«Che giova, fratelli
miei se uno dice di avere la fede ma non ha le opere?» ( [link] Gc 2,
14): servire il Vangelo della vita
87. In
forza della partecipazione alla missione regale di Cristo, il sostegno e la
promozione della vita umana devono attuarsi mediante il servizio della
carità, che si esprime nella testimonianza personale, nelle diverse forme
di volontariato, nell'animazione sociale e nell'impegno politico. È, questa,
un'esigenza particolarmente pressante nell'ora presente, nella quale la
«cultura della morte» così fortemente si contrappone alla «cultura della vita»
e spesso sembra avere il sopravvento. Ancor prima, però, è un'esigenza che
nasce dalla «fede che opera per mezzo della carità» ( [link] Gal 5,
6), come ci ammonisce la Lettera di Giacomo: «Che giova, fratelli
miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede
può salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del
cibo quotidiano e uno di voi dice loro: "Andatevene in pace, riscaldatevi
e saziatevi", ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? Così
anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa» ( [link] 2, 14-17).
Nel servizio della carità
c'è un atteggiamento che ci deve animare e contraddistinguere: dobbiamo
prenderci cura dell'altro in quanto persona affidata da Dio alla nostra
responsabilità. Come discepoli di Gesù, siamo chiamati a farci prossimi di ogni
uomo (cf. [link] Lc 10,
29-37), riservando una speciale preferenza a chi è più povero, solo e
bisognoso. Proprio attraverso l'aiuto all'affamato, all'assetato, al
forestiero, all'ignudo, al malato, al carcerato — come pure al bambino non
ancora nato, all'anziano sofferente o vicino alla morte — ci è dato di servire
Gesù, come Egli stesso ha dichiarato: «Ogni volta che avete fatto queste cose a
uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» ( [link] Mt 25, 40). Per
questo, non possiamo non sentirci interpellati e giudicati dalla pagina sempre
attuale di san Giovanni Crisostomo: «Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non
trascurarlo quando si trova nudo. Non rendergli onore qui nel tempio con stoffe
di seta, per poi trascurarlo fuori, dove patisce freddo e nudità».113
Il servizio della carità
nei riguardi della vita deve essere profondamente unitario: non può
tollerare unilateralismi e discriminazioni, perché la vita umana è sacra e
inviolabile in ogni sua fase e situazione; essa è un bene indivisibile. Si
tratta dunque di «prendersi cura» di tutta la vita e della vita di tutti. Anzi,
ancora più profondamente, si tratta di andare fino alle radici stesse della
vita e dell'amore.
Proprio partendo da un amore
profondo per ogni uomo e donna, si è sviluppata lungo i secoli una straordinaria
storia di carità, che ha introdotto nella vita ecclesiale e civile numerose
strutture di servizio alla vita, che suscitano l'ammirazione di ogni osservatore
non prevenuto. È una storia che, con rinnovato senso di responsabilità, ogni
comunità cristiana deve continuare a scrivere con una molteplice azione
pastorale e sociale. In tal senso si devono mettere in atto forme discrete ed
efficaci di accompagnamento della vita nascente, con una speciale
vicinanza a quelle mamme che, anche senza il sostegno del padre, non temono di
mettere al mondo il loro bambino e di educarlo. Analoga cura deve essere
riservata alla vita nella marginalità o nella sofferenza, specie nelle sue fasi
finali.
88. Tutto
questo comporta una paziente e coraggiosa opera educativa che solleciti
tutti e ciascuno a farsi carico dei pesi degli altri (cf. [link] Gal 6, 2); richiede
una continua promozione di vocazioni al servizio, in particolare tra i
giovani; implica la realizzazione di progetti e iniziative concrete,
stabili ed evangelicamente ispirate.
Molteplici sono gli strumenti
da valorizzare con competenza e serietà di impegno. Alle sorgenti della
vita, i centri per i metodi naturali di regolazione della fertilità vanno
promossi come un valido aiuto per la paternità e maternità responsabili, nella
quale ogni persona, a cominciare dal figlio, è riconosciuta e rispettata per se
stessa e ogni scelta è animata e guidata dal criterio del dono sincero di sé.
Anche i consultori matrimoniali e familiari, mediante la loro specifica
azione di consulenza e di prevenzione, svolta alla luce di un'antropologia
coerente con la visione cristiana della persona, della coppia e della
sessualità, costituiscono un prezioso servizio per riscoprire il senso
dell'amore e della vita e per sostenere e accompagnare ogni famiglia nella sua
missione di «santuario della vita». A servizio della vita nascente si pongono
pure i centri di aiuto alla vita e le case o i centri di accoglienza della
vita. Grazie alla loro opera, non poche madri nubili e coppie in difficoltà
ritrovano ragioni e convinzioni e incontrano assistenza e sostegno per superare
disagi e paure nell'accogliere una vita nascente o appena venuta alla luce.
Di fronte alla vita in
condizioni di disagio, di devianza, di malattia e di marginalità, altri
strumenti — come le comunità di recupero per tossicodipendenti, le comunità
alloggio per i minori o per i malati mentali, i centri di cura e accoglienza
per malati di AIDS, le cooperative di solidarietà soprattutto per i disabili
— sono espressione eloquente di ciò che la carità sa inventare per dare a
ciascuno ragioni nuove di speranza e possibilità concrete di vita.
Quando poi l'esistenza
terrena volge al termine, è ancora la carità a trovare le modalità più
opportune perché gli anziani, specialmente se non autosufficienti, e i
cosiddetti malati terminali possano godere di un'assistenza veramente
umana e ricevere risposte adeguate alle loro esigenze, in particolare alla loro
angoscia e solitudine. Insostituibile è in questi casi il ruolo delle famiglie;
ma esse possono trovare grande aiuto nelle strutture sociali di assistenza e,
quando necessario, nel ricorso alle cure palliative, avvalendosi degli
idonei servizi sanitari e sociali, operanti sia nei luoghi di ricovero e cura
pubblici che a domicilio.
In particolare, deve essere
riconsiderato il ruolo degli ospedali, delle cliniche e delle case
di cura: la loro vera identità non è solo quella di strutture nelle quali
ci si prende cura dei malati e dei morenti, ma anzitutto quella di ambienti nei
quali la sofferenza, il dolore e la morte vengono riconosciuti ed interpretati
nel loro significato umano e specificamente cristiano. In modo speciale tale
identità deve mostrarsi chiara ed efficace negli istituti dipendenti da
religiosi o, comunque, legati alla Chiesa.
89. Queste
strutture e luoghi di servizio alla vita, e tutte le altre iniziative di
sostegno e solidarietà che le situazioni potranno di volta in volta suggerire,
hanno bisogno di essere animate da persone generosamente disponibili e
profondamente consapevoli di quanto decisivo sia il Vangelo della vita per
il bene dell'individuo e della società.
Peculiare è la
responsabilità affidata agli operatori sanitari: medici, farmacisti,
infermieri, cappellani, religiosi e religiose, amministratori e volontari. La loro professione li vuole custodi e servitori
della vita umana. Nel contesto culturale e sociale odierno, nel quale la
scienza e l'arte medica rischiano di smarrire la loro nativa dimensione etica,
essi possono essere talvolta fortemente tentati di trasformarsi in artefici di
manipolazione della vita o addirittura in operatori di morte. Di fronte a tale
tentazione la loro responsabilità è oggi enormemente accresciuta e trova la sua
ispirazione più profonda e il suo sostegno più forte proprio nell'intrinseca e
imprescindibile dimensione etica della professione sanitaria, come già
riconosceva l'antico e sempre attuale giuramento di Ippocrate, secondo
il quale ad ogni medico è chiesto di impegnarsi per il rispetto assoluto della
vita umana e della sua sacralità.
Il rispetto assoluto di ogni
vita umana innocente esige anche l'esercizio dell'obiezione di coscienza di
fronte all'aborto procurato e all'eutanasia. Il «far morire» non può mai essere
considerato come una cura medica, neppure quando l'intenzione fosse solo quella
di assecondare una richiesta del paziente: è, piuttosto, la negazione della
professione sanitaria che si qualifica come un appassionato e tenace «sì» alla
vita. Anche la ricerca biomedica, campo affascinante e promettente di nuovi
grandi benefici per l'umanità, deve sempre rifiutare sperimentazioni, ricerche
o applicazioni che, misconoscendo l'inviolabile dignità dell'essere umano,
cessano di essere a servizio degli uomini e si trasformano in realtà che,
mentre sembrano soccorrerli, li opprimono.
90. Uno
specifico ruolo sono chiamate a svolgere le persone impegnate nel
volontariato: esse offrono un apporto prezioso nel servizio alla vita,
quando sanno coniugare capacità professionale e amore generoso e gratuito. Il Vangelo
della vita le spinge ad elevare i sentimenti di semplice filantropia
all'altezza della carità di Cristo; a riconquistare ogni giorno, tra fatiche e
stanchezze, la coscienza della dignità di ogni uomo; ad andare alla scoperta
dei bisogni delle persone iniziando — se necessario — nuovi cammini là dove più
urgente è il bisogno e più deboli sono l'attenzione e il sostegno.
Il realismo tenace della
carità esige che il Vangelo della vita sia servito anche mediante forme
di animazione sociale e di impegno politico, difendendo e proponendo il
valore della vita nelle nostre società sempre più complesse e pluraliste. Singoli,
famiglie, gruppi, realtà associative hanno, sia pure a titolo e in modi
diversi, una responsabilità nell'animazione sociale e nell'elaborazione di
progetti culturali, economici, politici e legislativi che, nel rispetto di
tutti e secondo la logica della convivenza democratica, contribuiscano a
edificare una società nella quale la dignità di ogni persona sia riconosciuta e
tutelata, e la vita di tutti sia difesa e promossa.
Tale compito grava in
particolare sui responsabili della cosa pubblica. Chiamati a servire
l'uomo e il bene comune, hanno il dovere di compiere scelte coraggiose a favore
della vita, innanzitutto nell'ambito delle disposizioni legislative. In
un regime democratico, ove le leggi e le decisioni si formano sulla base del
consenso di molti, può attenuarsi nella coscienza dei singoli che sono
investiti di autorità il senso della responsabilità personale. Ma a questa
nessuno può mai abdicare, soprattutto quando ha un mandato legislativo o
decisionale, che lo chiama a rispondere a Dio, alla propria coscienza e
all'intera società di scelte eventualmente contrarie al vero bene comune. Se le
leggi non sono l'unico strumento per difendere la vita umana, esse però
svolgono un ruolo molto importante e talvolta determinante nel promuovere una
mentalità e un costume. Ripeto ancora una volta che una norma che viola il
diritto naturale alla vita di un innocente è ingiusta e, come tale, non può
avere valore di legge. Per questo rinnovo con forza il mio appello a tutti i
politici perché non promulghino leggi che, misconoscendo la dignità della
persona, minano alla radice la stessa convivenza civile.
La Chiesa sa che, nel
contesto di democrazie pluraliste, per la presenza di forti correnti culturali
di diversa impostazione, è difficile attuare un'efficace difesa legale della
vita. Mossa tuttavia dalla certezza che la verità morale non può non avere
un'eco nell'intimo di ogni coscienza, essa incoraggia i politici, cominciando
da quelli cristiani, a non rassegnarsi e a compiere quelle scelte che, tenendo
conto delle possibilità concrete, portino a ristabilire un ordine giusto
nell'affermazione e promozione del valore della vita. In questa prospettiva,
occorre rilevare che non basta eliminare le leggi inique. Si dovranno rimuovere
le cause che favoriscono gli attentati alla vita, soprattutto assicurando il
dovuto sostegno alla famiglia e alla maternità: la politica familiare deve
essere perno e motore di tutte le politiche sociali. Pertanto, occorre
avviare iniziative sociali e legislative capaci di garantire condizioni di
autentica libertà nella scelta in ordine alla paternità e alla maternità;
inoltre è necessario reimpostare le politiche lavorative, urbanistiche,
abitative e dei servizi, perché si possano conciliare tra loro i tempi del
lavoro e quelli della famiglia e diventi effettivamente possibile la cura dei
bambini e degli anziani.
91. Un
capitolo importante della politica per la vita è costituito oggi dalla problematica
demografica. Le pubbliche autorità hanno certo la responsabilità di
prendere «iniziative al fine di orientare la demografia della popolazione»;
114 ma tali iniziative devono sempre presupporre e rispettare la
responsabilità primaria ed inalienabile dei coniugi e delle famiglie e non
possono ricorrere a metodi non rispettosi della persona e dei suoi diritti
fondamentali, a cominciare dal diritto alla vita di ogni essere umano
innocente. È, quindi, moralmente inaccettabile che, per regolare le nascite, si
incoraggi o addirittura si imponga l'uso di mezzi come la contraccezione, la
sterilizzazione e l'aborto.
Ben altre sono le vie per
risolvere il problema demografico: i Governi e le varie istituzioni
internazionali devono innanzitutto mirare alla creazione di condizioni
economiche, sociali, medico-sanitarie e culturali che consentano agli sposi di
fare le loro scelte procreative in piena libertà e con vera responsabilità;
devono poi sforzarsi di «potenzia re le possibilità e distribuire con maggiore
giustizia le ricchezze, affinché tutti possano partecipare equamente ai beni
del creato. Occorre creare soluzioni a livello mondiale, instaurando
un'autentica economia di comunione e condivisione dei beni, sia sul
piano internazionale che su quello nazionale».115 Questa sola è la
strada che rispetta la dignità delle persone e delle famiglie, oltre che
l'autentico patrimonio culturale dei popoli.
Vasto e complesso è dunque
il servizio al Vangelo della vita. Esso ci appare sempre più come ambito
prezioso e favorevole per una fattiva collaborazione con i fratelli delle altre
Chiese e Comunità ecclesiali nella linea di quell'ecumenismo delle opere
che il Concilio Vaticano II ha autorevolmente incoraggiato.116 Esso,
inoltre, si presenta come spazio provvidenziale per il dialogo e la
collaborazione con i seguaci di altre religioni e con tutti gli uomini di buona
volontà: la difesa e la promozione della vita non sono monopolio di nessuno,
ma compito e responsabilità di tutti. La sfida che ci sta di fronte, alla
vigilia del terzo millennio, è ardua: solo la concorde cooperazione di quanti
credono nel valore della vita potrà evitare una sconfitta della civiltà dalle
conseguenze imprevedibili.
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