La testimonianza dei Vangeli
17. E la contemplazione del volto di
Cristo non può che ispirarsi a quanto di Lui ci dice la Sacra Scrittura, che è,
da capo a fondo, attraversata dal suo mistero, oscuramente additato nell'Antico
Testamento, pienamente rivelato nel Nuovo, al punto che san Girolamo sentenzia
con vigore: « L'ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo stesso
».8 Restando ancorati alla Scrittura, ci apriamo
all'azione dello Spirito (cfr Gv 15,26), che è all'origine di quegli
scritti, e insieme alla testimonianza degli Apostoli (cfr ibid.,
27), che hanno fatto esperienza viva di Cristo, il Verbo della vita, lo hanno
visto con i loro occhi, udito con le loro orecchie, toccato con le loro mani
(cfr 1 Gv 1,1).
Quella che ci giunge per loro tramite è una visione di
fede, suffragata da una precisa testimonianza storica: una testimonianza
veritiera, che i Vangeli, pur nella loro complessa redazione e con
un'intenzionalità primariamente catechetica, ci consegnano in modo pienamente
attendibile. 9
18. I Vangeli in realtà non pretendono
di essere una biografia completa di Gesù secondo i canoni della moderna scienza
storica. Da essi tuttavia il volto del Nazareno emerge con sicuro fondamento
storico, giacché gli Evangelisti si preoccuparono di delinearlo
raccogliendo testimonianze affidabili (cfr Lc 1,3) e lavorando su
documenti sottoposti al vigile discernimento ecclesiale. Fu sulla base di
queste testimonianze della prima ora che essi, sotto l'azione illuminante dello
Spirito Santo, appresero il dato umanamente sconcertante della nascita
verginale di Gesù da Maria, sposa di Giuseppe. Da chi lo aveva conosciuto
durante i circa trent'anni da lui trascorsi a Nazareth (cfr Lc 3,23),
raccolsero i dati sulla sua vita di « figlio del carpentiere » (Mt 13,55)
e « carpentiere » egli stesso, ben collocato nel quadro della sua parentela
(cfr Mc 6,3). Ne registrarono la religiosità, che lo spingeva a recarsi
con i suoi in pellegrinaggio annuale al tempio di Gerusalemme (cfr Lc 2,41)
e soprattutto lo rendeva abituale frequentatore della sinagoga della sua città
(cfr Lc 4,16).
Le notizie si fanno poi più ampie, pur senza essere un
resoconto organico e dettagliato, per il periodo del ministero pubblico, a
partire dal momento in cui il giovane Galileo si fa battezzare da Giovanni
Battista al Giordano, e forte della testimonianza dall'alto, con la
consapevolezza di essere il « figlio prediletto » (Lc 3,22), inizia la
sua predicazione dell'avvento del Regno di Dio, illustrandone le esigenze e la
potenza attraverso parole e segni di grazia e misericordia. I Vangeli ce lo
presentano così in cammino per città e villaggi, accompagnato da dodici
Apostoli da lui scelti (cfr Mc 3,13‑19), da un gruppo di donne che
li assistono (cfr Lc 8,2‑3), da folle che lo cercano o lo seguono,
da malati che ne invocano la potenza guaritrice, da interlocutori che ne
ascoltano, con vario profitto, le parole.
La narrazione dei Vangeli converge poi nel mostrare la
crescente tensione che si verifica tra Gesù e i gruppi emergenti della società
religiosa del suo tempo, fino alla crisi finale, che ha il suo drammatico
epilogo sul Golgotha. E l'ora delle tenebre, a cui segue una nuova, radiosa e
definitiva aurora. I racconti evangelici si chiudono infatti mostrando il
Nazareno vittorioso sulla morte, ne additano la tomba vuota e lo seguono nel
ciclo delle apparizioni, nelle quali i discepoli, prima perplessi e attoniti,
poi colmi di indicibile gioia, lo sperimentano vivente e radioso, e da lui
ricevono il dono dello Spirito (cfr Gv 20,22) e il mandato di annunciare
il Vangelo a « tutte le nazioni » (Mt 28,19).
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