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Ioannes Paulus PP. II
Ecclesia in Oceania

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Missione e cultura

7. Sin dal XVI secolo, quando i missionari provenienti da fuori giunsero per la prima volta in Oceania, gli isolani udirono e accolsero il Vangelo di Gesù Cristo. Fra quanti iniziarono e proseguirono il compito missionario vi furono Santi e Martiri, che non sono soltanto la gloria maggiore del passato della Chiesa in Oceania, ma anche la sorgente più sicura di speranza per il futuro. Eminenti fra questi testimoni della fede sono san Pietro Chanel, martirizzato nel 1841 nell'isola di Futuna; i beati Diego Luis de san Vitores e Pedro Calungsod, uccisi insieme nel 1672 a Guam; il beato Giovanni Mazzucconi, martirizzato nel 1851 nell'isola di Woodlark; e il beato Pietro To Rot, ucciso nella Nuova Britannia nel 1945, verso la fine della Seconda Guerra mondiale. Assieme a molti altri, questi eroi della fede cristiana hanno contribuito, ciascuno nel modo suo proprio, ad «impiantare» la Chiesa nelle isole dell'Oceania. La loro memoria non sia mai dimenticata! Non cessino mai di intercedere per gli amati popoli per i quali hanno versato il proprio sangue!

Quando i missionari recarono per la prima volta il Vangelo agli Aborigeni o ai Maori, o alle isole-Stato, trovarono popoli che già possedevano un antico e profondo senso del sacro. Le pratiche e i riti religiosi erano parte integrante della vita quotidiana e permeavano totalmente le loro culture. I missionari portarono la verità del Vangelo che non è estranea a nessuno; ma talvolta alcuni cercarono di imporre elementi che erano culturalmente alieni a quei popoli. Ora vi è la necessità di un accurato discernimento per vedere ciò che appartiene al Vangelo e ciò che non gli appartiene, ciò che è essenziale e ciò che lo è meno. Un simile compito, occorre dirlo, è stato reso ancor più difficile a causa del processo di colonizzazione e di modernizzazione, che ha offuscato il confine fra ciò che è indigeno e ciò che è importato.

I popoli tradizionali dell'Oceania formano un mosaico di molte culture diverse: aborigena, melanesiana, polinesiana e micronesiana. Sin dai tempi della colonizzazione, anche la cultura occidentale ha modellato la regione. In anni recenti pure le culture dell'Asia sono divenute parte della scena culturale, particolarmente in Australia. Ciascun gruppo culturale, differente per grandezza e per forza, ha le proprie tradizioni e la propria esperienza di integrazione in una nuova terra. Essi vanno da società con forti caratteristiche tradizionali e comunitarie, a società di stampo principalmente occidentale e moderno. In Nuova Zelanda, e ancor più in Australia, le politiche di immigrazione coloniali e post-coloniali hanno reso gli indigeni una minoranza nella propria terra e un gruppo culturale espropriato in molti modi.

Una delle più ragguardevoli caratteristiche dei popoli dell'Oceania è il loro forte senso comunitario e solidale in famiglia e nella tribù, nel villaggio o nel vicinato. Questo significa che le decisioni vengono raggiunte mediante consenso ottenuto attraverso un processo di dialogo spesso lungo e complesso. Toccato dalla grazia di Dio, il naturale senso comunitario di questi popoli li ha resi recettivi nei confronti del mistero della communio offerta in Cristo. La Chiesa in Oceania dimostra un reale spirito di cooperazione, che si estende alle varie comunità cristiane e a tutte le persone di buona volontà. Anche il profondo rispetto per la tradizione e per l'autorità è parte delle culture tradizionali dell'Oceania. Da qui il senso di solidarietà della generazione attuale con quanti vennero prima di essa, e l'autorità eccezionale data ai genitori e ai leader tradizionali.

La varietà culturale dell'Oceania non è immune dal processo mondiale di modernizzazione, che ha effetti sia positivi che negativi. Certo, i tempi moderni hanno dato un profilo nuovo e più alto ai valori umani positivi, come ad esempio il rispetto dei diritti inalienabili della persona, l'introduzione di procedure democratiche nell'amministrazione e nel governo, il rifiuto della povertà strutturale come condizione che non si può cambiare, il rigetto del terrorismo, della tortura e della violenza quali mezzi per cambiamenti politici, il diritto all'educazione, alle cure sanitarie e all'abitazione per tutti. Tali valori, spesso radicati nel cristianesimo - anche se non in modo esplicito - stanno esercitando un'influenza positiva in Oceania, e la Chiesa non può non far tutto quanto è in suo potere per incoraggiare tale processo.

Tuttavia la modernizzazione ha pure effetti negativi nella regione, dove le società tradizionali stanno combattendo per mantenere la propria identità quando vengono a contatto con le società occidentali secolarizzate e urbanizzate, come pure con la crescente influenza culturale degli immigrati asiatici. I Vescovi hanno parlato, ad esempio, di una graduale diminuzione del senso religioso naturale che ha disorientato la vita e la coscienza morale delle persone. Una larga parte dell'Oceania, in particolare l'Australia e la Nuova Zelanda, è entrata in un'epoca segnata da una secolarizzazione crescente. Nella vita civile la religione, e specialmente il cristianesimo, è spostata ai margini e tende ad essere vista come un fatto strettamente privato dell'individuo, con poca rilevanza nella vita pubblica. Alle convinzioni religiose e ai dati della fede è talvolta negato il legittimo ruolo di formare le coscienze delle persone. Allo stesso modo, la Chiesa e altri organismi religiosi hanno una voce ridotta negli affari pubblici. Nel mondo contemporaneo una tecnologia più avanzata, una maggiore conoscenza della natura e dei comportamenti umani, e gli sviluppi politici ed economici in tutto il globo pongono domande nuove e difficili ai popoli dell'Oceania. Nel presentare Gesù Cristo come la Via, la Verità e la Vita, la Chiesa deve rispondere in modi nuovi ed efficaci a tali interrogativi morali e sociali, senza permettere in alcuna maniera che la sua voce sia ridotta al silenzio o la sua testimonianza venga marginalizzata.

 




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