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Ioannes Paulus PP. II Veritatis splendor IntraText CT - Lettura del testo |
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Il «male intrinseco»: non è lecito fare il male a scopo di bene (cf [link] Rm 3,8)
L'elemento primario e decisivo per il giudizio morale è l'oggetto dell'atto umano, il quale decide sulla sua ordinabilità al bene e al fine ultimo, che è Dio. Tale ordinabilità viene colta dalla ragione nell'essere stesso dell'uomo, considerato nella sua verità integrale, dunque nelle sue inclinazioni naturali, nei suoi dinamismi e nelle sue finalità che hanno sempre anche una dimensione spirituale: sono esattamente questi i contenuti della legge naturale, e quindi il complesso ordinato dei «beni per la persona» che si pongono al servizio del «bene della persona», di quel bene che è essa stessa e la sua perfezione. Sono questi i beni tutelati dai comandamenti, i quali, secondo san Tommaso, contengono tutta la legge naturale.130
80. Ora la ragione attesta che si danno degli oggetti dell'atto umano che si configurano come «non-ordinabili» a Dio, perché contraddicono radicalmente il bene della persona, fatta a sua immagine. Sono gli atti che, nella tradizione morale della Chiesa, sono stati denominati «intrinsecamente cattivi» (intrinsece malum): lo sono sempre e per sé, ossia per il loro stesso oggetto, indipendentemente dalle ulteriori intenzioni di chi agisce e dalle circostanze. Per questo, senza minimamente negare l'influsso che sulla moralità hanno le circostanze e soprattutto le intenzioni, la Chiesa insegna che «esistono atti che, per se stessi e in se stessi, indipendentemente dalle circostanze, sono sempre gravemente illeciti, in ragione del loro oggetto».131 Lo stesso Concilio Vaticano II, nel contesto del dovuto rispetto della persona umana, offre un'ampia esemplificazione di tali atti: «Tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l'aborto, l'eutanasia e lo stesso suicidio volontario; tutto ciò che viola l'integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, gli sforzi per violentare l'intimo dello spirito; tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni infraumane di vita, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni del lavoro con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili; tutte queste cose, e altre simili, sono certamente vergognose e, mentre guastano la civiltà umana, ancor più inquinano coloro che così si comportano, che non quelli che le subiscono, e ledono grandemente l'onore del Creatore».132 Sugli atti intrinsecamente cattivi, e in riferimento alle pratiche contraccettive mediante le quali l'atto coniugale è reso intenzionalmente infecondo, Paolo VI insegna: «In verità, se è lecito, talvolta, tollerare un minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene (cf [link] Rm 3,8), cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell'intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali».133
81. Insegnando l'esistenza di atti intrinsecamente cattivi, la Chiesa accoglie la dottrina della Sacra Scrittura. L'apostolo Paolo afferma in modo categorico: «Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il Regno di Dio» ( [link] 1 Cor 6,9-10). Se gli atti sono intrinsecamente cattivi, un'intenzione buona o circostanze particolari possono attenuarne la malizia, ma non possono sopprimerla: sono atti «irrimediabilmente» cattivi, per se stessi e in se stessi non sono ordinabili a Dio e al bene della persona: «Quanto agli atti che sono per se stessi dei peccati (cum iam opera ipsa peccata sunt) — scrive sant'Agostino —, come il furto, la fornicazione, la bestemmia, o altri atti simili, chi oserebbe affermare che, compiendoli per buoni motivi (causis bonis), non sarebbero più peccati o, conclusione ancora più assurda, che sarebbero peccati giustificati?».134 Per questo, le circostanze o le intenzioni non potranno mai trasformare un atto intrinsecamente disonesto per il suo oggetto in un atto «soggettivamente» onesto o difendibile come scelta.
La dottrina dell'oggetto, quale fonte della moralità, costituisce un'esplicitazione autentica della morale biblica dell'Alleanza e dei comandamenti, della carità e delle virtù. La qualità morale dell'agire umano dipende da questa fedeltà ai comandamenti, espressione di obbedienza e di amore. È per questo — lo ripetiamo — che è da respingere come erronea l'opinione che ritiene impossibile qualificare moralmente come cattiva secondo la sua specie la scelta deliberata di alcuni comportamenti o atti determinati, prescindendo dall'intenzione per cui la scelta viene fatta o dalla totalità delle conseguenze prevedibili di quell'atto per tutte le persone interessate. Senza questa determinazione razionale della moralità dell'agire umano, sarebbe impossibile affermare un «ordine morale oggettivo» 135 e stabilire una qualsiasi norma determinata dal punto di vista del contenuto, che obblighi senza eccezioni; e ciò a scapito della fraternità umana e della verità sul bene, e a detrimento altresì della comunione ecclesiale.
Bisogna però che noi, Fratelli nell'Episcopato, non ci fermiamo solo ad ammonire i fedeli circa gli errori e i pericoli di alcune teorie etiche. Dobbiamo, prima di tutto, mostrare l'affascinante splendore di quella verità che è Gesù Cristo stesso. In Lui, che è la Verità (cf [link] Gv 14,6), l'uomo può comprendere pienamente e vivere perfettamente, mediante gli atti buoni, la sua vocazione alla libertà nell'obbedienza alla legge divina, che si compendia nel comandamento dell'amore di Dio e del prossimo. Ed è quanto avviene con il dono dello Spirito Santo, Spirito di verità, di libertà e di amore: in Lui ci è dato di interiorizzare la legge e di percepirla e viverla come il dinamismo della vera libertà personale: «la legge perfetta, la legge della libertà» ( [link] Gc 1,25).
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130 Cf Summa Theologiae, I-II, q. 100, a. 1.
131 Esort. Ap. Post-sinodale Reconciliatio et Paenitentia (2 dicembre 1984), 17: AAS 77 (1985), 221; cf Paolo VI, Allocuzione ai membri della Congregazione del Santissino Redentore (settembre 1967): AAS 59 (1967), 962: «Si deve evitare di indurrre i fedeli a pensare differentemente, come se dopo il Concilio fossero oggi permessi alcuni comportamenti, che precedentemente la Chiesa aveva dichiarato intrinsecamente cattivi. Chi non vede che ne deriverebbe un deplorevole relativismo morale, che porterebbe facilmente a mettere in discussione tutto il patrimonio della dottrina della Chiesa?»
132 Cost. past. Sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 27.
133 Lett. enc. Humanae Vitae (25 luglio 1968), 14: AAS 60 (1968), 490-491.
134 Contra mendacium, VII, 18: PL 40, 528; cf S. Tommaso D’Aquino, Quaestiones quod libetales, XI, q. 7,a. 2; [link] Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1753-1755.
135 Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Sulla libertà religiosa Dignitatis humanaei, 7.
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