20. Eucaristia e penitenza
Nel mistero della Redenzione, cioè dell'opera salvifica operata
da Gesù Cristo, la Chiesa partecipa al Vangelo del suo Maestro non soltanto
mediante la fedeltà alla Parola ed il servizio alla verità, ma parimenti
mediante la sottomissione, piena di speranza e di amore, partecipa alla forza
della sua azione redentrice, che Egli ha espresso e racchiuso in forma
sacramentale, soprattutto nell'Eucaristia154. Questo è il centro e il
vertice di tutta la vita sacramentale, per mezzo della quale ogni cristiano
riceve la forza salvifica della Redenzione, iniziando dal mistero del
Battesimo, in cui siamo immersi nella morte di Cristo, per diventare partecipi
della sua Risurrezione155, come insegna l'Apostolo. Alla luce di questa
dottrina, diventa ancor più chiara la ragione per cui tutta la vita sacramentale
della Chiesa e di ciascun cristiano raggiunge il suo vertice e la sua pienezza
proprio nell'Eucaristia. In questo Sacramento, infatti, si rinnova
continuamente, per volere di Cristo, il mistero del sacrificio, che Egli fece
di se stesso al Padre sull'altare della Croce: sacrificio che il Padre accettò,
ricambiando questa totale donazione di suo Figlio, che si fece «obbediente fino
alla morte»156, con la sua paterna donazione, cioè col dono della nuova
vita immortale nella risurrezione, perché il Padre è la prima sorgente e il
datore della vita fin dal principio. Quella vita nuova che implica la
glorificazione corporale di Cristo crocifisso, è diventata segno efficace del
nuovo dono elargito all'umanità, dono che è lo Spirito Santo, mediante il quale
la vita divina, che il Padre ha in sé e che dà al suo Figlio157, viene
comunicata a tutti gli uomini che sono uniti con Cristo.
L'Eucaristia è il Sacramento più perfetto di questa unione.
Celebrando ed insieme partecipando all'Eucaristia, noi ci uniamo a Cristo
terrestre e celeste, che intercede per noi presso il Padre158; ma ci
uniamo sempre mediante l'atto redentore del suo sacrificio, per mezzo del quale
Egli ci ha redenti, così che siamo stati «comprati a caro prezzo»159.
Il «caro prezzo» della nostra redenzione comprova, parimenti, il valore che Dio
stesso attribuisce all'uomo, comprova la nostra dignità in Cristo. Diventando
infatti «figli di Dio»160, figli di adozione161, a sua
somiglianza noi diventiamo al tempo stesso «regno di sacerdoti», otteniamo «il
sacerdozio regale»162, cioè partecipiamo a quell'unica e irreversibile
restituzione dell'uomo e del mondo al Padre, che Egli, Figlio eterno163
e insieme vero uomo, fece una volta per sempre. L'Eucaristia è il Sacramento,
in cui si esprime più compiutamente il nostro nuovo essere, in cui Cristo
stesso, incessantemente e sempre in modo nuovo, «rende testimonianza» nello
Spirito Santo al nostro spirito164 che ognuno di noi, come partecipe del
mistero della Redenzione, ha accesso ai frutti della filiale riconciliazione
con Dio165, quale Egli stesso aveva attuato e sempre attua fra noi
mediante il ministero della Chiesa.
È verità essenziale, non soltanto dottrinale ma anche
esistenziale, che l'Eucaristia costruisce la Chiesa166, e la costruisce
come autentica comunità del Popolo di Dio, come assemblea dei fedeli,
contrassegnata dallo stesso carattere di unità, di cui furono partecipi gli
Apostoli ed i primi discepoli del Signore. L'Eucaristia costruisce sempre
nuovamente questa comunità e unità; sempre la costruisce e la rigenera sulla
base del sacrificio di Cristo stesso, perché commemora la sua morte sulla
Croce167, a prezzo della quale siamo stati redenti da Lui. Perciò,
nell'Eucaristia tocchiamo, si potrebbe dire, il mistero stesso del Corpo e del
Sangue del Signore, come testimoniano le stesse parole al momento
dell'istituzione, le quali, in virtù di essa, sono diventate le parole della
perenne celebrazione dell'Eucaristia da parte dei chiamati a questo ministero
nella Chiesa.
La Chiesa vive dell'Eucaristia, vive della pienezza di
questo Sacramento, il cui stupendo contenuto e significato han trovato spesso
la loro espressione nel Magistero della Chiesa, dai tempi più remoti fino ai
nostri giorni168. Tuttavia, possiamo dire con certezza che questo
insegnamento - sorretto dalla acutezza dei teologi, dagli uomini di profonda
fede e di preghiera, dagli asceti e mistici, in tutta la loro fedeltà al
mistero eucaristico - rimane quasi sulla soglia, essendo incapace di afferrare
e di tradurre in parole ciò che è l'Eucaristia in tutta la sua pienezza, ciò
che essa esprime e ciò che in essa si attua. Infatti, essa è il Sacramento
ineffabile! L'impegno essenziale e, soprattutto, la visibile grazia e sorgente
della forza soprannaturale della Chiesa come Popolo di Dio, è il perseverare e
progredire costantemente nella vita eucaristica, nella pietà eucaristica, è lo
sviluppo spirituale nel clima dell'Eucaristia. A maggior ragione, dunque, non
ci è lecito né nel pensiero, né nella vita, né nell'azione togliere a questo
Sacramento, veramente santissimo, la sua piena dimensione ed il suo essenziale
significato. Esso è nello stesso tempo Sacramento-Sacrificio,
Sacramento-Comunione e Sacramento-Presenza. E benché sia vero che l'Eucaristia
fu sempre e deve essere tuttora la più profonda rivelazione e celebrazione
della fratellanza umana dei discepoli e confessori di Cristo, non può essere
trattata soltanto come un'«occasione» per manifestare questa fratellanza. Nel
celebrare il Sacramento del Corpo e del Sangue del Signore, bisogna rispettare
la piena dimensione del mistero divino, il pieno senso di questo segno
sacramentale, nel quale Cristo, realmente presente, è ricevuto, l'anima è ricolmata
di Grazia e a noi vien dato il pegno della gloria futura169. Di qui
deriva il dovere di una rigorosa osservanza delle norme liturgiche e di tutto
ciò che testimonia il culto comunitario reso a Dio stesso, tanto più perché, in
questo segno sacramentale, Egli si affida a noi con fiducia illimitata, come se
non prendesse in considerazione la nostra debolezza umana, la nostra indegnità,
le abitudini, la «routine» o, addirittura, la possibilità di oltraggio. Tutti
nella Chiesa, ma soprattutto i Vescovi e i Sacerdoti, debbono vigilare perché
questo Sacramento di amore sia al centro della vita del Popolo di Dio, perché,
attraverso tutte le manifestazioni del culto dovuto, si faccia in modo da
rendere a Cristo «amore per amore», perché Egli diventi veramente «vita delle
nostre anime»170. Né, d'altra parte, potremo mai dimenticare le
seguenti parole di San Paolo: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso, e poi
mangi di questo pane e beva di questo calice»171.
Questo invito dell'Apostolo indica, almeno indirettamente,
lo stretto legame fra l'Eucaristia e la Penitenza. Difatti, se la prima parola
dell'insegnamento di Cristo, la prima frase del Vangelo Buona Novella, era
«Convertitevi e credete al Vangelo» (metanoèite)172, il Sacramento
della Passione, della Croce e Risurrezione sembra rafforzare e consolidare in
modo del tutto speciale questo invito nelle nostre anime. L'Eucaristia e la
Penitenza diventano così, in un certo senso, una dimensione duplice e, insieme,
intimamente connessa dell'autentica vita secondo lo spirito del Vangelo, vita
veramente cristiana. Cristo, che invita al banchetto eucaristico, è sempre lo
stesso Cristo che esorta alla penitenza, che ripete il
«Convertitevi»173. Senza questo costante e sempre rinnovato sforzo per
la conversione, la partecipazione all'Eucaristia sarebbe priva della sua piena
efficacia redentrice, verrebbe meno o, comunque, sarebbe in essa indebolita
quella particolare disponibilità di rendere a Dio il sacrificio
spirituale174, in cui si esprime in modo essenziale e universale la
nostra partecipazione al sacerdozio di Cristo. In Cristo, infatti, il
sacerdozio è unito col proprio sacrificio, con la sua donazione al Padre; e
tale donazione, appunto perché è illimitata, fa nascere in noi - uomini
soggetti a molteplici limitazioni - il bisogno di rivolgerci verso Dio in forma
sempre più matura e con una costante conversione, sempre più profonda.
Negli ultimi anni è stato fatto molto per mettere in evidenza
- in conformità, del resto, alla più antica tradizione della Chiesa - l'aspetto
comunitario della penitenza e, soprattutto, del sacramento della Penitenza
nella pratica della Chiesa. Queste iniziative sono utili e serviranno
certamente ad arricchire la prassi penitenziale della Chiesa contemporanea. Non
possiamo, però, dimenticare che la conversione è un atto interiore di una
profondità particolare, in cui l'uomo non può essere sostituito dagli altri,
non può farsi «rimpiazzare» dalla comunità. Benché la comunità fraterna dei
fedeli, partecipanti alla celebrazione penitenziale, giovi grandemente all'atto
della conversione personale, tuttavia, in definitiva, è necessario che in
questo atto si pronunci l'individuo stesso, con tutta la profondità della sua coscienza,
con tutto il senso della sua colpevolezza e della sua fiducia in Dio,
mettendosi davanti a Lui, come il Salmista, per confessare: «Contro di te ho
peccato»175. La Chiesa, quindi, osservando fedelmente la plurisecolare
prassi del sacramento della Penitenza - la pratica della confessione
individuale, unita all'atto personale di dolore e al proposito di correggersi e
di soddisfare - difende il diritto particolare dell'anima umana. È il diritto
ad un più personale incontro dell'uomo con Cristo crocifisso che perdona, con
Cristo che dice, per mezzo del ministro del sacramento della Riconciliazione:
«Ti sono rimessi i tuoi peccati»176; «Va', e d'ora in poi non peccare
più»177. Come è evidente, questo è nello stesso tempo il diritto di
Cristo stesso verso ogni uomo da lui redento. È il diritto ad incontrarsi con
ciascuno di noi in quel momento-chiave della vita dell'anima, che è quello
della conversione e del perdono. La Chiesa, custodendo il sacramento della
Penitenza, afferma espressamente la sua fede nel mistero della Redenzione, come
realtà viva e vivificante, che corrisponde alla verità interiore dell'uomo,
corrisponde all'umana colpevolezza ed anche ai desideri della coscienza umana.
«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno
saziati»178. Il sacramento della Penitenza è il mezzo per saziare
l'uomo con quella giustizia, che proviene dallo stesso Redentore.
Nella Chiesa che, soprattutto nei nostri tempi, si raccoglie
specialmente intorno all'Eucaristia, e desidera che l'autentica comunità
eucaristica diventi segno dell'unità di tutti i cristiani, unità che sta
gradualmente maturando, deve essere vivo il bisogno della penitenza, sia nel
suo aspetto sacramentale179, come anche in quello concernente la
penitenza come virtù. Questo secondo aspetto fu espresso da Paolo VI nella
Costituzione Apostolica Paenitemini180. Uno dei compiti della
Chiesa è di mettere in pratica l'insegnamento in essa contenuto; si tratta di
argomento che dovrà esser di certo da noi approfondito ancora nella riflessione
comune, e fatto oggetto di molte ulteriori decisioni, in spirito di
collegialità pastorale, rispettando le diverse tradizioni a questo proposito e
le diverse circostanze della vita degli uomini del nostro tempo. Tuttavia, è
certo che la Chiesa del nuovo Avvento, la Chiesa che si prepara di continuo
alla nuova venuta del Signore, deve essere la Chiesa dell'Eucaristia e della
Penitenza. Soltanto sotto questo profilo spirituale della sua vitalità e della
sua attività, essa è la Chiesa della missione divina, la Chiesa in statu
missionis, così come ce ne ha rivelato il volto il Concilio Vaticano II.
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