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Ioannes Paulus PP. II Veritatis splendor IntraText CT - Lettura del testo |
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Peccato mortale e veniale
70. L'Esortazione apostolica post-sinodale Reconciliatio et paenitentia ha ribadito l'importanza e la permanente attualità della distinzione tra peccati mortali e veniali, secondo la tradizione della Chiesa. E il Sinodo dei Vescovi del 1983, da cui è scaturita tale Esortazione, «non soltanto ha riaffermato quanto è stato proclamato dal Concilio Tridentino sull'esistenza e la natura dei peccati mortali e veniali, ma ha voluto ricordare che è peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso».116 Il pronunciamento del Concilio di Trento non considera soltanto la «materia grave» del peccato mortale, ma ricorda anche, come sua necessaria condizione, «la piena avvertenza e il deliberato consenso». Del resto, sia nella teologia morale che nella pratica pastorale, sono ben conosciuti i casi nei quali un atto grave, a motivo della sua materia, non costituisce peccato mortale a motivo della non piena avvertenza o del non deliberato consenso di colui che lo compie. D'altra parte, «si dovrà evitare di ridurre il peccato mortale ad un atto di "opzione fondamentale" — come oggi si suol dire — contro Dio», concepito sia come esplicito e formale disprezzo di Dio e del prossimo sia come implicito e non riflesso rifiuto dell'amore. «Si ha, infatti, peccato mortale anche quando l'uomo, sapendo e volendo, per qualsiasi ragione sceglie qualcosa di gravemente disordinato. In effetti, in una tale scelta è già contenuto un disprezzo del precetto divino, un rifiuto dell'amore di Dio verso l'umanità e tutta la creazione: l'uomo allontana se stesso da Dio e perde la carità. L'orientamento fondamentale, quindi, può essere radicalmente modificato da atti particolari. Senza dubbio si possono dare situazioni molto complesse e oscure sotto l'aspetto psicologico, che influiscono sulla imputabilità soggettiva del peccatore. Ma dalla considerazione della sfera psicologica non si può passare alla costituzione di una categoria teologica, quale appunto l' "opzione fondamentale", intendendola in modo tale che, sul piano oggettivo, cambi o metta in dubbio la concezione tradizionale di peccato mortale».117 In tal modo la dissociazione tra opzione fondamentale e scelte deliberate di comportamenti determinati — disordinati in se stessi o nelle circostanze — che non la metterebbero in causa, comporta il misconoscimento della dottrina cattolica sul peccato mortale: «Con tutta la tradizione della Chiesa noi chiamiamo peccato mortale questo atto, per il quale un uomo, con libertà e consapevolezza, rifiuta Dio, la sua legge, l'alleanza di amore che Dio gli propone, preferendo volgersi a se stesso, a qualche realtà creata e finita, a qualcosa di contrario al volere divino (conversio ad creaturam). Il che può avvenire in modo diretto e formale, come nei peccati di idolatria, di apostasia, di ateismo; o in modo equivalente, come in tutte le disubbidienze ai comandamenti di Dio in materia grave».118
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116 Esort. ap. post-sinodale Reconciliatio et paenitentia (2 dicembre 1984), 17: AAS 77 (1985), 221.
117 Ibid.: l. c., 223.
118 Ibid.: l.c., 222.
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