[XLI]
L'amore di
Pietro era stato per Ghìsola il ritorno della coscienza. Ella sentiva che
doveva ingannarlo, perché egli non la umiliasse. Più grande e folle era
quell'amore e più ella si trovava nella necessità di difendersi; non perché lo
desiderasse o perché volesse riabilitarsi, ma perché doveva impedire che Pietro
sapesse tutto. Voleva essere la più forte, facendosi accettare com'era; per
sentire anche lui in quella colpevolezza morale, che ella non aveva saputo
respingere.
Se dopo partorito, fosse
riescita a farsi sposare, era sicura di avere un sopravvento assoluto sul suo
carattere; era certa di fargli credere quel che voleva!
Ma, in fondo, si stimava molto
migliore e più desiderabile di quand'era soltanto una contadina sciocca e
vestita male. Si sentiva anche più intelligente e più astuta; e l'orgoglio non
le permetteva di riconoscere la delusione dolorosa che avrebbe provato Pietro.
Ella voleva approfittarsi di
lui soltanto perché era abbastanza ricco e poteva toglierla alla sua condizione
sempre malsicura. Aveva timore d'invecchiare prima d'aver trovato un vero
affetto. E perciò l'ostilità contro l'esigenza di Pietro che si fosse conservata
onesta, doventava quasi odio; quando aveva paura d'essere scoperta.
Sentiva che anche l'ingenuità
di lui era un contrasto serio; non una debolezza di cui potesse sorridere
tranquillamente. Ed ogni giorno più si sentiva mancare il terreno, perché
Pietro era sempre lo stesso; pronto con la sua adorazione ad offenderla, senza
ch'egli se n'avvedesse.
Lo considerava egoista;
giustamente da un certo punto; perché non l'avrebbe mai scusata se fosse
trapelato qualche cosa. Doveva dunque non esser contenta ch'egli l'amasse in
quel modo; ma, per rifarsi della continua umiliazione, non pensava affatto di
cambiare vita finché non ci fosse costretta. Sentiva solo una specie di
rimorso, che le faceva simpatico Pietro.
È vero, però, che non pensò mai
che avrebbe dovuto fin dal primo giorno parlargli più chiaro, finché avesse
capito!
Pensò, invece, che non l'aveva
ingannato fino al punto da dargli a intendere ch'era incinta per colpa sua!
Ma aveva anche da vendicarsi
con Domenico: far perdere così la testa al suo figliolo era un piacere maligno.
Inoltre, la pretesa di Pietro
la faceva ridere come un'insipida sciocchezza; che un giovine non avrebbe né
meno dovuto avere.
Ma che andava cercando? Perché,
dunque, amava lei e non qualche signorina di Siena, una signorina della sua
condizione?
È vero, però, ch'ella se ne
teneva per i suoi nonni e per tutti gli altri parenti. Era capace di doventare
una signora, e di vivere senza lavorare; quindi, dovevano tenerla molto in
conto. E, poi, ella non aveva fatto niente per piacere in quel modo a Pietro e
perché egli si ricordasse di lei: Domenico, dunque, doveva stare zitto. Era
piuttosto il figliolo che s'approfittava di lei, perché era stata la loro
assalariata; era lei che doveva fidarsi del suo figliolo!
E, nello stesso tempo,
ricordava molte cose del tempo ch'era stata a Poggio a' Meli. Ci s'era
affezionata; e, tornataci, le piaceva di sentire i complimenti che le
assalariate le facevano; complimenti, è vero, un poco ambigui perché le
lasciavano capire che non avevano per lei la fiducia di Pietro; e né meno
quella compiacente di Giacco e Masa.
A Radda i suoi genitori non
avevano osato dirle niente; perché ella, la prima sera, entrando in casa, disse
che sarebbe tornata via subito e che a loro non doveva importare niente delle
chiacchiere sentite sul suo conto anche perché non erano vere.
Ma gli stessi suoi genitori se
ne tenevano che fosse vestita meglio perfino della figliola del sindaco, ch'era
ricchissimo. Le sorelle ne sentivano invidia, e dentro di sé dicevano ch'era
molto più furba di loro. E siccome le volevano bene, i parenti erano i primi a
difenderla.
Borio era morto d'una
polmonite; e quel fattore suo rivale s'era fatto vecchio anzi tempo; e, a
Ghìsola, quando la vide due o tre volte, dette del lei arrossendo e levandosi
il cappello.
Anche in paese, non la
giudicarono troppo male; e, del resto, si sparse subito la voce che doveva
sposare il figliolo del padrone del Pesce Azzurro.
Tutti si ricordavano del tempo
passato, ma ci ridevano senza cattive intenzioni; trovando perfino ch'era
sempre stata una buona ragazza, benché avesse dato qualche scandalo. E, poi,
portavano rispetto ai suoi genitori piuttosto poveri.
Ma Ghìsola, dopo che l'amico di
Badia a Ripoli l'aveva lasciata, sentì una certa paura di se stessa.
I mesi di Badia a Ripoli le
tornavano a mente spesso; perché là si era divertita a esser libera e sola, e
sicura che tutte le sere il signor Alberto tornava a casa.
È vero che doveva star fuori di
Firenze, piuttosto in campagna; ma non le mancava mai niente. E a Firenze,
purché accompagnata, ci poteva andare quando avesse voluto.
Aveva la camera che dava in quel
giardino, di cui Pietro aveva avuto paura; e la stanza da pranzo su la strada,
senza che ci fossero altre case davanti.
C'era invece un muricciolo
ch'era più basso delle spighe del grano, e un cipresso che d'estate si copriva
di convolvoli. Sul muricciolo, coperto e riempito sopra a calcina sola,
nascevano le primole e quell'erba che fa i fiori gialli.
Più discosto, un rigagnolo
chiaro che luccicava, dove lavavano i panni e poi li tendevano sul prato del
campo; accanto a un cancello tra due pilastri quadrati, sopra i quali due cani
di terracotta si guardavano.
Il grano s'impolverava, e i
cenci ad asciugare volavano per aria; come gli aquiloni che i ragazzi
lasciavano venire dal Campo di Marte.
Da un balcone della cucina,
s'affacciava per chiamare la fruttivendola; e di là su ordinava quel che
voleva, perché le ceste delle frutta erano esposte proprio sotto. Un poco più
in là, c'era un pizzicagnolo che vendeva anche il vino; e quando veniva il
vento da quella parte, si sentivano gli odori della sua bottega. Nelle altre
case più vicine, ci stavano famiglie d'impiegati piuttosto ricchi, e qualche
ortolano. E siccome ella viveva per conto suo, nessuno aveva pensato a scandalizzarsi.
Ora doveva guadagnare giorno
per giorno; ma, più affondava e si corrompeva nella sua vita, e più era in
grado d'apprezzare Pietro; appunto perché si sentiva addirittura incapace di
essere almeno un'ora come voleva lui. Perciò gliene importava sempre meno; e
non aveva più quel disagio morale, che le dava fastidio i primi mesi.
Era, ormai, a quel modo; e ogni
giorno ci si rassegnava sempre di più; anche perché era inutile smettere.
Le lettere di Pietro le
facevano l'effetto ch'egli le pensasse per qualche fidanzata ingenua e buona. E
lo compativa, sorridendo.
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