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Ioannes Paulus PP. II Reconciliatio et paenitentia IntraText CT - Lettura del testo |
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4. Pertanto, ogni istituzione o organizzazione, volta a servire l'uomo e interessata a salvarlo nelle sue dimensioni fondamentali, deve rivolgere uno sguardo penetrante alla riconciliazione, per approfondirne il significato e la piena portata e trarne le necessarie conseguenze operative.
A questo sguardo non poteva rinunciare la Chiesa di Gesù Cristo. Con dedizione di madre e intelligenza di maestra, essa si applica, premurosa e attenta, a raccogliere dalla società, con i segni della divisione, anche quelli non meno eloquenti e significativi della ricerca di una riconciliazione. Essa, infatti, sa che specialmente a lei è stata data la possibilità e assegnata la missione di far conoscere il senso vero, profondamente religioso, e le dimensioni integrali della riconciliazione, contribuendo, già solo per questo, a chiarire i termini essenziali della questione dell'unità e della pace.
I miei predecessori non hanno cessato di predicare la riconciliazione, di invitare ad essa l'intera umanità, nonché ogni ceto e ogni porzione della comunità umana che vedevano lacerata e divisa. E io stesso, per un impulso interiore che obbediva a un tempo - ne son certo - all'ispirazione dall'alto e agli appelli dell'umanità, in due modi diversi, ambedue solenni e impegnativi, ho voluto mettere a fuoco il tema della riconciliazione: in primo luogo, convocando la VI Assemblea generale del Sinodo dei vescovi; in secondo luogo, facendo della riconciliazione il centro dell'anno giubilare, indetto per celebrare il 1950 anniversario della redenzione. Dovendo assegnare un tema al Sinodo, mi sono trovato pienamente consenziente con quello suggerito da numerosi miei fratelli nell'episcopato, cioè quello, tanto fecondo, della riconciliazione in stretto collegamento con quello della penitenza.
Il termine e il concetto stesso di penitenza sono assai complessi. Se la colleghiamo alla metanoia, a cui si riferiscono i sinottici, allora la penitenza significa l'intimo cambiamento del cuore sotto l'influsso della parola di Dio e nella prospettiva del Regno. Ma penitenza vuol dire anche cambiare la vita in coerenza col cambiamento del cuore, e in questo senso il fare penitenza si completa col fare degni frutti di penitenza: è tutta l'esistenza che diventa penitenziale, tesa cioè a un continuo cammino verso il meglio. Fare penitenza, però, è qualcosa di autentico ed efficace soltanto se si traduce in atti e gesti di penitenza. In questo senso, penitenza significa, nel vocabolario cristiano teologico e spirituale, l'ascesi, vale a dire lo sforzo concreto e quotidiano dell'uomo, sorretto dalla grazia di Dio, per perdere la propria vita per Cristo, quale unico modo di guadagnarla; per spogliarsi del vecchio uomo e rivestirsi del nuovo; per superare in se stesso ciò che è carnale, affinché prevalga ciò che è spirituale; per innalzarsi continuamente dalle cose di quaggiù a quelle di lassù, dove è Cristo. La penitenza, pertanto, è la conversione che passa dal cuore alle opere e, quindi, all'intera vita del cristiano.
In ciascuno di questi significati la penitenza è strettamente congiunta alla riconciliazione, poiché il riconciliarsi con Dio, con se stessi e con gli altri suppone che si sconfigga la rottura radicale, che è il peccato; il che si realizza soltanto attraverso la trasformazione interiore o conversione, che fruttifica nella vita mediante gli atti di penitenza.
Il documento-base del Sinodo (chiamato anche «Lineamenta»), preparato all'unico scopo di presentare il tema accentuandone alcuni aspetti fondamentali, ha consentito alle comunità ecclesiali, ovunque esistenti nel mondo, di riflettere per quasi due anni su questi aspetti di una questione - quella della conversione e della riconciliazione - che interessa tutti, e di trarne, altresì, un rinnovato slancio per la vita e l'apostolato cristiano. La riflessione si è ulteriormente approfondita, in preparazione più immediata ai lavori sinodali, grazie all'«Instrumentum laboris», inviato tempestivamente ai vescovi e ai loro collaboratori. Infine, per un mese intero, i padri sinodali, assistiti da quanti furono chiamati all'assise propriamente detta, hanno trattato con grande senso di responsabilità il tema stesso e le questioni, numerose e svariate, ad esso connesse. Dal dibattito, dallo studio comune, dall'assidua e accurata ricerca è scaturito un ampio e prezioso tesoro, che le «Propositiones» finali riassumono nella sua sostanza.
Lo sguardo del Sinodo non ignora gli atti di riconciliazione (alcuni dei quali passano quasi inosservati nella loro quotidianità), che pur in varia misura servono a risolvere le tante tensioni, a superare i tanti conflitti e a vincere le piccole e grandi divisioni, rifacendo l'unità. Ma la preoccupazione principale del Sinodo era quella di trovare, nel profondo di questi atti sparsi, la radice nascosta, una riconciliazione, per così dire, «fontale», operante nel cuore e nella coscienza dell'uomo.
Il carisma e, nel contempo, l'originalità della Chiesa, per quanto riguarda la riconciliazione, a qualunque livello sia da effettuare, risiedono nel fatto che essa risale sempre a quella riconciliazione fontale. In forza, infatti, della sua missione essenziale, la Chiesa sente il dovere di giungere fino alle radici della lacerazione primigenia del peccato, per operarvi il risanamento e ristabilirvi, per così dire, una riconciliazione anch'essa primigenia, che sia principio efficace di ogni vera riconciliazione. Questo la Chiesa ha avuto in vista e ha proposto mediante il Sinodo.
Di questa riconciliazione parla la Sacra Scrittura, invitandoci a fare per essa tutti gli sforzi (2Cor 5,20); ma dice, altresì, che essa è, anzitutto, un dono misericordioso di Dio all'uomo (Rm 5,11). La storia della salvezza - quella dell'intera umanità, come quella di ciascun uomo, in qualsiasi tempo - è la storia mirabile di una riconciliazione: quella per cui Dio, che è Padre, nel sangue e nella croce del suo Figlio fatto uomo ha riconciliato con sé il mondo, facendo nascere così una nuova famiglia di riconciliati.
La riconciliazione si fa necessaria, perché c'è stata la rottura del peccato, dalla quale sono derivate tutte le altre forme di rottura nell'intimo dell'uomo e intorno a lui. La riconciliazione, dunque, per essere piena, esige necessariamente la liberazione dal peccato, rifiutato nelle sue più profonde radici. Perciò, uno stretto legame interno unisce conversione e riconciliazione: è impossibile disgiungere le due realtà, o parlare dell'una tacendo dell'altra.
Al tempo stesso, il Sinodo ha parlato della riconciliazione di tutta la famiglia umana e della conversione del cuore di ogni persona, del suo ritorno a Dio, volendo riconoscere e proclamare che l'unione degli uomini non può darsi senza un cambiamento interno di ciascuno. La conversione personale è la via necessaria alla concordia fra le persone («Gaudium et Spes»,10). Quando la Chiesa proclama la lieta novella della riconciliazione, o propone di realizzarla attraverso i sacramenti, esercita un vero ruolo profetico, denunciando i mali dell'uomo nella loro sorgente contaminata, indicando la radice delle divisioni e infondendo la speranza di poter superare le tensioni e i conflitti per giungere alla fratellanza, alla concordia e alla pace a tutti i livelli e in tutti i ceti dell'umana società. Essa cambia una condizione storica di odio e di violenza in una civiltà di amore. Essa offre a tutti il principio evangelico e sacramentale di quella riconciliazione «fontale», dalla quale scaturisce ogni altro gesto o atto di riconciliazione, anche a livello sociale.
Di tale riconciliazione, frutto della conversione, tratta la presente esortazione. Infatti, come era accaduto al termine delle tre precedenti assemblee del Sinodo, gli stessi padri hanno voluto anche questa volta consegnare al vescovo di Roma, pastore universale della Chiesa e capo del collegio episcopale, nella sua qualità di presidente del Sinodo, le conclusioni del loro lavoro. Ho accettato, come un grave e grato dovere del mio ministero, il compito di attingere all'ingente dovizia del Sinodo per offrire al popolo di Dio, quale frutto del Sinodo stesso, un messaggio dottrinale e pastorale sul tema della penitenza e riconciliazione. Tratterò, pertanto, nella prima parte, della Chiesa nel compimento della sua missione riconciliatrice, nell'opera di conversione dei cuori per il rinnovato abbraccio fra l'uomo e Dio, fra l'uomo e il suo fratello, fra l'uomo e tutto il creato. Nella seconda parte sarà indicata la causa radicale di ogni lacerazione o divisione fra gli uomini e, prima di tutto, nei confronti di Dio: il peccato. Infine, segnalerò quei mezzi che consentono alla Chiesa di promuovere e di suscitare la piena riconciliazione degli uomini con Dio e, di conseguenza, degli uomini fra di loro.
Il documento, che ora consegno ai figli della Chiesa, ma anche a tutti coloro che, credenti o no, ad essa guardano con interesse e animo sincero, vuol essere una doverosa risposta a quanto il Sinodo mi ha chiesto. Ma è anche - tengo a dichiararlo per soddisfare un debito di verità e di giustizia - opera del medesimo Sinodo. Il contenuto di queste pagine, infatti, proviene da esso: dalla sua lontana o prossima preparazione, dall'«Instrumentum laboris», dagli interventi nell'aula sinodale e nei «circuli minores» e, soprattutto, dalle sessantatré «Propositiones». Si trova qui il frutto del lavoro congiunto dei padri, tra i quali non mancavano i rappresentanti delle Chiese orientali, il cui patrimonio teologico, spirituale e liturgico è così ricco e venerando anche in ordine alla materia che qui ci interessa. Inoltre, il consiglio della segreteria del Sinodo ha valutato in due importanti sedute i risultati e gli orientamenti dell'assise sinodale appena conclusa, ha messo in evidenza la dinamica delle suddette «Propositiones» e ha tracciato, poi, le linee ritenute più idonee per la stesura del presente documento. Sono grato a tutti coloro che hanno compiuto questo lavoro, mentre, fedele alla mia missione, voglio qui trasmettere ciò che, nel tesoro dottrinale e pastorale del Sinodo, mi appare provvidenziale per la vita di tanti uomini in quest'ora magnifica e difficile della storia.
Giova farlo - e risulta quanto mai significativo - mentre è ancor vivo il ricordo dell'anno santo, interamente vissuto nel segno della penitenza, conversione e riconciliazione. Che questa mia esortazione, affidata ai fratelli nell'episcopato e ai loro collaboratori presbiteri e diaconi, ai religiosi e religiose, a tutti i fedeli, agli uomini e alle donne di retta coscienza, possa essere non soltanto uno strumento di purificazione, di arricchimento e approfondimento della propria fede personale, ma anche un lievito capace di far crescere nel cuore del mondo la pace e la fratellanza, la speranza e la gioia, valori che scaturiscono dal Vangelo accolto, meditato e vissuto giorno per giorno sull'esempio di Maria, madre del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale piacque a Dio riconciliare a sé tutte le cose.