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Ioannes Paulus PP. II
Veritatis splendor

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  • III - «Perché non venga resa vana la Croce di Cristo» (1 Cor 1,17) - Il bene morale per la vita della chiesa e del mondo
      • Il martirio, esaltazione della santità inviolabile della legge di Dio
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Il martirio, esaltazione della santità inviolabile della legge di Dio

 

90. Il rapporto tra fede e morale splende in tutto il suo fulgore nel rispetto incondizionato che si deve alle esigenze insopprimibili della dignità personale di ogni uomo, a quelle esigenze difese dalle norme morali che proibiscono senza eccezioni gli atti intrinsecamente cattivi. L'universalità e l'immutabilità della norma morale manifestano e, nello stesso tempo, si pongono a tutela della dignità personale, ossia dell'inviolabilità dell'uomo, sul cui volto brilla lo splendore di Dio (cf  [link] Gn 9,5-6).

L'inaccettabilità delle teorie etiche «teleologiche», «consequenzialiste» e «proporzionaliste», che negano l'esistenza di norme morali negative riguardanti comportamenti determinati e valide senza eccezioni, trova una conferma particolarmente eloquente nel fatto del martirio cristiano, che ha sempre accompagnato e accompagna tuttora la vita della Chiesa.

 

91. Già nell'Antica Alleanza incontriamo ammirevoli testimonianze di una fedeltà alla legge santa di Dio spinta fino alla volontaria accettazione della morte. Emblematica è la storia di Susanna: ai due giudici ingiusti, che minacciavano di farla morire se si fosse rifiutata di cedere alla loro passione impura, così rispose: «Sono alle strette da ogni parte. Se cedo, è la morte per me, se rifiuto, non potrò scampare dalle vostre mani. Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!» ( [link] Dn 13,22-23). Susanna, preferendo «cadere innocente» nelle mani dei giudici, testimonia non solo la sua fede e fiducia in Dio, ma anche la sua obbedienza alla verità e all'assolutezza dell'ordine morale: con la sua disponibilità al martirio, proclama che non è giusto fare ciò che la legge di Dio qualifica come male per trarre da esso un qualche bene. Essa sceglie per sé la «parte migliore»: una limpidissima testimonianza, senza nessun compromesso, alla verità circa il bene e al Dio di Israele; manifesta così, nei suoi atti, la santità di Dio.

Alle soglie del Nuovo Testamento Giovanni Battista, rifiutandosi di tacere la legge del Signore e di venire a compromesso col male, «immolò la sua vita per la verità e la giustizia» 142 e fu così precursore del Messia anche nel martirio (cf  [link] Mc 6,17-29). Per questo, «fu rinchiuso nell'oscurità del carcere colui che venne a rendere testimonianza alla luce e che dalla stessa luce, che è Cristo, meritò di essere chiamato lampada che arde e illumina... E fu battezzato nel proprio sangue colui al quale era stato concesso di battezzare il Redentore del mondo».143

Nella Nuova Alleanza si incontrano numerose testimonianze di seguaci di Cristo — a cominciare dal diacono Stefano (cf  [link] At 6,8–7,60) e dall'apostolo Giacomo (cf  [link] At 12,1-2) — che sono morti martiri per confessare la loro fede e il loro amore al Maestro e per non rinnegarlo. In ciò essi hanno seguito il Signore Gesù, che davanti a Caifa e a Pilato «ha dato la sua bella testimonianza» ( [link] 1 Tm 6,13), confermando la verità del suo messaggio con il dono della vita. Innumerevoli altri martiri accettarono le persecuzioni e la morte piuttosto che porre il gesto idolatrico di bruciare l'incenso davanti alla statua dell'Imperatore (cf  [link] Ap 13, 7-10). Rifiutarono persino di simulare un simile culto, dando così l'esempio del dovere di astenersi anche da un solo comportamento concreto contrario all'amore di Dio e alla testimonianza della fede. Nell'obbedienza, essi affidarono e consegnarono, come Cristo stesso, la loro vita al Padre, a colui che poteva liberarli dalla morte (cf  [link] Eb 5,7).

La Chiesa propone l'esempio di numerosi santi e sante, che hanno testimoniato e difeso la verità morale fino al martirio o hanno preferito la morte ad un solo peccato mortale. Elevandoli all'onore degli altari, la Chiesa ha canonizzato la loro testimonianza e dichiarato vero il loro giudizio, secondo cui l'amore di Dio implica obbligatoriamente il rispetto dei suoi comandamenti, anche nelle circostanze più gravi, e il rifiuto di tradirli, anche con l'intenzione di salvare la propria vita.

 

92. Nel martirio come affermazione dell'inviolabilità dell'ordine morale risplendono la santità della legge di Dio e insieme l'intangibilità della dignità personale dell'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio: è una dignità che non è mai permesso di svilire o di contrastare, sia pure con buone intenzioni, qualunque siano le difficoltà. Gesù ci ammonisce con la massima severità: «Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?» ( [link] Mc 8,36).

Il martirio sconfessa come illusorio e falso ogni «significato umano» che si pretendesse di attribuire, pur in condizioni «eccezionali», all'atto in se stesso moralmente cattivo; ancor più ne rivela apertamente il vero volto: quello di una violazione dell'«umanità» dell'uomo, prima ancora in chi lo compie che non in chi lo subisce.144 Il martirio è quindi anche esaltazione della perfetta «umanità» e della vera «vita» della persona, come testimonia sant'Ignazio di Antiochia rivolgendosi ai cristiani di Roma, luogo del suo martirio: «Abbiate compassione di me, fratelli: non impeditemi di vivere, non vogliate che io muoia... Lasciate che io raggiunga la pura luce; giunto , sarò veramente uomo. Lasciate che io imiti la passione del mio Dio».145

 

93. Il martirio è infine un segno preclaro della santità della Chiesa: la fedeltà alla legge santa di Dio, testimoniata con la morte, è annuncio solenne e impegno missionario usque ad sanguinem perché lo splendore della verità morale non sia offuscato nel costume e nella mentalità delle persone e della società. Una simile testimonianza offre un contributo di straordinario valore perché, non solo nella società civile ma anche all'interno delle stesse comunità ecclesiali, non si precipiti nella crisi più pericolosa che può affliggere l'uomo: la confusione del bene e del male, che rende impossibile costruire e conservare l'ordine morale dei singoli e delle comunità. I martiri, e più ampiamente tutti i santi nella Chiesa, con l'esempio eloquente e affascinante di una vita totalmente trasfigurata dallo splendore della verità morale, illuminano ogni epoca della storia risvegliandone il senso morale. Dando piena testimonianza al bene, essi sono un vivente rimprovero a quanti trasgrediscono la legge (cf  [link] Sap 2, 12) e fanno risuonare con permanente attualità le parole del profeta: «Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro» ( [link] Is 5,20).

Se il martirio rappresenta il vertice della testimonianza alla verità morale, a cui relativamente pochi possono essere chiamati, vi è nondimeno una coerente testimonianza che tutti i cristiani devono esser pronti a dare ogni giorno anche a costo di sofferenze e di gravi sacrifici. Infatti di fronte alle molteplici difficoltà che anche nelle circostanze più ordinarie la fedeltà all'ordine morale può esigere, il cristiano è chiamato, con la grazia di Dio invocata nella preghiera, ad un impegno talvolta eroico, sostenuto dalla virtù della fortezza, mediante la quale — come insegna san Gregorio Magno — egli può perfino «amare le difficoltà di questo mondo in vista del premio eterno».146

 

94. In questa testimonianza all'assolutezza del bene morale i cristiani non sono soli: essi trovano conferme nel senso morale dei popoli e nelle grandi tradizioni religiose e sapienziali dell'Occidente e dell'Oriente, non senza un'interiore e misteriosa azione dello Spirito di Dio. Valga per tutti l'espressione del poeta latino Giovenale: «Considera il più grande dei crimini preferire la sopravvivenza all'onore e, per amore della vita fisica, perdere le ragioni del vivere».147 La voce della coscienza ha sempre richiamato senza ambiguità che ci sono verità e valori morali per i quali si deve essere disposti anche a dare la vita. Nella parola e soprattutto nel sacrificio della vita per il valore morale la Chiesa riconosce la medesima testimonianza a quella verità che, già presente nella creazione, risplende pienamente sul volto di Cristo: «Sappiamoscrive san Giustino — che i seguaci delle dottrine degli stoici sono stati odiati ed uccisi quando hanno dato prova di saggezza nel loro discorso morale ... a motivo del seme del Verbo insito in tutto il genere umano».148

 




142 Missale Romanum, In Passione S. Ioannis Baptistae, Collecta.

 



143 S. Beda il Venerabile, Homeliarum Evangelii Libri, II, 23; CCL 122, 556-557.

 



144 Conc. Ecum. Vat. II, cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 27.

 



145 C Ad Romanos, VI, 2-3: Patres Apostolici, ed. F. X. Funk, I, 260-261.

 



146 Moralia in Job, VII, 21, 24: PL 75, 778.

 



147 «Summun crede nefas animam praefette pudori / et propter vitam vivendi perdere causas»: Satirae, VIII, 83-84.

 



148 Apologia II, 8: PG 6, 457-458.

 






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