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Ioannes Paulus PP. II Vita consecrata IntraText CT - Lettura del testo |
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II. Tra pasqua e compimento
Dal Tabor al Calvario
23. L'evento sfolgorante della Trasfigurazione prepara quello tragico, ma non meno glorioso, del Calvario. Pietro, Giacomo e Giovanni contemplano il Signore Gesù insieme a Mosè ed Elia, con i quali - secondo l'evangelista Luca - Gesù parla "della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme" (9, 3 1). Gli occhi degli apostoli dunque sono fissi su Gesù che pensa alla Croce (cfr Lc 9, 43-45). Lì il suo amore verginale per il Padre e per tutti gli uomini raggiungerà la sua massima espressione; la sua povertà arriverà allo spogliamento di tutto; la sua obbedienza fino al dono della vita.
I discepoli e le discepole sono invitati a contemplare Gesù esaltato sulla Croce, dalla quale "il Verbo uscito dal silenzio" 39, nel suo silenzio e nella sua solitudine, afferma profeticamente l'assoluta trascendenza di Dio su tutti i beni creati, vince nella sua carne il nostro peccato e attira a sé ogni uomo e ogni donna, donando a ciascuno la nuova vita della risurrezione (cfr Gv 12, 32; 19, 34.37). Nella contemplazione di Cristo crocifisso trovano ispirazione tutte le vocazioni; da essa traggono origine, con il dono fondamentale dello Spirito, tutti i doni e in particolare il dono della vita consacrata.
Dopo Maria, Madre di Gesù, questo dono riceve Giovanni, il discepolo che Gesù amava, il testimone che insieme a Maria si trovava ai piedi della Croce (cfr Gv 19, 26-27). La sua decisione di consacrazione totale è frutto dell'amore divino che lo avvolge, lo sostiene, gli riempie il cuore. Giovanni, accanto a Maria, è tra i primi della lunga schiera di uomini e donne, che dagli inizi della Chiesa fino alla fine, toccati dall'amore di Dio, si sentono chiamati a seguire l'Agnello immolato e vivente, dovunque Egli vada (cfr Ap 14, 1-5) 40.
Dimensione pasquale della vita consacrata
24. La persona consacrata, nelle varie forme di vita suscitate dallo Spirito lungo il corso della storia, fa esperienza della verità di Dio-Amore in modo tanto più immediato e profondo quanto più si pone sotto la Croce di Cristo. Colui che nella sua morte appare agli occhi umani sfigurato e senza bellezza tanto da indurre gli astanti a coprirsi il volto (cfr Is 53, 2-3), proprio sulla Croce manifesta pienamente la bellezza e la potenza dell'amore di Dio. Sant'Agostino lo canta così: "Bello è Dio, Verbo presso Dio [...]. È bello in cielo, bello in terra; bello nel seno, bello nelle braccia dei genitori, bello nei miracoli, bello nei supplizi; bello nell'invitare alla vita e bello nel non curarsi della morte; bello nell'abbandonare la vita e bello nel riprenderla; bello nella Croce, bello nel sepolcro, bello nel cielo. Ascoltate il cantico con intelligenza, e la debolezza della carne non distolga i vostri occhi dallo splendore della sua bellezza" 41.
La vita consacrata rispecchia questo splendore dell'amore, perché confessa, con la sua fedeltà al mistero della Croce, di credere e di vivere dell'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. In questo modo essa contribuisce a tener viva nella Chiesa la coscienza che 'la Croce è la sovrabbondanza dell'amore di Dio che trabocca su questo mondo', è il grande segno della presenza salvifica di Cristo. E ciò specialmente nelle difficoltà e nelle prove. È quanto viene testimoniato continuamente e con coraggio degno di profonda ammirazione da un gran numero di persone consacrate, che vivono spesso in situazioni difficili, persino di persecuzione e di martirio. La loro fedeltà all'unico Amore si mostra e si tempra nell'umiltà di una vita nascosta, nell'accettazione delle sofferenze per completare ciò che nella propria carne "manca ai patimenti di Cristo" (Col 1, 24), nel sacrificio silenzioso, nell'abbandono alla santa volontà di Dio, nella serena fedeltà anche di fronte al declino delle forze e della propria autorevolezza. Dalla fedeltà a Dio scaturisce pure la dedizione al prossimo, che le persone consacrate vivono non senza sacrificio nella costante intercessione per le necessità dei fratelli, nel generoso servizio ai poveri e agli ammalati, nella condivisione delle difficoltà altrui, nella sollecita partecipazione alle preoccupazioni e alle prove della Chiesa.
Testimoni di Cristo nel mondo
25. Dal mistero pasquale sgorga anche la 'missionarietà', che è dimensione qualificante l'intera vita ecclesiale. Essa ha una sua specifica realizzazione nella vita consacrata. Infatti, anche al di là dei carismi propri di quegli Istituti che sono dediti alla missione 'ad gentes' o s'impegnano in attività di tipo propriamente apostolico, si può dire che 'la missionarietà è insista nel cuore stesso di ogni forma di vita consacrata'. Nella misura in cui il consacrato vive una vita unicamente dedita al Padre (cfr Lc 2, 49; Gv 4, 34), afferrata da Cristo (cfr Gv 15, 16; Gal 1, 15-16), animata dallo Spirito (cfr Lc 24, 49; At 1, 8; 2, 4), egli coopera efficacemente alla missione del Signore Gesù (cfr Gv 20, 21), contribuendo in modo particolarmente profondo al rinnovamento del mondo.
Il primo compito missionario le persone consacrate lo hanno verso se stesse, e lo adempiono aprendo il proprio cuore all'azione dello Spirito di Cristo. La loro testimonianza aiuta la Chiesa intera a ricordare che al primo posto sta il servizio gratuito di Dio, reso possibile dalla grazia di Cristo, comunicata al credente mediante il dono dello Spirito. Al mondo viene così annunciata la pace che discende dal Padre, la dedizione che è testimoniata dal Figlio, la gioia che è frutto dello Spirito Santo.
Le persone consacrate saranno missionarie innanzitutto approfondendo continuamente la coscienza di essere state chiamate e scelte da Dio, al quale devono perciò rivolgere tutta la loro vita ed offrire tutto ciò che sono e che hanno, liberandosi dagli impedimenti che potrebbero ritardare la totalità della risposta d'amore. In questo modo potranno diventare 'un vero segno di Cristo nel mondo'. Anche il loro stile di vita deve far trasparire l'ideale che professano, proponendosi come segno vivente di Dio e come eloquente, anche se spesso silenziosa, predicazione del Vangelo.
Sempre, ma specialmente nella cultura contemporanea, spesso così secolarizzata e tuttavia sensibile al linguaggio dei segni, la Chiesa deve preoccuparsi di 'rendere visibile la sua presenza nella vita quotidiana'. Un contributo significativo in tal senso essa ha diritto di attendersi dalle persone consacrate, chiamate a rendere in ogni situazione una concreta testimonianza della loro appartenenza a Cristo.
Poiché l'abito è segno di consacrazione, di povertà e di appartenenza ad una certa famiglia religiosa, insieme con i Padri del Sinodo raccomando vivamente ai religiosi e alle religiose di indossare il proprio abito, opportunamente adattato alle circostanze dei tempi e dei luoghi 42. Dove valide esigenze apostoliche lo richiedano, essi, in conformità alle norme del proprio Istituto, potranno anche portare un vestito semplice e decoroso, con un simbolo idoneo, in modo che sia riconoscibile la loro consacrazione.
Gli Istituti, che dall'origine o per disposizione delle loro costituzioni non prevedono un abito proprio, abbiano cura che l'abbigliamento dei loro membri risponda, per dignità e semplicità, alla natura della loro vocazione 43.
Dimensione escatologica della vita consacrata
26. Poiché oggi le preoccupazioni apostoliche appaiono sempre più urgenti e l'impegno nelle cose di questo mondo rischia di essere sempre più assorbente, è particolarmente opportuno richiamare l'attenzione sulla 'natura escatologica della vita consacrata'.
"Là dove è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore" (Mt 6, 21): il tesoro unico del Regno suscita il desiderio, l'attesa, l'impegno e la testimonianza. Nella Chiesa primitiva l'attesa della venuta del Signore era vissuta in modo particolarmente intenso. Questo atteggiamento di speranza la Chiesa non ha, tuttavia, cessato di coltivare col passare dei secoli: essa ha continuato ad invitare i fedeli a guardare verso la salvezza pronta ormai per essere rivelata, "perché passa la scena di questo mondo" (1 Cor 7, 31; cfr 1 Pt 1, 3-6) 44.
È in questo orizzonte che meglio si comprende 'il ruolo di segno escatologico' proprio della vita consacrata. In effetti, è costante la dottrina che la presenta come anticipazione del Regno futuro. Il Concilio Vaticano II ripropone questo insegnamento quando afferma che la consacrazione "meglio preannunzia la futura risurrezione e la gloria del Regno celeste" 45. Questo fa innanzitutto la 'scelta verginale', sempre intesa dalla tradizione come 'un'anticipazione del mondo definitivo', che già fin da ora opera e trasforma l'uomo nella sua interezza.
Le persone che hanno dedicato la loro vita a Cristo non possono non vivere nel desiderio di incontrarlo per essere finalmente e per sempre con Lui. Di qui l'ardente attesa, di qui il desiderio di "immergersi nel Focolare d'amore che brucia in esse e che altri non è che lo Spirito Santo" 46, attesa e desiderio sostenuti dai doni che il Signore liberamente concede a coloro che aspirano alle cose di lassù (cfr Col 3, 1).
Fissa nelle cose del Signore, la persona consacrata ricorda che "non abbiamo quaggiù una città stabile" (Eb 13, 14), perché "la nostra patria è nei cieli" (Fil 3, 20). Sola cosa necessaria è cercare "il Regno di Dio e la sua giustizia" (Mt 6, 33), invocando incessantemente la venuta del Signore.
Un'attesa operosa: impegno e vigilanza
27. "Vieni Signore Gesù" (Ap 22, 20). Questa attesa è 'tutt'altro che inerte': pur rivolgendosi al Regno futuro, essa si traduce in lavoro e missione, perché il Regno si renda già presente ora attraverso l'instaurazione dello spirito delle Beatitudini, capace di suscitare anche nella società umana istanze efficaci di giustizia, di pace, di solidarietà e di perdono.
Questo è dimostrato ampiamente dalla storia della vita consacrata, che sempre ha prodotto frutti abbondanti anche per il mondo. Con i loro carismi le persone consacrate diventano un segno dello Spirito in ordine ad un futuro nuovo, illuminato dalla fede e dalla speranza cristiana. 'La tensione escatologica si converte in missione', affinché il Regno si affermi in modo crescente qui ed ora. Alla supplica: "Vieni, Signore Gesù!", si unisce l'altra invocazione: "Venga il tuo Regno" (Mt 6, 10).
Chi attende vigile il compimento delle promesse di Cristo è in grado di infondere speranza anche ai suoi fratelli e sorelle, spesso sfiduciati e pessimisti riguardo al futuro. La sua è una speranza fondata sulla promessa di Dio contenuta nella Parola rivelata: la storia degli uomini cammina verso il nuovo cielo e la nuova terra (cfr Ap 2 1, 1), in cui il Signore "tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate" (Ap 21, 4).
La vita consacrata è al servizio di questa definitiva irradiazione della gloria divina, quando ogni carne vedrà la salvezza di Dio (cfr Lc 3, 6; Is 40, 5). L'Oriente cristiano sottolinea questa dimensione quando considera i monaci come 'angeli di Dio sulla terra', che annunciano il rinnovamento del mondo in Cristo. In Occidente il monachesimo è celebrazione di memoria e vigilia: 'memoria' delle meraviglie operate da Dio, 'vigilia' del compimento ultimo della speranza. Il messaggio del monachesimo e della vita contemplativa ripete incessantemente che il primato di Dio è per l'esistenza umana pienezza di significato e di gioia, perché l'uomo è fatto per Dio ed è inquieto finché in Lui non trova pace 47.
La Vergine Maria, modello di consacrazione e di sequela
28. Maria è colei che, fin dalla sua concezione immacolata, più perfettamente riflette la divina bellezza. "Tutta bella " è il titolo con cui la Chiesa la invoca. "Il rapporto con Maria Santissima, che ogni fedele ha in conseguenza della sua unione con Cristo, risulta ancora più accentuato nella vita delle persone consacrate. [...] In tutti (gli Istituti di vita consacrata) vi è la convinzione che la presenza di Maria abbia un'importanza fondamentale sia per la vita spirituale di ogni singola anima consacrata, sia per la consistenza, l'unità, il progresso di tutta la comunità" 48.
Maria, in effetti, è 'esempio sublime di perfetta consacrazione', nella piena appartenenza e totale dedizione a Dio. Scelta dal Signore, il quale ha voluto compiere in Lei il mistero dell'Incarnazione, ricorda ai consacrati 'il primato dell'iniziativa di Dio'. Al tempo stesso, avendo dato il suo assenso alla divina Parola, che si è fatta carne in Lei, Maria si pone come 'modello dell'accoglienza della grazia' da parte della creatura umana.
Vicina a Cristo, insieme con Giuseppe, nella vita nascosta di Nazaret, presente accanto al Figlio in momenti cruciali della sua vita pubblica, la Vergine è maestra di sequela incondizionata e di assiduo servizio. In Lei, "tempio dello Spirito Santo" 49, rifulge così tutto lo splendore della nuova creatura. La vita consacrata guarda a Lei come a modello sublime di consacrazione al Padre, di unione col Figlio e di docilità allo Spirito, nella consapevolezza che aderire "al genere di vita verginale e povera" 50 di Cristo significa far proprio anche il genere di vita di Maria.
Nella Vergine la persona consacrata incontra, inoltre, una 'Madre a titolo del tutto speciale'. Infatti, se la nuova maternità conferita a Maria sul Calvario è un dono fatto a tutti i cristiani, essa ha un valore specifico per chi ha consacrato pienamente la propria vita a Cristo. "Ecco la tua madre!" (Gv 19, 27): le parole di Gesù al "discepolo che egli amava" (Gv 19, 26) assumono particolare profondità nella vita della persona consacrata. Essa è chiamata, infatti, con Giovanni a prendere con sé Maria Santissima (cfr Gv 19, 27), amandola e imitandola con la radicalità propria della sua vocazione e sperimentandone, di rimando, una speciale tenerezza materna. La Vergine le comunica quell'amore che le consente di offrire ogni giorno la vita per Cristo, cooperando con Lui alla salvezza del mondo. Per questo il rapporto filiale con Maria costituisce la via privilegiata per la fedeltà alla vocazione ricevuta e un aiuto efficacissimo per progredire in essa e viverla in pienezza 51.