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Ioannes Paulus PP. II
Christifideles laici

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La parrocchia

 

26. La comunione ecclesiale, pur avendo sempre una dimensione universale, trova la sua espressione più immediata e visibile nella parrocchia: essa è l'ultima localizzazione della Chiesa, è in un certo senso la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie90.

È necessario che tutti riscopriamo, nella fede, il vero volto della parrocchia, ossia il «mistero» stesso della Chiesa presente e operante in essa: anche se a volte povera di persone e di mezzi, anche se altre volte dispersa su territori quanto mai vasti o quasi introvabile all'interno di popolosi e caotici quartieri moderni, la parrocchia non è principalmente una struttura, un territorio, un edificio; è piuttosto «la famiglia di Dio, come una fraternità animata dallo spirito d'unità»91, è «una casa di famiglia, fraterna ed accogliente»92, è la «comunità di fedeli»93. In definitiva, la parrocchia è fondata su di una realtà teologica, perché essa è una comunità eucaristica94. Ciò significa che essa è una comunità idonea a celebrare l'Eucaristia, nella quale stanno la radice viva del suo edificarsi e il vincolo sacramentale del suo essere in piena comunione con tutta la Chiesa. Tale idoneità si radica nel fatto che la parrocchia è una comunità di fede e una comunità organica, ossia costituita dai ministri ordinati e dagli altri cristiani, nella quale il parroco _ che rappresenta il Vescovo diocesano95 _ è il vincolo gerarchico con tutta la Chiesa particolare.

È certamente immane il compito della Chiesa ai nostri giorni e ad assolverlo non può certo bastare la parrocchia da sola. Per questo il Codice di Diritto Canonico prevede forme di collaborazione tra parrocchie nell'ambito del territorio96 e raccomanda al Vescovo la cura di tutte le categorie di fedeli, anche di quelle che non sono raggiunte dalla cura pastorale ordinaria97. Infatti, molti luoghi e forme di presenza e di azione sono necessari per recare la parola e la grazia del Vangelo nelle svariate condizioni di vita degli uomini d'oggi, e molte altre funzioni di irradiazione religiosa e d'apostolato d'ambiente, nel campo culturale, sociale, educativo, professionale, ecc., non possono avere come centro o punto di partenza la parrocchia. Eppure anche oggi la parrocchia vive una nuova e promettente stagione. Come diceva Paolo VI, all'inizio del suo pontificato, rivolgendosi al Clero romano: «Crediamo semplicemente che questa antica e venerata struttura della parrocchia ha una missione indispensabile e di grande attualità; ad essa spetta creare la prima comunità del popolo cristiano; ad essa iniziare e raccogliere il popolo nella normale espressione della vita liturgica; ad essa conservare e ravvivare la fede nella gente d'oggi; ad essa fornirle la scuola della dottrina salvatrice di Cristo; ad essa praticare nel sentimento e nell'opera l'umile carità delle opere buone e fraterne»98.

I Padri sinodali, dal canto loro, hanno attentamente considerato l'attuale situazione di molte parrocchie, sollecitando un loro più deciso rinnovamento : «Molte parrocchie, sia in regioni urbanizzate sia in territorio missionario, non possono funzionare con pienezza effettiva per la mancanza di mezzi materiali o di uomini ordinati, o anche per l'eccessiva estensione geografica e per la speciale condizione di alcuni cristiani (come, per esempio, gli esuli e gli emigranti). Perché tutte queste parrocchie siano veramente comunità cristiane, le autorità locali devono favorire: a) l'adattamento delle strutture parrocchiali con la flessibilità ampia concessa dal Diritto Canonico, soprattutto promuovendo la partecipazione dei laici alle responsabilità pastorali; b) le piccole comunità ecclesiali di base, dette anche comunità vive, dove i fedeli possano comunicarsi a vicenda la Parola di Dio ed esprimersi nel servizio e nell'amore; queste comunità sono vere espressioni della comunione ecclesiale e centri di evangelizzazione, in comunione con i loro Pastori»99. Per il rinnovamento delle parrocchie e per meglio assicurare la loro efficacia operativa si devono favorire forme anche istituzionali di cooperazione tra le diverse parrocchie di un medesimo territorio.

 




90. Leggiamo nel Concilio: «Poiché nella sua Chiesa il Vescovo non può presiedere personalmente sempre e ovunque l’intero suo gregge, deve necessariamente costituire delle assemblee di fedeli, tra cui hanno un posto preminente le parrocchie costituite localmente sotto la guida di un pastore che fa le veci del Vescovo: esse infatti rappresentano in certo modo la Chiesa visibile stabilita su tutta la terra» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 42).



91. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. su la Chiesa Lumen gentium, 28.



92. Giovanni Paolo II, Esort. Ap. Catechesi Tradendae, 67: AAS 71 (1979), 1333.



93. C. I. C., can. 515 § 1.



94. Cf Propositio 10.



95. Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 42.



96. Cf C. I. C., can 555 § 1, 1.



97. Cf C. I. C., Can. 383 § 1.



98. Paolo VI, Discorso al Clero romano (24 giugno 1963): AAS 55 (1963), 674.



99. Propositio 11.






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