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Ioannes Paulus PP. II
Veritatis splendor

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  • III - «Perché non venga resa vana la Croce di Cristo» (1 Cor 1,17) - Il bene morale per la vita della chiesa e del mondo
      • Camminare nella luce (cf 1 Gv 1,7)
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Camminare nella luce (cf  [link] 1 Gv 1,7)

 

88. La contrapposizione, anzi la radicale dissociazione tra libertà e verità è conseguenza, manifestazione e compimento di un'altra più grave e deleteria dicotomia, quella che separa la fede dalla morale.

Questa separazione costituisce una delle più acute preoccupazioni pastorali della Chiesa nell'attuale processo di secolarismo, nel quale tanti, troppi uomini pensano e vivono «come se Dio non esistesse». Siamo di fronte ad una mentalità che coinvolge, spesso in modo profondo, vasto e capillare, gli atteggiamenti e i comportamenti degli stessi cristiani, la cui fede viene svigorita e perde la propria originalità di nuovo criterio interpretativo e operativo per l'esistenza personale, familiare e sociale. In realtà, i criteri di giudizio e di scelta assunti dagli stessi credenti si presentano spesso, nel contesto di una cultura ampiamente scristianizzata, estranei o persino contrapposti a quelli del Vangelo.

Urge allora che i cristiani riscoprano la novità della loro fede e la sua forza di giudizio di fronte alla cultura dominante e invadente: «Se un tempo eravate tenebra — ci ammonisce l'apostolo Paolo —, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate ciò che è gradito al Signore, e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannatele apertamente... Vigilate dunque attentamente sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggi; profittando del tempo presente, perché i giorni sono cattivi» ( [link] Ef 5, 8-11.15-16; cf  [link] 1 Ts 5,4-8).

Urge ricuperare e riproporre il vero volto della fede cristiana, che non è semplicemente un insieme di proposizioni da accogliere e ratificare con la mente. È invece una conoscenza vissuta di Cristo, una memoria vivente dei suoi comandamenti, una verità da vivere. Del resto, una parola non è veramente accolta se non quando passa negli atti, se non quando viene messa in pratica. La fede è una decisione che impegna tutta l'esistenza. È incontro, dialogo, comunione di amore e di vita del credente con Gesù Cristo, Via, Verità e Vita (cf  [link] Gv 14,6). Comporta un atto di confidenza e di abbandono a Cristo, e ci dona di vivere come lui ha vissuto (cf  [link] Gal 2,20), ossia nel più grande amore a Dio e ai fratelli.

 

89. La fede possiede anche un contenuto morale: origina ed esige un impegno coerente di vita, comporta e perfeziona l'accoglienza e l'osservanza dei comandamenti divini. Come scrive l'evangelista Giovanni, «Dio è luce e in lui non ci sono tenebre. Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità... Da questo sappiamo d'averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: "Lo conosco" e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui; ma chi osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui. Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato» ( [link] 1 Gv 1,5-6;  [link] 2,3-6).

Mediante la vita morale la fede diventa «confessione», non solo davanti a Dio, ma anche davanti agli uomini: si fa testimonianza. «Voi siete la luce del mondo — ha detto Gesù —; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» ( [link] Mt 5,14-16). Queste opere sono soprattutto quelle della carità (cf  [link] Mt 25,31-46) e dell'autentica libertà che si manifesta e vive nel dono di sé. Sino al dono totale di sé, come ha fatto Gesù che sulla croce «ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei» ( [link] Ef 5,25). La testimonianza di Cristo è fonte, paradigma e risorsa per la testimonianza del discepolo, chiamato a porsi sulla stessa strada: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» ( [link] Lc 9,23). La carità, secondo le esigenze del radicalismo evangelico, può portare il credente alla testimonianza suprema del martirio. Sempre sull'esempio di Gesù che muore in croce: «Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, — scrive Paolo ai cristiani di Efeso — e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore» ( [link] Ef 5,1-2).

 




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