[XXII]
Domenico
faceva castrare tutte le bestie di Poggio a' Meli; e gli assalariati ci si
divertivano, con un'ironia che Giacco e Masa credevano per la loro nipote:
«È bene: così non si muoveranno
da casa! E poi ingrasseranno di più».
Qualche volta ci erano dieci o
dodici galletti accapponati, mogi, che beccavano di mala voglia, con le penne
insanguinate; nella stalla, i vitelli intontiti dalla castratura, afflitti, con
gli occhi più oscuri e tetri.
Il cane disteso su l'aia, i
gatti silenziosi e immaligniti, rincantucciati sotto il carro e dietro le
fastelle, con gli occhi sempre aperti.
Ora, ad una gatta, fece
scegliere soltanto un maschio, per tenerlo alla trattoria. Il castrino lo prese
e lo mise con la testa all'ingiù dentro a un sacco stretto tra le sue
ginocchia; e con un coltellaccio tagliò di colpo. La bestia fu per restare lì
dentro, arrembata; poi, miagolando, saltò e sparì non si sa dove.
«Ecco fatto. S'è ricordato
tardi di miagolare!».
«C'è voluto poco da vero!».
E risero, ammirando.
Domenico, tenutosi alquanto
discosto, anche per esagerare il ribrezzo, disse a quell'uomo:
«Quanto devi avere?»
«Una lira. È troppo?»
«Una lira?»
«Mi dia quello che vuole. Tanto
con lei bisogna fare a modo suo».
Gli era rimasta la bocca storta
dopo un attacco di paralisi; e i suoi occhi cisposi lagrimavano sempre.
«Ti dò mezza lira; e verrai a
mangiare un piatto di spaghetti alla trattoria».
E gli contò i soldi.
L'uomo li tenne un momento nel
palmo della mano, quasi pesandoli; poi, facendo una smorfia di scontento
malizioso, se li cacciò in tasca dopo aver guardato che non fosse rotta.
«Almeno che gli spaghetti siano
abbondanti!».
E girati gli occhi attorno agli
assalariati, che si erano riuniti per far colazione, toccò il ventre di
Domenico; dicendo:
«Ecco come ingrassano i
ricchi!».
Ma gli assalariati fecero finta
di non udire; e Carlo si mise una mano su le labbra. Pietro chiese:
«Dove sarà andato il gatto?
Vuoi che vada a vedere?»
«Lascialo fare, quando avrà
fame tornerà».
«Non morirà mica?» domandò al
castrino.
«È impossibile: si lecca la
ferita finché non è rimarginata. Per medicarsi sono più bravi di noi!».
E parlarono delle altre
castrature, specie di quella di Toppa; che abbassava la coda tra le gambe e
ringhiava quando gli altri cani gli si avvicinavano. Tutti s'erano voltati
verso la bestia, che s'allontanò come se avesse capito. Ma tornò subito a
dietro, perché gli assalariati mangiavano, chiacchierando dai loro usci aperti
l'uno di fronte all'altro sul piazzale; mentre le donne terminavano le faccende
di casa.
«Attingimi una brocca d'acqua,
Adele!» disse Carlo avanzandosi da dove era.
Ella obbedì; e lasciò la brocca
sul pozzo mentre la molla della catena oscillava ancora.
Le avevano tenuti gli occhi
addosso; e poi, ad uno per volta, bevvero e intinsero le loro fette di pane
duro.
Muovendosi per il piazzale, si
scambiavano le opinioni relative ai loro lavori campestri; attenti quando il
padrone, andato a vedere le vacche, tornasse.
Pietro stava in mezzo a loro,
divertendosi a vederli masticare: qualcuno, per non sprecare le briciole,
arrovesciava indietro la testa; e si metteva in bocca il pane con il palmo
della mano.
Carlo era un uomo grasso e
robusto, quantunque l'inverno soffrisse di doglie alle gambe. La sua camicia di
lino grosso era sempre la più pulita. Ma puzzava di concio; e il fiato gli
sapeva d'aglio e di cipolle, di cui era ghiottissimo: ad ogni morso, guardava i
segni dei denti nel pane.
Il castrino, stimandolo da più
degli altri, prima d'andarsene, gli mostrò tutti i soldi riscossi:
«Li vedi? Son come noi uomini:
chi è fatto in un modo e chi in un altro. Questo è stato battuto con il
martello, e appena si conosce com'è. Quest'altro è piegato, come se uno è
zoppo; quest'altro lo volevano bucare, come se tu dài una coltellata a qualcuno
o la dànno a te; e questo è consumato tanto che pesa metà: è un povero come me;
e me lo beverò per il primo, perché non mi ci faccia pensare. A rivederci».
Sputò e bestemmiò.
Carlo a pena gli rispose. Poi
disse, quando non poteva più essere udito da lui:
«Voleva far colazione con il
mio pane. Ma non gli è riuscito».
E guardò verso la sua casa,
dov'era la madia ancora aperta.
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