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Ioannes Paulus PP. II Redemptionis donum IntraText CT - Lettura del testo |
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«Se vuoi essere perfetto...»
4. Questa via si chiama anche la via della perfezione. Conversando col giovane, Cristo dice: «Se vuoi essere perfetto...», sicché il concetto di «via della perfezione» possiede la sua motivazione nella stessa fonte evangelica. Non sentiamo, del resto, nel discorso della montagna: «Siate voi dunque perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48)? La chiamata dell'uomo alla perfezione è stata, in qualche modo, percepita da pensatori e moralisti del mondo antico e anche successivamente, nelle diverse epoche della storia. La chiamata biblica, però, possiede un suo profilo del tutto originale: essa è particolarmente esigente, quando addita all'uomo la perfezione a somiglianza di Dio stesso. Proprio in tale forma la chiamata corrisponde a tutta la logica interna della Rivelazione, secondo la quale l'uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio stesso. Egli deve, quindi, cercare la perfezione che gli è propria nella linea di questa immagine e somiglianza. Scriverà san Paolo nella lettera agli Efesini: «Fatevi imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore» (Ef 5,12).
Pertanto, la chiamata alla perfezione appartiene all'essenza stessa della vocazione cristiana. In base a questa chiamata bisogna intendere anche le parole che Cristo indirizza al giovane del Vangelo. Esse sono legate in modo particolare al mistero della redenzione dell'uomo nel mondo. Questa, infatti, restituisce a Dio l'opera della creazione contaminata dal peccato, indicando la perfezione che l'intera creazione e, in particolare, l'uomo possiedono nel pensiero e nell'intento di Dio stesso. Specialmente l'uomo deve essere donato e restituito a Dio, se deve essere pienamente restituito a se stesso. Da ciò l'eterna chiamata: «Ritorna a me, poiché io ti ho redento» (Is 44,22). Le parole di Cristo: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri...» ci introducono senza dubbio nell'ambito del consiglio evangelico della povertà, che appartiene all'essenza stessa della vocazione e della professione religiosa.
Al tempo stesso, queste parole possono essere intese in modo più ampio e, in un certo senso, essenziale. Il Maestro di Nazaret invita il suo interlocutore a rinunciare a un programma di vita, nel quale emerge in primo piano la categoria del possesso, quella dell'«avere», e ad accettare, invece, al suo posto un programma incentrato sul valore della persona umana: sull'«essere» personale con tutta la trascendenza che gli è propria.
Una tale comprensione delle parole di Cristo costituisce quasi un più ampio sfondo per l'ideale della povertà evangelica, specialmente di quella povertà che, come consiglio evangelico, appartiene al contenuto essenziale delle vostre mistiche nozze con lo Sposo divino nella Chiesa. Leggendo le parole di Cristo alla luce del principio della superiorità dell'«essere» sull'«avere», specialmente se quest'ultimo è inteso in senso materialistico e utilitaristico, tocchiamo quasi le stesse basi antropologiche della vocazione nel Vangelo. Sullo sfondo dello sviluppo della civiltà contemporanea, questa è una scoperta particolarmente attuale. E per questo diventa attuale la stessa vocazione «alla via della perfezione», così come l'ha tracciata Cristo. Se nell'ambito dell'odierna civiltà, specialmente nel contesto del mondo del benessere consumistico, l'uomo risente dolorosamente l'essenziale deficienza di «essere» personale, che proviene alla sua umanità dall'abbondanza del multiforme «avere», allora egli diventa più disposto ad accogliere questa verità sulla vocazione, qual è stata pronunciata una volta per sempre nel Vangelo. Sì, la chiamata che voi, cari fratelli e sorelle, accogliete entrando nella via della professione religiosa, tocca le radici stesse dell'umanità, le radici del destino dell'uomo nel mondo temporale. L'evangelico «stato di perfezione» non vi distacca da queste radici. Al contrario, esso vi permette di ancorarvi più fortemente in ciò per cui l'uomo è uomo, permeando questa umanità, in diversi modi appesantita dal peccato, col fermento divino-umano del mistero della redenzione.