[XX]
Aveva già
perduto un anno di tempo, alle belle arti, senza che ancora fosse deciso sul
suo conto; il che doveva dipendere dai diversi pareri dei più vecchi avventori,
e da suo padre che se ne ricordava soltanto molto di rado e con rabbia. Anna
insisteva con pazienza, anche dopo l'infelice prova del disegno, persuasa
ch'egli fosse intelligente. Ma era destino che non potesse in alcun modo fargli
del bene.
Una mattina decise di portarlo
dal parroco, perché la consigliasse. Aveva già preparato il suo più bel
vestito, e voleva far lesta perché il marito non lo risapesse: ci andava quasi
di nascosto. All'improvviso, sentì chiudersi il cuore sempre più stretto; ma
non poteva gridare. Non s'accorse né meno di cadere.
Fu trovata con la testa sul
pavimento, verso l'armadio che aveva aperto; tutta stesa in avanti; come quegli
animali che hanno avuto una calcagnata sul capo; con gli occhi mezzo schiusi e
pieni ancora di vita, con il viso un poco contratto, quasi che le rincrescesse
della sua morte soltanto per gli altri, chiedendo di non esserne rimproverata;
con una preoccupazione indescrivibile e dolorosa.
Rebecca, ch'era andata a
cercarla per ravviarle i capelli, fu la prima a vederla. Ella aprì subito le
boccette che servivano quando si trattava delle convulsioni, ma Anna non
respirava più.
«Signora padrona! Padrona!».
Spaventata e tremando tutta,
corse in cucina e s'affacciò a gridare dalla finestra che rispondeva dinanzi
all'uscio della trattoria. La intese un cameriere.
«Il padrone! Che venga
subito!».
Il cameriere, credendo che
fosse un attacco di convulsioni più forte del consueto, posò il cencio che
aveva in mano e andò in cucina:
«Dov'è il padrone?»
«Non è ancora tornato: è
restato a pagare il conto dal droghiere».
«Correte subito a cercarlo! La
padrona si sente male!».
Lo sguattero, che aveva
risposto, posò il coltello con il quale puliva il pesce ammonticchiato dentro
l'acquaio e tolto allora allora dalla sporta, si asciugò le mani, ravvolse il
grembiule su al legacciolo; ed uscì. Ma non poté trovare subito Domenico, che
era andato a fare altre spese.
Quando lo vide, tornarono
ambedue quasi correndo. Per le scale, Domenico sbatté contro il medico, suo
amico e avventore, che scendeva ad aspettarlo:
«Caro Domenico... Ascoltate un
momento!».
Il trattore lo prese per le
spalle. Il medico gli allontanò le mani, fermandogli i polsi.
«Domenico, questa volta...
Quella povera donna!».
Egli gridò:
«Mi lasci! È una convulsione».
Ma si sentì gelare tutto, con
un gelo che gli veniva a ondate dalla cima delle dita e si fermava nel mezzo
del capo. Credette, lì per lì, che si trattasse di un turbamento della sua
intelligenza; ma il respiro affannoso, a lui che respirava così bene, gli
ricordò che la cosa quasi presentita era ormai venuta. Come affrontarla? Come
vedere Anna morta? Doveva proprio andarci lui?
E quando entrò nella camera, i
muri e le porte traballavano e si spalancavano da sé, credette di non vedere
niente. Poi toccò il volto già freddo e un po' rigido; e allora chiuse gli
occhi, si buttò sopra la moglie e cominciò a piangere.
I suoi gridi stessi lo facevano
tremare.
A poco a poco sentì il suo
dolore. Tutta la sua enorme violenza, ora, gli pareva cambiata in paura; gli
pareva che Poggio a' Meli fosse trascinato via lontano ed egli non aveva il
tempo di far qualche cosa; gli pareva che gli usci della sua trattoria si
chiudessero da sé e non volessero esser riaperti; e che Anna avesse tanto
sofferto per non poter parlare; e tutto crollava in lui.
Il suo dolore era così pieno
che tutti avrebbero dovuto consolarlo! Ora si pentiva di non averle voluto bene
abbastanza!
Anna s'era raffreddata a poco a
poco; e, avendole qualcuno stese le palpebre, parve insolitamente estranea per
la prima volta a tutta la gente che le era attorno.
Qualcuno la prese sotto il
mento, e la compianse:
«Chi sa che avrebbe voluto
dire! Che passione! Povera donna! Così buona!».
Pietro la vide già portata sul
letto, senza saper quel che ne dovesse pensare. Domenico gli parlò soltanto
quando qualcuno glielo rammentò. Ma senza nessun affetto; quasi con il bisogno
di sfuggirlo. E proprio in quel momento, sperò ancora di più di tenerlo con sé
per la trattoria. Continuava intanto a gridare che l'udivano anche dalla
strada.
«Sembra che stia per scendere
da letto!».
Disse Rebecca.
A un tratto Domenico le si
accostò un'altra volta, la toccò su i capelli, fece un gesto di disperazione; ed
urlò più forte. Pietro, senza provar niente, all'infuori di una vaga
inquietudine, si appoggiò ai guanciali e cercò di piangere: dentro di sé
chiedevasi se anche gli altri sentissero così poco e provò una consolazione
indefinibile quando il padre fu allontanato in modo ch'egli non vide e non udì
più il suo dolore; che gli era antipatico come le sue collere.
Rebecca gli disse:
«Povera mamma, voleva tanto
bene a te!».
A lui gliene importava poco,
anzi s'ebbe a male di queste parole; e si allontanò per distrarsi,
vergognandosi.
La mattina dell'esequie s'era
dimenticato di tutto, quando intravide dall'uscio mezzo aperto il padre che gli
si avvicinava. Ebbe, senza spiegarsi il perché, paura d'esser percosso a
sangue.
Domenico gli disse:
«Vestiti; tra poco porteranno
via la tua povera mamma».
Pietro si sforzò d'obbedire.
Piuttosto, era ora spaventato di qualche sciagura che dovesse capitare a lui!
Discese dal letto; e, fingendo
a se stesso, si vestì cercando d'imitare i gesti di dolore che aveva veduti.
In tal modo finì con il sentire
una ilarità muta, mista a terrore.
Ma, quando gli fecero baciare
la mamma, prima che la mettessero dentro la cassa, pensò: "Perché non
c'entro anch'io? Metteteci me".
Poi l'assalì uno sgomento
inaudito. "Credete che sia morta? Fingete tutti. Anche questa è una
finzione. Lo sapevo che m'avreste dato qualche dispiacere violento; e non lo
merito".
Singhiozzò, invaso da una cupa
disperazione. Perché non gli avevano detto prima ch'era morta?
Restò tra le persone che
mettevano il cadavere dentro la cassa; ma non avrebbe toccato né meno il lembo
della veste. E si meravigliò che gli altri facessero tutto come se si trattasse
di una faccenda qualsiasi, con le lacrime e con quei segni di affetto che non
sembravano mai finiti; raddrizzare la testa sopra il cuscino scelto con le
cifre ricamare, accostare i piedi insieme, accomodare sui capelli un fiore
scivolato tra una spalla e la cassa.
Egli avrebbe voluto che nessuno
fosse stato lì; e gli facevano male tutte quelle mani, che si muovevano in
fretta. Quelle mani, quelle mani!
Voleva gridare: "Portatela
via presto! Perché non l'avete portata via? Non ce la voglio più in casa".
E si meravigliò del padre, che non s'impazientiva, un poco calmato da tutte
quelle attenzioni.
Volle seguire il trasporto al
cimitero in carrozza chiusa, tirando giù nervosamente le vecchie tendine di
seta turchina per non esser visto da nessuno; mentre Domenico anche per
risparmio avrebbe voluto andare a piedi. Ma Pietro si preoccupava della gente
ferma a guardare nella strada e perfino dinanzi all'uscio di casa. Notò che si
alzavano in piedi ed allungavano il collo per veder meglio.
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