All'ascolto preferenziale dei poveri ed al loro servizio: la condivisione
26. Se chi è economicamente povero è testimonianza della scarsa attenzione per il bene comune, egli ha anche un messaggio particolare da darci. Sulla realtà della vita pratica ha pareri ed esperienze a lui propri, che i più fortunati non conoscono. Come afferma Papa Giovanni Paolo II nella Lettera Enciclica 'Centesimus annus': "ma soprattutto sarà necessario abbandonare la mentalità che considera i poveri - persone e popoli - come un fardello e come fastidiosi importuni, che pretendono di consumare quanto altri hanno prodotto... l'elevazione dei poveri è una grande occasione per la crescita morale, culturale ed anche economica dell'intera umanità" 39. I pareri degli indigenti - che non sono né più né meno esatti e completi dei pareri dei responsabili - sono tuttavia essenziali a questi ultimi, se desiderano che la loro azione a lungo termine non conduca all'autodistruzione. Avviare politiche economiche e sociali difficili e costose, senza tener conto della percezione della realtà che ha il più piccolo, rischia di portare entro un certo lasso di tempo a vicoli ciechi, che sono assai onerosi per la terra intera. E quanto è avvenuto con il debito del Terzo Mondo. Se i creditori ed i debitori avessero considerato il punto di vista dei più poveri quale uno degli elementi essenziali della realtà - dando così prova di maggiore saggezza - sarebbero stati indotti ad una maggiore prudenza, e in molti paesi, l'avventura non si sarebbe risolta così male o addirittura avrebbe volto al meglio. Nella complessità dei problemi da risolvere, o piuttosto, nella complessità delle condizioni di vita da migliorare, questo ascolto preferenziale dei poveri consente di non cadere nella schiavitù del breve termine, nella tecnocrazia, nella burocrazia, nell'ideologia, nell'idolatria del ruolo dello Stato o del ruolo del mercato; gli uni e gli altri hanno la loro utilità essenziale, ma in quanto strumenti da non assolutizzare. Gli organismi intermedi hanno specificamente la funzione di far intendere la voce dei poveri e di cogliere le loro percezioni, al pari delle loro necessità e dei loro desideri. Ma spesso, questi organismi sono particolarmente disarmati di fronte al loro compito. Risentono a volte della loro posizione di monopolio, che li porta a coltivare il proprio potere; altre volte di posizioni concorrenziali, dove altri cercano di utilizzare il povero come mezzo per accedere al potere. L'azione dei sindacati è dunque particolarmente necessaria e sfiora l'eroismo quando questi vogliono svolgere una funzione così essenziale, senza farsi distruggere o fagocitare 40. In tali condizioni, la condivisione diventa un'autentica collaborazione alla quale ciascuno contribuisce, offrendo a tutti ciò di cui necessita la comunità degli uomini. Il più svantaggiato svolge il suo specifico ruolo, tanto più essenziale essendo egli realmente un escluso 41. Questo paradosso non deve meravigliare il cristiano. Il dovere di garantire a ciascuno lo stesso diritto di accesso al minimo indispensabile per vivere non è più unicamente obbligo morale di condivisione con l'indigente - cosa già notevole - ma reintegrazione nella stessa comunità che, senza di lui, tende ad inaridirsi e finanche a distruggersi. Il posto del povero non è alla periferia, in una emarginazione dalla quale si potrebbe tentare bene o male di farlo uscire. Egli deve essere posto al centro delle nostre preoccupazioni ed al centro della famiglia umana. È là che potrà svolgere l'unico ruolo che gli compete nella comunità. In questa prospettiva, la giustizia sociale, che è anche giustizia commutativa, acquista pieno significato. Fondamento di tutte le azioni per la difesa dei diritti, assicura la coesione sociale, la coesistenza pacifica delle nazioni, ma anche il loro comune sviluppo.
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