2. Beata colei che ha
creduto
12. Subito
dopo la narrazione dell'annunciazione, l'evangelista Luca ci guida dietro i
passi della Vergine di Nazareth verso «una città di Giuda» ( [link] Lc
1,39). Secondo gli studiosi questa città dovrebbe essere
l'odierna Ain-Karim, situata tra le montagne, non lontano da Gerusalemme. Maria
vi giunse «in fretta», per far visita ad Elisabetta, sua parente. Il motivo
della visita va cercato anche nel fatto che durante l'annunciazione Gabriele
aveva nominato in modo significativo Elisabetta che in età avanzata aveva
concepito dal marito Zaccaria un figlio, per la potenza di Dio: «Elisabetta,
tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito un figlio, e questo è il sesto
mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio»
( [link] Lc 1,36). Il messaggero divino si era
richiamato all'evento compiutosi in Elisabetta, per rispondere alla domanda di
Maria: «Come avverrà questo? Non conosco uomo» ( [link] Lc
1,34). Ecco, questo avverrà proprio per la «potenza dell'Altissimo»,
come e ancor più che nel caso di Elisabetta. Maria dunque, sollecitata dalla
carità, si reca nella casa della sua parente. Quando vi entra, Elisabetta, nel
rispondere al suo saluto, sentendo sussultare il bambino nel proprio grembo,
«piena di Spirito Santo», a sua volta saluta Maria a gran voce: «Benedetta tu
tra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo» ( [link] Lc
1,40). Questa esclamazione o acclamazione di Elisabetta sarebbe poi
entrata nell'Ave Maria, come continuazione del saluto dell'angelo, divenendo
così una delle più frequenti preghiere della Chiesa. Ma ancor più significative
sono le parole di Elisabetta nella domanda che segue: «A che debbo che la madre
del mio Signore venga a me?» ( [link] Lc 1,43).
Elisabetta rende testimonianza a Maria: riconosce e proclama che davanti a lei
sta la Madre del Signore, la Madre del Messia. A questa testimonianza partecipa
anche il figlio che Elisabetta porta in seno: «Il bambino ha esultato di gioia
nel mio grembo» ( [link] Lc 1,44).
Il bambino è il futuro
Giovanni Battista, che sul Giordano indicherà in Gesù il Messia. Nel saluto di
Elisabetta ogni parola è densa di significato e, tuttavia, ciò che si dice alla
fine sembra esser di fondamentale importanza: «E beata colei che ha creduto
nell'adempimento delle parole del Signore» ( [link] Lc
1,45).28 Queste parole si possono affiancare all'appellativo
«piena di grazia» del saluto dell'angelo.
In entrambi i testi si
rivela un essenziale contenuto mariologico, cioè la verità su Maria, che è
diventata realmente presente nel mistero di Cristo proprio perché «ha creduto».
La pienezza di grazia, annunciata dall'angelo, significa il dono di Dio stesso;
la fede di Maria, proclamata da Elisabetta nella visitazione, indica come la
Vergine di Nazareth abbia risposto a questo dono.
13. «A Dio
che rivela è dovuta "l'obbedienza della fede" ( [link] Rm
16,26); ( [link] Rm 1,5);
( [link] 2 Cor 10,5), per la quale l'uomo si
abbandona a Dio tutto intero liberamente», come insegna il Concilio.29
Questa descrizione della fede trovò una perfetta attuazione in Maria. Il
momento «decisivo» fu l'annunciazione, e le stesse parole di Elisabetta: «E
beata colei che ha creduto» si riferiscono in primo luogo proprio a questo
momento.30 Nell'annunciazione, infatti, Maria si è abbandonata a Dio
completamente, manifestando «l'obbedienza della fede» a colui che le parlava mediante
il suo messaggero e prestando «il pieno ossequio dell'intelletto e della
volontà».31 Ha risposto, dunque, con tutto il suo «io» umano,
femminile, ed in tale risposta di fede erano contenute una perfetta
cooperazione con «la grazia di Dio che previene e soccorre» ed una perfetta
disponibilità all'azione dello Spirito Santo, il quale «perfeziona
continuamente la fede mediante i suoi doni».32 La parola del Dio vivo,
annunciata a Maria dall'angelo, si riferiva a lei stessa: «Ecco, concepirai un
figlio, lo darai alla luce» ( [link] Lc 1,31).
Accogliendo questo annuncio, Maria sarebbe diventata la «Madre del Signore» ed
in lei si sarebbe compiuto il divino mistero dell'incarnazione: «Volle il Padre
delle misericordie che l'accettazione della predestinata madre precedesse
l'incarnazione».33 E Maria dà questo consenso, dopo aver udito tutte le
parole del messaggero. Dice: «Eccomi, sono la serva del Signore; avvenga di me
quello che hai detto» ( [link] Lc 1,38). Questo fiat
di Maria - «avvenga di me» - ha deciso dal lato umano il compimento del mistero
divino. C'è una piena consonanza con le parole del Figlio, che secondo la
Lettera agli Ebrei entrando nel mondo, dice al Padre: «Tu non hai voluto né sacrificio
né offerta, un corpo invece mi hai preparato... Ecco, io vengo... per fare, o
Dio, la tua volontà» ( [link] Eb 10,5). Il mistero
dell'incarnazione si è compiuto quando Maria ha pronunciato il suo fiat
«Avvenga di me quello che hai detto», rendendo possibile, per quanto spettava a
lei nel disegno divino l'esaudimento del voto di suo Figlio. Maria ha
pronunciato questo fiat mediante la fede. Mediante la fede si è abbandonata a
Dio senza riserva ed «ha consacrato totalmente se stessa, quale ancella del
Signore, alla persona e all'opera del Figlio suo»34 E questo figlio -
come insegnano i Padri - l'ha concepito prima nella mente che nel grembo:
proprio mediante la fede!35 Giustamente, dunque, Elisabetta loda Maria:
«E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore».
Queste parole si sono già compiute: Maria di Nazareth si presenta sulla soglia
della casa di Elisabetta e di Zaccaria come Madre de Figlio di Dio. È la
scoperta gioiosa di Elisabetta: «La madre del mio Signore viene a me»!
14.
Pertanto, anche la fede di Maria può essere paragonata a quella di Abramo,
chiamato dall'Apostolo «i nostro padre nella fede» ( [link] Rm 4,12).
Nell'economia salvifica della rivelazione divina la fede di Abramo costituisce
l'inizio dell'Antica Alleanza; la fede di Maria nell'annunciazione dà inizio
alla Nuova Alleanza. Come Abramo «ebbe fede sperando contro ogni speranza che
sarebbe diventato padre di molti popoli» ( [link] Rm 4,18),
così Maria, al momento dell'annunciazione, do po aver indicato la sua
condizione di vergine («Come avverrà questo? Non conosco uomo»), credette che
per la potenza dell'Altissimo, per opera dello Spirito Santo, sarebbe diventata
la Madre del Figlio di Dio secondo la rivelazione dell'angelo:. «Colui che
nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio» ( [link] Lc 1,35).
Tuttavia le parole di Elisabetta: «E beata colei che ha creduto» non si
applicano solo a quel particolare momento dell'annunciazione. Certamente questa
rappresenta il momento culminante della fede di Maria in attesa di Cristo, ma è
anche il punto di partenza, da cui inizia tutto il suo «itinerario verso Dio»,
tutto il suo cammino di fede. E su questa via, in modo eminente e davvero
eroico - anzi con un sempre maggiore eroismo di fede - si attuerà
l'«obbedienza» da lei professata alla parola della divina rivelazione. E questa
«obbedienza della fede» da parte di Maria durante tutto il suo cammino avrà
sorprendenti analogie con la fede di Abramo. Come il patriarca del popolo di
Dio, così anche Maria, lungo il cammino del suo fiat filiale e materno, «ebbe
fede sperando contro ogni speranza». Specialmente lungo alcune tappe di questa
via la benedizione concessa a «colei che ha creduto», si rivelerà con
particolare evidenza. Credere vuol dire «abbandonarsi» alla verità stessa della
parola del Dio vivo, sapendo e riconoscendo umilmente «quanto sono
imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie» ( [link] Rm
11,33). Maria, che per l'eterna volontà dell'Altissimo si è trovata,
si può dire, al centro stesso di quelle «inaccessibili vie» e di quegli
«imperscrutabili giudizi» di Dio, vi si conforma nella penombra della fede,
accettando pienamente e con cuore aperto tutto ciò che è disposto nel disegno
divino.
15. Quando
nell'annunciazione sente parlare del Figlio, di cui deve diventare genitrice,
ed al quale «darà il nome Gesù» (= Salvatore), Maria viene anche a conoscere
che a lui «il Signore darà il trono di Davide suo padre» e che «regnerà per
sempre sulla casa di Giacobbe, e il suo regno non avrà fine» ( [link] Lc
1,32). In questo senso si volgeva la speranza di tutto Israele.
Il Messia promesso deve essere «grande», e anche il messaggero celeste annuncia
che «sarà grande» - grande sia per il nome di Figlio dell'Altissimo sia per
l'assunzione dell'eredità di Davide. Deve dunque essere re, deve regnare «sulla
casa di Giacobbe». Maria è cresciuta in mezzo a queste attese del suo popolo:
poteva intuire, al momento dell'annunciazione, quale essenziale significato
avessero le parole dell'angelo? E come occorre intendere quel «regno», che «non
avrà fine»? Benché mediante la fede ella si sia sentita in quell'istante madre
del «Messia-re», tuttavia ha risposto: «Eccomi sono la serva del Signore,
avvenga di me quello che hai detto» ( [link] Lc 1,38).
Sin dal primo momento Maria ha professato soprattutto l'«obbedienza della
fede», abbandonandosi a quel significato che dava alle parole
dell'annunciazione colui dal quale provenivano: Dio stesso.
16. Sempre
lungo questa via dell'«obbedienza della fede» Maria ode poco più tardi altre
parole: quelle pronunciate da Simeone al tempio di Gerusalemme. Si era già al
quarantesimo giorno dopo la nascita di Gesù, quando, secondo la prescrizione
della Legge di Mosè, Maria e Giuseppe «portarono il bambino a Gerusalemme per
offrirlo al Signore» ( [link] Lc 2,22). La nascita era
avvenuta in condizioni di estrema povertà. Sappiamo, infatti, da Luca che,
quando in occasione del censimento della popolazione, ordinato dalle autorità
romane, Maria si recò con Giuseppe a Betlemme, non avendo trovato «posto
nell'albergo», diede alla luce il suo Figlio in una stalla e «lo depose in una
mangiatoia» ( [link] Lc 2,7). Un uomo giusto e
timorato di Dio, di nome Simeone, appare in quell'inizio dell'«itinerario»
della fede di Maria. Le sue parole, suggerite dallo Spirito Santo
( [link] Lc 2,25), confermano la verità
dell'annunciazione. Leggiamo, infatti, che egli «prese tra le braccia» il
bambino, al quale - secondo il comando dell'angelo - era stato messo nome Gesù
( [link] Lc 2,21). Il discorso di Simeone è conforme
al significato di questo nome, che vuol dire Salvatore: «Dio è la salvezza».
Rivolto al Signore, egli dice così: «I miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata
da te davanti a tutti i popoli: luce per illuminare le genti e gloria del tuo
popolo Israele» ( [link] Lc 2,30). Contemporaneamente
però, Simeone si rivolge a Maria con le seguenti parole: «Egli è qui per la
rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione, perché
siano svelati i pensieri di molti cuori»; ed aggiunge con diretto riferimento a
Maria: «E anche a te una spada trafiggerà l'anima» ( [link] Lc 2,34).
Le parole di Simeone mettono in una luce nuova l'annuncio che Maria ha udito
dall'angelo: Gesù è il Salvatore, è «luce per illuminare» gli uomini. Non è
quel che si è manifestato, in certo modo, nella notte del Natale, quando sono
venuti nella stalla i pastori? ( [link] Lc 2,8). Non è
quel che doveva manifestarsi ancor più nella venuta dei Magi dall'Oriente?
( [link] Mt 2,1). Nello stesso tempo, però, già
all'inizio della sua vita, il Figlio di Maria, e con lui sua madre,
sperimenteranno in se stessi la verità delle altre parole di Simeone: «Segno di
contraddizione» ( [link] Lc 2,34). Quello di Simeone
appare come un secondo annuncio a Maria, poiché le indica la concreta
dimensione storica nella quale il Figlio compirà la sua missione, cioè
nell'incomprensione e nel dolore. Se un tale annuncio, da una parte, conferma
la sua fede nell'adempimento delle divine promesse della salvezza, dall'altra
le rivela anche che dovrà vivere la sua obbedienza di fede nella sofferenza a
fianco del Salvatore sofferente, e che la sua maternità sarà oscura e dolorosa.
Ecco, infatti, dopo la visita dei Magi, dopo il loro omaggio («prostratisi lo
adorarono»), dopo l'offerta dei doni ( [link] Mt 2,11),
Maria, insieme al bambino, deve fuggire in Egitto sotto la premurosa protezione
di Giuseppe, perché «Erode stava cercando il bambino per ucciderlo»
( [link] Mt 2,13). E fino alla morte di Erode dovranno
rimanere in Egitto ( [link] Mt 2,15).
17. Dopo
la morte di Erode, quando la sacra famiglia fa ritorno a Nazareth, inizia il
lungo periodo della vita nascosta. Colei che «ha creduto nell'adempimento delle
parole del Signore» ( [link] Lc 1,45) vive ogni giorno
il contenuto di queste parole. Quotidianamente accanto a lei è il Figlio, a cui
ha dato nome Gesù; dunque. Certamente nel contatto con lui ella usa questo
nome, che del resto non poteva destare meraviglia in nessuno, essendo in uso da
molto tempo in Israele. Tuttavia, Maria sa che colui che porta il nome Gesù è
stato chiamato dall'angelo «Figlio dell'Altissimo» ( [link] Lc 1,32).
Maria sa di averlo concepito e dato alla luce «non conoscendo uomo», per opera
dello Spirito Santo, con la potenza dell'Altissimo che ha steso la sua ombra su
di lei ( [link] Lc 1,35), così come ai tempi di Mosè e
dei padri la nube velava la presenza di Dio ( [link] Es 24,16);
( [link] Es 40,34); ( [link] 1Re 8,10).
Dunque, Maria sa che il Figlio, da lei dato alla luce verginalmente, è proprio
quel «santo», «il Figlio di Dio», di cui le ha parlato l'angelo.
Durante gli anni della vita
nascosta di Gesù nella casa di Nazareth, anche la vita di Maria è «nascosta con
Cristo in Dio» ( [link] Col 3,3) mediante la fede. La
fede, infatti, è un contatto col mistero di Dio. Maria costantemente,
quotidianamente è in contatto con l'ineffabile mistero di Dio che si è fatto
uomo, mistero che supera tutto ciò che è stato rivelato nell'Antica Alleanza.
Sin dal momento dell'annunciazione, la mente della Vergine-Madre è stata
introdotta nella radicale «novità» dell'autorivelazione di Dio e resa
consapevole del mistero. Ella è la prima di quei «piccoli», dei quali Gesù dirà
un giorno: «Padre, ... hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli
intelligenti e le hai rivelate ai piccoli» ( [link] Mt 11,25).
Infatti, «nessuno conosce il Figlio se non il Padre» ( [link] Mt 11,27).
Come può dunque «conoscere il Figlio» Maria? Certamente, non lo conosce come il
Padre; eppure, è la prima tra coloro ai quali il Padre «l'ha voluto rivelare»
( [link] Mt 11,26); ( [link] 1Cor 2,11).
Se però sin dal momento dell'annunciazione le è stato rivelato il Figlio, che
solo il Padre conosce completamente, come colui che lo genera nell'eterno
«oggi» ( [link] Sal 2,7), Maria, la Madre, è in
contatto con la verità del suo Figlio solo nella fede mediante la fede! È
dunque beata, perché «ha creduto», e crede ogni giorno tra tutte le prove e
contrarietà del periodo dell'infanzia di Gesù e poi durante gli anni della vita
nascosta a Nazareth, dove egli «stava loro sottomesso» ( [link] Lc 2,51):
sottomesso a Maria e anche a Giuseppe, perché questi faceva le veci del padre
davanti agli uomini; onde lo stesso figlio di Maria era ritenuto dalla gente
«il figlio del carpentiere» ( [link] Mt 13,55). La
madre di quel Figlio, dunque, memore di quanto le è stato detto
nell'annunciazione e negli avvenimenti successivi, porta in sé la radicale
«novità» della fede: l'inizio della Nuova Alleanza. È questo l'inizio del
Vangelo, ossia della buona, lieta novella. Non è difficile, però, notare in
questo inizio una particolare fatica del cuore, unita a una sorta di «notte
della fede» - per usare le parole di san Giovanni della Croce -, quasi un
«velo» attraverso il quale bisogna accostarsi all'Invisibile e vivere
nell'intimità col mistero.36 È infatti in questo modo che Maria, per
molti anni, rimase nell'intimità col mistero del suo Figlio, e avanzava nel suo
itinerario di fede, man mano che Gesù «cresceva in sapienza... e grazia davanti
a Dio e agli uomini» ( [link] Lc 2,52). Sempre di più
si manifestava agli occhi degli uomini la predilezione che Dio aveva per lui.
La prima tra queste creature umane ammesse alla scoperta di Cristo era Maria,
che con Giuseppe viveva nella stessa casa a Nazareth. Tuttavia, quando, dopo il
ritrovamento nel tempio, alla domanda della madre: «Perché ci hai fatto così?»,
il dodicenne Gesù rispose: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del
Padre mio?», l'evangelista aggiunge: «Ma essi (Giuseppe e Maria) non compresero
le sue parole» ( [link] Lc 2,48). Dunque, Gesù aveva
la consapevolezza che «solo il Padre conosce il Figlio» ( [link] Mt 11,27),
tanto che persino colei, alla quale era stato rivelato più a fondo il mistero
della filiazione divina, la madre, viveva nell'intimità con questo mistero solo
mediante la fede! Trovandosi a fianco del Figlio, sotto lo stesso tetto e
«serbando fedelmente la sua unione col Figlio», ella «avanzava nella
peregrinazione della fede», come sottolinea il Concilio.37 E così fu
anche durante la vita pubblica di Cristo ( [link] Mc 3,21)
onde di giorno in giorno si adempiva in lei la benedizione pronunciata da
Elisabetta nella visitazione: «Beata colei che ha creduto».
18. Tale
benedizione raggiunge la pienezza del suo significato, quando Maria sta sotto
la Croce di suo Figlio ( [link] Gv 19,25). Il Concilio
afferma che ciò avvenne «non senza un disegno divino»: «Soffrendo profondamente
col suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di lui,
amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata», in
questo modo Maria «serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla
Croce»:38 l'unione mediante la fede, la stessa fede con la quale aveva
accolto la rivelazione dell'angelo al momento dell'annunciazione. Allora si era
anche sentita dire: «Sarà grande..., il Signore Dio gli darà il trono di Davide
suo padre..., regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà
fine» ( [link] Lc 1,32). Ed ecco, stando ai piedi
della Croce, Maria è testimone, umanamente parlando, della completa smentita di
queste parole. Il suo Figlio agonizza su quel legno come un condannato.
«Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori...; era disprezzato e non
ne avevamo alcuna stima»: quasi distrutto ( [link] Is 53,3).
Quanto grande, quanto eroica è allora l'obbedienza della fede dimostrata da
Maria di fronte agli «imperscrutabili giudizi» di Dio! Come «si abbandona a
Dio» senza riserve, «prestando il pieno ossequio dell'intelletto e della
volontà»39 a colui, le cui «vie sono inaccessibili» ( [link] Rm
11,33). Ed insieme quanto potente è l'azione della grazia nella
sua anima, come penetrante è l'influsso dello Spirito Santo, della sua luce e
della sua virtù! Mediante questa fede Maria è perfettamente unita a Cristo
nella sua spoliazione. Infatti, «Gesù Cristo, ... pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se
stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini»:
proprio sul Golgota «umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e
alla morte di Croce» ( [link] Fil 2,5). Ai piedi della
Croce Maria partecipa mediante la fede allo sconvolgente mistero di questa
spoliazione. È questa forse la più profonda «kenosi» della fede nella storia
dell'umanità. Mediante la fede la madre partecipa alla morte del Figlio, alla
sua morte redentrice; ma, a differenza di quella dei discepoli che fuggivano,
era una fede ben più illuminata. Sul Golgota Gesù mediante la Croce ha
confermato definitivamente di essere il «segno di contraddizione», predetto da
Simeone. Nello stesso tempo, là si sono adempiute le parole da lui rivolte a
Maria: «E anche a te una spada trafiggerà l'anima».40
19. Sì,
veramente «beata colei che ha creduto»! Queste parole, pronunciate da
Elisabetta dopo l'annunciazione, qui, ai piedi della Croce, sembrano echeggiare
con suprema eloquenza, e la potenza in esse racchiusa diventa penetrante. Dalla
Croce, come a dire dal cuore stesso del mistero della redenzione, si estende il
raggio e si dilata la prospettiva di quella benedizione di fede. Essa risale
«fino all'inizio» e, come partecipazione al sacrificio di Cristo, nuovo Adamo,
diventa, in certo senso, il contrappeso della disobbedienza e dell'incredulità,
presenti nel peccato dei progenitori. Così insegnano i Padri della Chiesa e specialmente
sant'Ireneo, citato dalla costituzione Lumen Gentium: «Il nodo della
disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione con l'obbedienza di Maria; ciò
che la vergine Eva legò con la sua incredulità la vergine Maria sciolse con la
fede».41 Alla luce di questo paragone con Eva i Padri - come ricorda
ancora il Concilio -- chiamano Maria «madre dei viventi» e affermano spesso:
«La morte per mezzo di Eva, la vita per mezzo di Maria».42 A ragione,
dunque, nell'espressione «Beata colei che ha creduto» possiamo trovare quasi
una chiave che ci schiude l'intima realtà di Maria: di colei che l'angelo ha
salutato come «piena di grazia». Se come «piena di grazia» ella è stata
eternamente presente nel mistero di Cristo, mediante la fede ne divenne partecipe
in tutta l'estensione del suo itinerario terreno: «avanzò nella peregrinazione
della fede», ed al tempo stesso, in modo discreto ma diretto ed efficace,
rendeva presente agli uomini il mistero di Cristo. E ancora continua a farlo. E
mediante il mistero di Cristo anch'ella è presente tra gli uomini. Così
mediante il mistero del Figlio si chiarisce anche il mistero della Madre.
|