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Ioannes Paulus PP. II Vita consecrata IntraText CT - Lettura del testo |
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II – Signum Fraternitatis: la vita consacrata segno di comunione nella Chiesa
I. Valori permanenti (§41-§49)
41. Il Signore Gesù nella sua vita terrena chiamò quelli che Egli volle, per tenerli accanto a sé e formarli a vivere sul suo esempio per il Padre e per la missione da Lui ricevuta (cfr Mc 3, 13-15). Egli inaugurava così quella nuova famiglia della quale avrebbero fatto parte nel corso dei secoli quanti sarebbero stati pronti a "compiere la volontà di Dio" (cfr Mc 3, 32-35). Dopo l'Ascensione, per effetto del dono dello Spirito, si costituì intorno agli Apostoli una comunità fraterna raccolta nella lode di Dio e in una concreta esperienza di comunione (cfr At 2, 42-47; 4, 32-35). La vita di tale comunità e, più ancora, l'esperienza di piena condivisione con Cristo vissuta dai Dodici, sono state costantemente 'il modello a cui la Chiesa si è ispirata', quando ha voluto rivivere il fervore delle origini e riprendere con rinnovato vigore evangelico il suo cammino nella storia 86.
In realtà, 'la Chiesa è essenzialmente mistero di comunione', "popolo adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" 87. La vita fraterna intende rispecchiare la profondità e la ricchezza di tale mistero, configurandosi come spazio umano abitato dalla Trinità, che estende così nella storia i doni della comunione propri delle tre Persone divine. Molti sono, nella vita ecclesiale gli ambiti e le modalità in cui s'esprime la comunione fraterna. La vita consacrata ha sicuramente il merito di aver efficacemente contribuito a tener viva nella Chiesa l'esigenza della fraternità come confessione della Trinità. Con la costante promozione dell'amore fraterno anche nella forma della vita comune, essa ha rivelato che 'la partecipazione alla comunione trinitaria può cambiare i rapporti umani', creando un nuovo tipo di solidarietà. In questo modo essa addita agli uomini sia la bellezza della comunione fraterna, sia le vie che ad essa concretamente conducono. Le persone consacrate, infatti, vivono "per" Dio e "di" Dio, e proprio per questo possono confessare la potenza dell'azione riconciliatrice della grazia, che abbatte i dinamismi disgregatori presenti nel cuore dell'uomo e nei rapporti sociali.
42. La vita fraterna, intesa come vita condivisa nell'amore, è segno eloquente della comunione ecclesiale. Essa viene coltivata con particolare cura dagli Istituti religiosi e dalle Società di vita apostolica, ove acquista speciale significato la vita in comunità 88. Ma la dimensione della comunione fraterna non è estranea né agli Istituti Secolari né alle stesse forme individuali di vita consacrata. Gli eremiti, nella profondità della loro solitudine, non solo non si sottraggono alla comunione ecclesiale, ma la servono con il loro specifico carisma contemplativo; le vergini consacrate nel secolo attuano la loro consacrazione in uno speciale rapporto di comunione con la Chiesa particolare e universale. Similmente le vedove e i vedovi consacrati.
Tutte queste persone, in attuazione del discepolato evangelico, si impegnano a vivere il "comandamento nuovo" del Signore, amandosi gli uni gli altri come Egli ci ha amati (cfr Gv 13, 34). L'amore ha portato Cristo al dono di sé fino al sacrificio supremo della Croce. Anche tra i suoi discepoli 'non c'è unità vera senza questo amore reciproco incondizionato', che esige disponibilità al servizio senza risparmio di energie, prontezza ad accogliere l'altro così com'è senza "giudicarlo" (cfr Mt 7, 1-2), capacità di perdonare anche "settanta volte sette" (Mt 18, 22). Per le persone consacrate, rese "un cuore solo e un'anima sola" (At 4, 32) da questo amore riversato nei cuori dallo Spirito Santo (cfr Rm 5, 5), diventa un'esigenza interiore 'porre tutto in comune': beni materiali ed esperienze spirituali, talenti e ispirazioni, così come ideali apostolici e servizio caritativo: "Nella vita comunitaria l'energia dello Spirito che è in uno passa contemporaneamente a tutti. Qui non solo si fruisce del proprio dono, ma lo si moltiplica nel farne parte ad altri e si gode del frutto del dono altrui come del proprio" 89.
Nella vita di comunità, poi, deve farsi in qualche modo tangibile che la comunione fraterna, prima d'essere strumento per una determinata missione, è 'spazio teologale' in cui si può sperimentare la mistica presenza del Signore risorto (cfr Mt 18, 20) 90. Questo avviene grazie all'amore reciproco di quanti compongono la comunità, un amore alimentato dalla Parola e dall'Eucaristia, purificato nel Sacramento della Riconciliazione, sostenuto dall'implorazione dell'unità, speciale dono dello Spirito per coloro che si pongono in obbediente ascolto del Vangelo. È proprio Lui, lo Spirito, ad introdurre l'anima alla comunione col Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo (cfr 1 Gv 1, 3), comunione nella quale è la sorgente della vita fraterna. Dallo Spirito le comunità di vita consacrata sono guidate nell'adempimento della loro missione di servizio alla Chiesa e all'intera umanità, secondo la propria ispirazione originaria.
In questa prospettiva, particolare importanza rivestono i "Capitoli" (o riunioni analoghe), sia particolari che generali, nelle quali ogni Istituto è chiamato ad eleggere i Superiori o le Superiore secondo le norme stabilite dalle proprie Costituzioni, e a discernere, alla luce dello Spirito, le modalità adeguate per custodire e rendere attuale, nelle diverse situazioni storiche e culturali, il proprio carisma ed il proprio patrimonio spirituale 91.
43. Nella vita consacrata 'la funzione dei Superiori e delle Superiore', anche locali, ha sempre avuto una grande importanza sia per la vita spirituale che per la missione. In questi anni di ricerche e di mutamenti si è talvolta sentita la necessità di una revisione di questo ufficio. Ma occorre riconoscere che chi esercita l'autorità 'non può abdicare al suo compito' di primo responsabile della comunità, quale guida dei fratelli e delle sorelle nel cammino spirituale e apostolico.
Non è facile, in ambienti fortemente segnati dall'individualismo, far riconoscere ed accogliere la funzione che l'autorità svolge a vantaggio di tutti. Si deve, però, riaffermare l'importanza di questo compito, che si rivela necessario proprio per consolidare la comunione fraterna e non vanificare l'obbedienza professata. Se l'autorità deve essere prima di tutto fraterna e spirituale e se, di conseguenza, chi ne è rivestito deve saper coinvolgere mediante il dialogo i confratelli e le consorelle nel processo decisionale, conviene tuttavia ricordare che 'tocca all'autorità l'ultima parola', e ad essa compete poi di far rispettare le decisioni prese 92.
Il ruolo delle persone anziane
44. La cura degli anziani e degli ammalati ha una parte rilevante nella vita fraterna, specie in un momento come questo, in cui in alcune regioni del mondo aumenta il numero delle persone consacrate che sono ormai avanti negli anni. L'attenzione premurosa che esse meritano non risponde solo a un preciso dovere di carità e di riconoscenza, ma è anche espressione della consapevolezza che la loro testimonianza giova molto alla Chiesa e agli Istituti e che la loro missione resta valida e meritoria, anche quando per motivi di età o di infermità hanno dovuto abbandonare la loro attività specifica. 'Essi hanno certamente molto da dare' in saggezza ed esperienza alla comunità, se questa sa stare loro vicino con attenzione e capacità di ascolto.
In realtà la missione apostolica, prima che negazione, consiste nella testimonianza della propria dedizione piena alla volontà salvifica del Signore, una dedizione che si alimenta alle fonti dell'orazione e della penitenza. Molti sono, pertanto, i modi in cui gli anziani sono chiamati a vivere la loro vocazione: la preghiera assidua, la paziente accettazione della propria condizione, la disponibilità per il servizio di direttore spirituale, di confessore, di guida nella preghiera 93.
Ad immagine della comunità apostolica
45. La vita fraterna svolge un ruolo fondamentale nel cammino spirituale delle persone consacrate, sia per il loro costante rinnovamento che per il pieno compimento della loro missione nel mondo: lo si deduce dalle motivazioni teologiche che ne stanno alla base, e se ne ha ampia conferma dalla stessa esperienza. Esorto pertanto i consacrati e le consacrate a coltivarla con impegno, seguendo l'esempio dei primi cristiani di Gerusalemme, che erano assidui nell'ascolto dell'insegnamento degli Apostoli, nella preghiera comune, nella partecipazione all'Eucaristia, nella condivisione dei beni di natura e di grazia (cfr At 2, 42-47). Esorto soprattutto i religiosi, le religiose e i membri delle Società di vita apostolica a vivere senza riserve l'amore vicendevole, esprimendolo nelle modalità consone alla natura di ciascun Istituto, perché ogni comunità si manifesti come segno luminoso della nuova Gerusalemme, "dimora di Dio con gli uomini" (Ap 21, 3).
La Chiesa tutta, infatti, conta molto sulla testimonianza di comunità ricche "di gioia e di Spirito Santo" (At 13, 52). Essa desidera additare al mondo l'esempio di comunità nelle quali l'attenzione reciproca aiuta a superare la solitudine, la comunicazione spinge tutti a sentirsi corresponsabili, il perdono rimargina le ferite, rafforzando in ciascuno il proposito della comunione. In comunità di questo tipo, la natura del carisma dirige le energie, sostiene la fedeltà ed orienta il lavoro apostolico di tutti verso l'unica missione. Per presentare all'umanità di oggi il suo vero volto, la Chiesa ha urgente bisogno di simili comunità fraterne, le quali con la loro stessa esistenza costituiscono un contributo alla nuova evangelizzazione, poiché mostrano in modo concreto i frutti del "comandamento nuovo".
46. Un grande compito è affidato alla vita consacrata anche alla luce della dottrina sulla Chiesa-comunione, con tanto vigore proposta dal Concilio Vaticano II. Alle persone consacrate si chiede di essere davvero esperte di comunione e di praticarne la spiritualità 94, come "testimoni e artefici di quel "progetto di comunione" che, sta al vertice della storia dell'uomo secondo Dio" 95. Il senso della comunione ecclesiale, sviluppandosi 'in spiritualità di comunione', promuove un modo di pensare, parlare ed agire che fa crescere in profondità e in estensione la Chiesa. La vita di comunione, infatti, "diventa un 'segno per' il mondo e una forza attrattiva che conduce a credere in Cristo [...]. In tal modo la comunione si apre alla 'missione', si fa essa stessa missione", anzi "'la comunione genera comunione' e si configura essenzialmente come 'comunione missionaria'" 96.
Nei fondatori e nelle fondatrici 'appare sempre vivo il senso della Chiesa', che si manifesta nella loro partecipazione piena alla vita ecclesiale in tutte le sue dimensioni e nella pronta obbedienza ai Pastori, specialmente al Romano Pontefice. In questo orizzonte di amore verso la Santa Chiesa, "colonna e sostegno della verità" (1 Tm 3, 15), ben si comprendono la devozione di Francesco d'Assisi per "il Signor Papa " 97, l'intraprendenza filiale di Caterina da Siena verso colui che ella chiama "dolce Cristo in terra" 98, l'obbedienza apostolica e 'il sentire cum Ecclesia' 99 di Ignazio di Loyola, la gioiosa professione di fede di Teresa di Gesù: "Sono figlia della Chiesa" 100. Si comprende anche l'anelito di Teresa di Lisieux: "Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l'amore" 101. Simili testimonianze sono rappresentative della piena comunione ecclesiale che santi e sante, fondatori e fondatrici, hanno condiviso in epoche e circostanze fra loro diverse e spesso molto difficili. Sono esempi ai quali le persone consacrate devono fare costante riferimento, per resistere alle spinte centrifughe e disgregatrici, oggi particolarmente attive.
Un aspetto qualificante di questa comunione ecclesiale è l'adesione di mente e di cuore al magistero dei Vescovi, che va vissuta con lealtà e testimoniata con chiarezza davanti al Popolo di Dio da parte di tutte le persone consacrate, particolarmente da quelle impegnate nella ricerca teologica e nell'insegnamento, nelle pubblicazioni, nella catechesi, nell'uso dei mezzi di comunicazione sociale 102. Poiché le persone consacrate occupano un posto speciale nella Chiesa, il loro atteggiamento a questo proposito ha grande rilievo per l'intero Popolo di Dio. Dalla loro testimonianza di amore filiale trae forza ed incisività la loro azione apostolica che, nel quadro della missione profetica di tutti i battezzati, si qualifica in genere per compiti di speciale collaborazione con l'ordine gerarchico 103. In questo modo, con la ricchezza dei loro carismi essi danno uno specifico contributo, perché la Chiesa realizzi sempre più profondamente la sua natura di sacramento "dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" 104.
La fraternità nella Chiesa universale
47. Le persone consacrate sono chiamate ad essere fermento di comunione missionaria nella Chiesa universale per il fatto stesso che i molteplici carismi dei rispettivi Istituti sono donati dallo Spirito Santo in vista del bene dell'intero Corpo mistico, alla cui edificazione essi devono servire (cfr 1Cor 12, 4-11). Significativamente "la via migliore" (1 Cor 12, 3-1), la realtà "di tutte più grande" (1Cor 13, 13), secondo la parola dell'Apostolo, è la carità, che armonizza tutte le diversità e a tutti infonde la forza del mutuo sostegno nello slancio apostolico. Proprio a questo tende 'il peculiare vincolo di comunione', che le varie forme di vita consacrata e le Società di vita apostolica 'hanno con il Successore di Pietro nel suo ministero di unità e di universalità missionaria'. La storia della spiritualità illustra ampiamente questo vincolo, mostrandone la provvidenziale funzione a garanzia sia dell'identità propria della vita consacrata che dell'espansione missionaria del Vangelo. La vigorosa diffusione dell'annuncio evangelico, come pure il saldo radicamento della Chiesa in tante regioni del mondo e la primavera cristiana che oggi si registra nelle giovani Chiese, sarebbero impensabili - come i Padri sinodali hanno osservato - senza contributo di tanti Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica. Essi hanno mantenuto salda lungo i secoli la comunione con i Successori di Pietro, i quali hanno trovato in loro prontezza generosa nel dedicarsi alla missione con una disponibilità che, all'occorrenza, ha saputo spingersi fino all'eroismo.
Emerge così 'il carattere di universalità e di comunione', che è proprio degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica. Per la connotazione sovradiocesana radicata nel loro speciale rapporto col ministero petrino, essi sono anche al servizio della collaborazione fra le diverse Chiese particolari 105, tra le quali possono efficacemente promuovere lo "scambio di doni", contribuendo ad una inculturazione del Vangelo che purifichi, valorizzi ed assuma le ricchezze delle culture di tutti i popoli 106. Anche oggi la fioritura nelle giovani Chiese di vocazioni alla vita consacrata manifesta la capacità che questa possiede di esprimere nell'unità cattolica le istanze dei vari popoli e culture.
La vita consacrata e la Chiesa particolare
48. Un ruolo significativo spetta alle persone consacrate anche 'all'interno delle Chiese particolari'. È questo un aspetto che, partendo dalla dottrina conciliare sulla Chiesa come comunione e mistero e sulle Chiese particolari come porzione del Popolo di Dio nelle quali "è veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo una, santa, cattolica e apostolica" 107, è stato approfondito e codificato in vari documenti successivi. Alla luce di questi testi appare in tutta evidenza il fondamentale rilievo che la collaborazione delle persone consacrate con i Vescovi riveste per l'armonioso sviluppo della pastorale diocesana. Molto possono contribuire i carismi della vita consacrata all'edificazione della carità nella Chiesa particolare.
Le varie forme in cui vengono vissuti i consigli evangelici, infatti, sono espressione e frutto di doni spirituali ricevuti da fondatori e fondatrici e, come tali, costituiscono una "'esperienza dello Spirito', trasmessa ai propri discepoli per essere da questi vissuta, custodita, approfondita e costantemente sviluppata in sintonia con il Corpo di Cristo in perenne crescita" 108. L'indole propria di ciascun Istituto comporta uno stile particolare di santificazione e di apostolato, che tende a consolidarsi in una determinata tradizione, caratterizzata da elementi oggettivi 109. Per questo la Chiesa ha cura che gli Istituti crescano e si sviluppino secondo lo spirito dei fondatori e delle fondatrici e le loro sane tradizioni 110.
Di conseguenza, è riconosciuta ai singoli Istituti una 'giusta autonomia', grazie alla quale essi possono valersi di una propria disciplina e conservare integro il loro patrimonio spirituale ed apostolico. È compito degli Ordinari dei luoghi conservare e tutelare tale autonomia 111. Pertanto ai Vescovi è chiesto di accogliere e stimare i carismi della vita consacrata, dando loro spazio nei progetti della pastorale diocesana. Una particolare premura devono avere per gli Istituti di diritto diocesano, che sono affidati alla cura speciale del Vescovo del luogo. Una diocesi che restasse senza vita consacrata, oltre a perdere tanti doni spirituali, appropriati luoghi di ricerca di Dio, specifiche attività apostoliche e metodologie pastorali, rischierebbe di trovarsi grandemente indebolita in quello spirito missionario che è proprio della maggioranza degli Istituti 112. È pertanto doveroso corrispondere al dono della vita consacrata, che lo Spirito suscita nella Chiesa particolare, accogliendolo generosamente con rendimento di grazie.
Una feconda e ordinata comunione ecclesiale
49. Il Vescovo è padre e pastore dell'intera Chiesa particolare. A lui compete di riconoscere e rispettare i singoli carismi, di promuoverli e coordinarli. Nella sua carità pastorale accoglierà pertanto il carisma della vita consacrata come grazia che non riguarda soltanto un Istituto, ma rifluisce a vantaggio di tutta la Chiesa. Cercherà così di sostenere ed aiutare le persone consacrate, affinché, in comunione con la Chiesa, si aprano a prospettive spirituali e pastorali corrispondenti alle esigenze del nostro tempo, in fedeltà all'ispirazione fondazionale. Da parte loro, le persone di vita consacrata non mancheranno di offrire generosamente la loro collaborazione alla Chiesa particolare secondo le proprie forze e nel rispetto del proprio carisma, 'operando in piena comunione col Vescovo' nell'ambito della evangelizzazione, della catechesi, della vita delle parrocchie.
Giova ricordare che, nel coordinare il servizio alla Chiesa universale con quello alla Chiesa particolare, gli Istituti non possono invocare la legittima autonomia e la stessa esenzione, di cui molti di loro godono 113, per giustificare scelte che di fatto contrastano con le esigenze di organica comunione poste da una sana vita ecclesiale. Occorre invece che le iniziative pastorali delle persone consacrate siano decise ed attuate sulla base di un dialogo cordiale e aperto tra Vescovi e Superiori dei vari Istituti. La speciale attenzione da parte dei Vescovi alla vocazione e missione degli Istituti e il rispetto, da parte di questi, del ministero dei Vescovi, con la pronta accoglienza delle loro concrete indicazioni pastorali per la vita diocesana, rappresentano due forme intimamente connesse di quell'unica carità ecclesiale che impegna tutti al servizio della comunione organica - carismatica e insieme gerarchicamente strutturata - dell'intero Popolo di Dio.