sono le nubi nere nere?
qualche lagrima sgocciola dai fiocchi
delle avellane, e brilla nel cadere.
Porta the doll, la bambola, che
viene,
povera Doll, anch'essa dal paese
lontano, ed essa ti capisce bene.
E quando tu le parli per inglese,
presso le guance pallide ti pone
le sue color di rosa d'ogni mese.
Dal suo lettino lucido, d'ottone,
levala su, che l'uggia non la vinca.
Non dorme, vedi. Vedi, dal cantone
sgrana que' suoi due fiori di pervinca.
O Moll e Doll, venite! Ora
comincia
il tempo bello. Udite un campanello
che in mezzo al cielo dondola? È la cincia.
O Moll e Doll, comincia il
tempo bello.
Udite lo squillar d'una fanfara
che corre il cielo rapida? È il fringuello.
Fringuello e cincia ognuno già prepara
per il suo nido il mustio e il ragnatelo;
e d'ora in ora primavera a gara
cantano, uno sul pero, uno sul melo.
Altre due voci ora dal monte al piano
s'incontrano: uno scampanare a festa,
con un altro più piano e più lontano.
L'una tripudia, e i mille echi ridesta
del monte, bianco ancora un po' di neve.
Di tanto in tanto ecco la voce mesta;
ecco un rintocco, appena appena un breve
colpo, che pare così lungo al cuore!
No, non vorrebbe, o gente, no; ma deve.
C'è là chi sposa, ma c'è qua chi muore.
Buoni villaggi che vivete intorno
al verde fiume, e di comune intesa
vi dite tutto ciò che fate il giorno!
Si levano. Ora vanno tutti in chiesa,
ora son tutti a desinare, ed ora
c'è in ogni casa la lucerna accesa.
Poi quando immersi ad aspettar l'aurora
sembrano tutti, ecco più su più giù,
più qua più là, le loro voci ancora.
Pensano a quelli che non sono più...
Lèvati, Molly. Gente ode parlare
la tua parlata. Sono qui. Cammina,
se vuoi vederle. Hanno passato il mare.
Fanno un brusìo nell'ora mattutina!
Ma il vecchio Lupo dorme e non abbaia.
È buona gente e fu già sua vicina.
Vengono e vanno, su e giù dall'aia
alla lor casa che da un pezzo è vuota.
Oh! la lor casa, sotto la grondaia,
non gli par brutta, ben che sia di mota!
Sweet... Sweet... Ho inteso quel
lor dolce grido
dalle tue labbra... Sweet, uscendo fuori,
e sweet sweet sweet, nel ritornare al nido.
Palpiti a volo limpidi e sonori,
gorgheggi a fermo teneri e soavi,
battere d'ali e battere di cuori!
In questa casa che tu bad
chiamavi,
black, nera, sì, dal tempo e dal lavoro,
son le lor case, là sotto le travi,
di mota sì, ma così sweet per
loro!
O rondinella nata in oltremare!
Quando vanno le rondini, e qui resta
il nido solo, oh! che dolente andare!
Non c'è più cibo qui per loro, e mesta
la terra e freddo è il cielo, tra l'affanno
dei venti e lo scrosciar della tempesta.
Non c'è più cibo. Vanno. Torneranno?
Lasciano la lor casa senza porta.
Tornano tutte al rifiorir dell'anno!
Quella che no, di' che non può; ch'è
morta.
Quando tu sei venuta, o rondinella,
t'hanno pur salutata le campane;
ti venne incontro il nonno con
l'ombrella,
ti s'è strusciato alle gambine il cane.
Pioveva; ma tu, bimba, eri coperta;
trovasti in casa il latte caldo e il pane.
Il tuo nonno ansimava su per l'erta,
la tua nonna pregava al focolare.
Brutta la casa, sì, ma era aperta,
o mia figliuola nata in oltremare!
Ha la pena da parte, oggi, e la vita
gli sente, e il capo, alla tua nonna, e il cuore;
e siede al focolare infreddolita.
Ieri si colse malva ed erbe more.
Oggi sta peggio. Ha due rosette rosse,
che non le ha fatte il fuoco che rimuore.
Molly, tu vieni e guardi. Ecco, ha
la tosse
che avevi tu. Tosse ogni tanto un po'.
Sta lì nel canto come non ci fosse.
E non tesse e non fila. Oggi non può.
Ha tessuto e filato, anche ha zappato,
anche ha vangato, anche ha portato, oh! tanto
che adesso stenta a riavere il fiato!
O dolce Molly, tu le porti accanto
Doll nel lettino lucido, e tu resti
con loro... Tanto faticato e pianto!
pianto in vedere i figli o senza vesti
o senza scarpe o senza pane! pianto
poi di nascosto, per non far più mesti
i figli che... diceano addio, col canto.
Addio, dunque! Ed anch'essa Italy,
vede,
Italy piange. Hanno un po' più fardello
che le rondini, e meno hanno di fede.
Si muove con un muglio alto il vascello.
Essi, in disparte, con lo sguardo vano,
mangiano qua e là pane e coltello.
E alcun li tende, il pane da una mano,
l'altro dall'altra, torbido ed anelo,
al patrio lido, sempre più lontano
e più celeste, fin che si fa cielo.
Cielo, e non altro, cielo alto e
profondo,
cielo deserto. O patria delle stelle!
O sola patria agli orfani del mondo!
Vanno serrando i denti e le mascelle,
serrando dentro il cuore una minaccia
ribelle, e un pianto forse più ribelle.
Offrono cheap la roba, cheap
le braccia,
indifferenti al tacito diniego;
e cheap la vita, e tutto cheap; e in faccia
no, dietro mormorare odono: DEGO!
Ma senti, Molly? Dopo pioggie e
brume
e nevi e ghiacci, con la sua gran voce
canta passando a' piè dei monti il fiume.
Passa sotto la gran Pania alla Croce
cantando, ed una lunga nube appare,
bianca di sole, al suo passar veloce.
Passa cantando: Al mare! Al mare! Al
mare!
e l'Alpe azzurra ne rimbomba in cerchio,
e il cielo azzurro vede là fumare
l'alito che si lascia addietro il
Serchio.
O fiumi, o delle rupi e dei ghiacciai
figli rubesti, che precipitate
a pazza corsa senza posar mai,
con l'eterno fragor delle cascate,
ruzzando come giovani giganti,
senza perché, per atterrir le fate
delle montagne; e trascinate infranti
boschi e tuguri, urtate le città,
struggete i campi, sempre avanti, avanti,
avanti, pieni di serenità...
Acqua perenne, ottima e pessima, ora
morte ora vita, acqua, diventa luce!
acqua, diventa fiamma! acqua, lavora!
Lavora dove l'uomo ti conduce;
e veemente come l'uragano,
vigile come femmina che cuce,
trasforma il ferro, il lino, il legno, il
grano;
manda i pesanti traini come spole
labili; rendi l'operare umano
facile e grande come quel del Sole!
La madre li vuol tutti alla sua mensa
i figli suoi. Qual madre è mai, che gli uni
sazia, ed a gli altri, a tanti, ai più, non pensa?
Siedono a lungo qua e là digiuni;
tacciono, tralasciati nel banchetto
patrio, come bastardi, ombre, nessuni:
guardano intorno, e quindi sé nel petto,
sentono su la lingua arida il sale
delle lagrime; infine, a capo eretto,
escono, poi fuggono, poi: - Sii male... -
Non maledite! Vostra madre piange
su voi, che ai salci sospendete i gravi
picconi, in riva all'Obi, al Congo, al Gange.
Ma d'ogni terra, ove è sudor di schiavi,
di sottoterra ove è stridor di denti,
dal ponte ingombro delle nere navi,
vi chiamerà l'antica madre, o genti,
in una sfolgorante alba che viene,
con un suo grande ululo ai quattro venti
fatto balzare dalle sue sirene.
Non piangere, poor Molly! Esci, fa
piano,
lascia la nonna lì sotto il lenzuolo
di tela grossa ch'ella fece a mano.
T'amava, oh! sì! Tu ne imparavi a volo
qualche parola bella che balbetti:
essa da te solo quel die, die solo!
Lascia lì Doll, lasciali accosto i
letti,
piccolo e grande. Doll è savia, e tace,
né dorme: ha gli occhi aperti e par che aspetti
che li apra l'altra, ch'ora dorme in
pace.
Prima d'andare, vieni al camposanto,
s'hai da ridire come qua si tiene.
Stridono i bombi intorno ai fior
d'acanto,
ronzano l'api intorno le verbene.
E qui tra tanto sussurrìo riposa
la nonna cara che ti volle bene.
O Molly! O Molly! prendi su
qualcosa,
prima d'andare, e portalo con te.
Non un geranio né un bocciuol di rosa,
prendi sol un NON-TI-SCORDAR-DI-ME!
«Ioe, bona cianza!...» «Ghita,
state bene!...
«Good bye». «L'avete presa la ticchetta?»
«Oh yes». «Che barco?» «Il Prinzessin Irene».
L'un dopo l'altro dava a Ioe la
stretta
lunga di mano. «Salutate il tale».
«Yes, servirò». «Come partite in fretta!»
Scendean le donne in zoccoli le scale
per veder Ghita. Sopra il suo cappello
c'era una fifa con aperte l'ale.
«Se vedete il mi' babbo... il mi'
fratello...
il mi' cognato...» «Oh yes». «Un bel passaggio
vi tocca, o Ghita. Il tempo è fermo al bello».
«Oh yes». Facea pur bello! Ogni
villaggio
ridea nel sole sopra le colline.
Sfiorian le rose da' rosai di maggio.
Sweet sweet... era un sussurro
senza fine
nel cielo azzurro. Rosea, bionda, e mesta,
Molly era in mezzo ai bimbi e alle bambine.
Il nonno, solo, in là volgea la testa
bianca. Sonava intorno mezzodì.
Chiedeano i bimbi con vocìo di festa:
«Tornerai, Molly?» Rispondeva: -
Sì! -
|