Primato della preghiera
29. Per questo motivo, anche
il Decreto conciliare sull'ecumenismo pone in primo piano "tutti gli
sforzi per eliminare parole, giudizi e opere che non rispecchiano con equità e
verità la condizione dei fratelli separati e perciò rendono più difficile le
mutue relazioni con essi"54. Questo Documento affronta la
questione dal punto di vista della Chiesa cattolica e si riferisce al criterio
che essa deve applicare nei confronti degli altri cristiani. Vi è però in tutto
questo una esigenza di reciprocità. Attenersi a tale criterio è impegno di
ciascuna delle parti che vogliono fare dialogo ed è condizione previa per
avviarlo. Occorre passare da una posizione di antagonismo e di conflitto ad un
livello nel quale l'uno e l'altro si riconoscono reciprocamente partner. Quando
si inizia a dialogare, ciascuna delle parti deve presupporre una volontà di
riconciliazione nel suo interlocutore, di unità nella verità. Per realizzare
tutto questo, le manifestazioni del reciproco contrapporsi debbono sparire.
Soltanto così il dialogo aiuterà a superare la divisione e potrà avvicinare
all'unità.
30. Si può affermare, con viva
gratitudine verso lo Spirito di verità, che il Concilio Vaticano II è stato un
tempo benedetto, durante il quale si sono realizzate le condizioni basilari
della partecipazione della Chiesa cattolica al dialogo ecumenico. D'altra
parte, la presenza dei numerosi osservatori di varie Chiese e Comunità
ecclesiali, il loro profondo coinvolgimento nell'evento conciliare, i tanti
incontri e le preghiere comuni che il Concilio ha reso possibili, hanno
contribuito a porre in atto le condizioni per dialogare insieme. Durante il
Concilio, i rappresentanti delle altre Chiese e Comunità cristiane hanno
sperimentato la disponibilità al dialogo dell'episcopato cattolico del mondo
intero e, in particolare, della Sede Apostolica.
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