36 GIOVANNI PAOLO II, Enc. 'Dives in Misericordia', 30 novembre 1980, n. 6.
37 "Come all'altare dove celebra l'Eucaristia e come in ciascuno dei Sacramenti, il Sacerdote, ministro della Penitenza, opera "in persona Christi". Il Cristo, che da lui è reso presente e che per suo mezzo attua il mistero della remissione dei peccati, è colui che appare come 'fratello' dell'uomo, pontefice misericordioso, fedele e compassionevole, pastore deciso a cercare la pecora smarrita, medico che guarisce e conforta, maestro unico che insegna la verità e indica le vie di Dio, giudice dei vivi e dei morti, che giudica secondo la verità e non secondo le apparenze" (GIOVANNI PAOLO II, Esort. Apost. post-sinodale 'Reconciliatio et Paenitentia', 2 dicembre 1984, n. 29). "Celebrando il sacramento della Penitenza, il sacerdote compie il ministero del Buon Pastore che cerca la pecora perduta, quello del Buon Samaritano che medica le ferite, del Padre che attende il figlio prodigo e lo accoglie al suo ritorno, del giusto Giudice che non fa distinzione di persone e il cui giudizio è ad un tempo giusto e misericordioso. Insomma, il sacerdote è il segno e lo strumento dell'amore misericordioso di Dio verso il peccatore" ('Catechismo della Chiesa Cattolica', n. 1465).
38 Cfr. CONGREGAZIONE DEL SANT'UFFIZIO, 'Normae quaedam de agendi ratione confessariorum circa sextum Decalogi praeceptum', 16 maggio 1943.
39 "Il sacerdote nel porre le domande proceda con prudenza e discrezione, avendo riguardo anche della condizione e dell'età del penitente, e si astenga dall'indagare sul nome del complice" ('Codice di Diritto Canonico', can. 979). "La pedagogia concreta della Chiesa deve sempre essere connessa e non mai separata dalla sua dottrina. Ripeto, pertanto, con la medesima persuasione del mio Predecessore: "Non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo è eminente forma di carità verso le anime"" (GIOVANNI PAOLO II, Esort. Apost. 'Familiaris Consortio', 22 novembre 1981, n. 33).
40 Cfr. DENZINGER-SCHÖNMETZER, 'Enchiridion Symbolorum', 3187.
41 "La confessione al sacerdote costituisce una parte essenziale del sacramento della Penitenza: "È necessario che i penitenti enumerino nella confessione tutti i peccati mortali, di cui hanno consapevolezza dopo un diligente esame di coscienza, anche se si tratta dei peccati più nascosti e commessi soltanto contro i due ultimi comandamenti del Decalogo, perché spesso feriscono più gravemente l'anima e si rivelano più pericolosi di quelli chiaramente commessi" ('Catechismo della Chiesa Cattolica', n. 1456).
42 "Se - al contrario - l'ignoranza è invincibile, o il giudizio erroneo è senza responsabilità da parte del soggetto morale, il male commesso dalla persona non può esserle imputato. Nondimeno resta un male, una privazione, un disordine. È quindi necessario adoperarsi per correggere la coscienza morale dai suoi errori" ('Catechismo della Chiesa Cattolica', n. 1793). "Il male commesso a causa di una ignoranza invincibile, o di un errore di giudizio non colpevole, può non essere imputabile alla persona che lo compie; ma anche in tal caso esso non cessa di essere un male, un disordine in relazione alla verità sul bene" (GIOVANNI PAOLO II, Enc. 'Veritatis Splendor', 8 agosto 1993, n. 63).
43 "Anche i coniugi, nell'ambito della loro vita morale, sono chiamati ad un incessante cammino, sostenuti dal desiderio sincero e operoso di conoscere sempre meglio i valori che la legge divina custodisce e promuove, e dalla volontà retta e generosa di incarnarli nelle loro scelte concrete. Essi, tuttavia, non possono guardare alla legge solo come ad un puro ideale da raggiungere in futuro, ma debbono considerarla come un comando di Cristo Signore a superare con impegno le difficoltà. "Perciò la cosiddetta 'legge della gradualità', o cammino graduale, non può identificarsi con la 'gradualità della legge', come se ci fossero vari gradi e varie forme di precetto nella legge divina per uomini e situazioni diverse. Tutti i coniugi, secondo il disegno divino, sono chiamati alla santità nel matrimonio e questa alta vocazione si realizza in quanto la persona umana è in grado di rispondere al comando divino con animo sereno, confidando nella grazia divina e nella propria volontà". In questa stessa linea, rientra nella pedagogia della Chiesa che i coniugi anzitutto riconoscano chiaramente la dottrina della 'Humanae Vitae' come normativa per l'esercizio della loro sessualità, e sinceramente si impegnino a porre le condizioni necessarie per osservare questa norma" (GIOVANNI PAOLO II, Esort. Apost. 'Familiaris Consortio', 22 novembre 1981, n. 34).
44 "In questo contesto si apre il giusto spazio alla 'misericordia di Dio' per il peccato dell'uomo che si converte e alla 'comprensione per l'umana debolezza'. Questa comprensione non significa mai compromettere e falsificare la misura del bene e del male per adattarla alle circostanze. Mentre è umano che l'uomo, avendo peccato, riconosca la sua debolezza e chieda misericordia per la propria colpa, è invece inaccettabile l'atteggiamento di chi fa della propria debolezza il criterio della verità sul bene, in modo da potersi sentire giustificato da solo, anche senza bisogno di ricorrere a Dio e alla sua misericordia. Un simile atteggiamento corrompe la moralità dell'intera società, perché insegna a dubitare dell'oggettività della legge morale in generale e a rifiutare l'assolutezza dei divieti morali circa determinati atti umani, e finisce con il confondere tutti i giudizi di valore" (GIOVANNI PAOLO II, Enc. 'Veritatis Splendor', 8 agosto 1993, n. 104).
45 "Se il confessore non ha dubbi sulle disposizioni del penitente e questi chieda l'assoluzione, essa non sia negata né differita" ('Codice di Diritto Canonico', can. 980).
46 "E ben sa altresì la Santa Chiesa, che non di rado uno dei coniugi patisce piuttosto il peccato, che esserne causa, quando, per ragione veramente grave, permette la perversione dell'ordine dovuto, alla quale pure non consente e di cui quindi non è colpevole, purché memore, anche in tal caso, delle leggi della carità, non trascuri di dissuadere il coniuge dal peccato e allontanarlo da esso" (PIO XI, Enc. 'Casti Connubii', 'AAS' 22 (1930), 561.
47 Cfr. DENZINGER-SCHÖNMETZER, 'Enchiridion Symbolorum', 2795, 3634.
48 "Dal punto di vista morale, non è mai lecito cooperare formalmente al male. Tale cooperazione si verifica quando l'azione compiuta, o per la sua stessa natura o per la configurazione che essa viene assumendo in un concreto contesto, si qualifica come partecipazione diretta ad un atto contro la vita umana innocente o come condivisione dell'intenzione immorale dell'agente principale" (GIOVANNI PAOLO II, Enc. 'Evangelium Vitae', 25 marzo 1995, n. 74).
49 "Questa disciplina, propria della purezza degli sposi, ben lungi dal nuocere all'amore coniugale, gli conferisce invece un più alto valore umano. Esige un continuo sforzo, ma grazie al suo benefico influsso i coniugi sviluppano integralmente la loro personalità arricchendosi di valori spirituali: essa apporta alla vita familiare frutti di serenità e di pace e agevola la soluzione di altri problemi; favorisce l'attenzione verso l'altro coniuge, aiuta gli sposi a bandire l'egoismo, nemico del vero amore, ed approfondisce il loro senso di responsabilità. I genitori acquistano con essa la capacità di un influsso più profondo ed efficace per l'educazione dei figli; la fanciullezza e la gioventù crescono nella giusta stima dei valori umani e nello sviluppo sereno ed armonico delle loro facoltà spirituali e sensibili" (PAOLO VI, Enc. 'Humanae Vitae', 25 luglio 1968, n. 21).
50 Per i sacerdoti, il "primo compito - specialmente per quelli che insegnano la teologia morale - è di esporre senza ambiguità l'insegnamento della Chiesa sul matrimonio. Siate i primi a dare, nell'esercizio del vostro ministero, l'esempio di un leale ossequio, interno ed esterno, al Magistero della Chiesa. Tale ossequio, ben lo sapete, obbliga non solo per le ragioni addotte, quanto piuttosto a motivo del lume dello Spirito Santo, del quale sono particolarmente dotati i Pastori della Chiesa per illustrare la verità. Sapete anche che è di somma importanza, per la pace delle coscienze e per l'unità del popolo cristiano, che, nel campo della morale come in quello del dogma, tutti si attengano al Magistero della Chiesa e parlino uno stesso linguaggio. Perciò con tutto il Nostro animo vi rinnoviamo l'accorato appello del grande Apostolo Paolo: "Vi scongiuro, fratelli, per il nome di Nostro Signore Gesù Cristo, abbiate tutti uno stesso sentimento, non vi siano tra voi divisioni, ma siate tutti uniti nello stesso spirito e nello stesso pensiero"". "Non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo è eminente forma di carità verso le anime. Ma ciò deve sempre accompagnarsi con la pazienza e la bontà di cui il Signore stesso ha dato l'esempio nel trattare con gli uomini. Venuto non per giudicare ma per salvare, Egli fu certo intransigente con il male, ma misericordioso verso le persone" (PAOLO VI, Enc. 'Humanae Vitae', 25 luglio 1968, nn. 28-29).
51 "Di fronte al problema di un'onesta regolazione della natalità, la comunità ecclesiale, nel tempo presente, deve assumersi il compito di suscitare convinzioni e di offrire aiuti concreti per quanti vogliono vivere la paternità e la maternità in modo veramente responsabile. In questo campo, mentre si compiace dei risultati raggiunti dalle ricerche scientifiche per una conoscenza più precisa dei ritmi di fertilità femminile e stimola una più decisiva ed ampia estensione di tali studi, la Chiesa non può non sollecitare con rinnovato vigore la responsabilità di quanti - medici, esperti, consulenti coniugali, educatori, coppie - possono aiutare effettivamente i coniugi a vivere il loro amore nel rispetto della struttura e delle finalità dell'atto coniugale che lo esprime. Ciò significa un impegno più vasto, decisivo e sistematico per far conoscere, stimare e applicare i metodi naturali di regolazione della fertilità. Una preziosa testimonianza può e deve essere data da quegli sposi che, mediante l'impegno comune della continenza periodica, sono giunti ad una più matura responsabilità personale di fronte all'amore ed alla vita. Come scriveva Paolo VI, "ad essi il Signore affida il compito di rendere visibile agli uomini la santità e la soavità della legge che unisce l'amore vicendevole degli sposi con la loro cooperazione all'amore di Dio autore della vita umana"" (GIOVANNI PAOLO II, Esort. Apost. 'Familiaris Consortio', 22 novembre 1981, n. 35).
52 "Fin dal primo secolo la Chiesa ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L'aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale" ('Catechismo della Chiesa Cattolica', n. 2271; vedi CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, 'Dichiarazione sull'aborto procurato', 18 novembre 1974). "La gravità morale dell'aborto procurato appare in tutta la sua verità se si riconosce che si tratta di un omicidio e, in particolare, se si considerano le circostanze specifiche che lo qualificano. Chi viene soppresso è un essere umano che si affaccia alla vita, ossia quanto di più 'innocente' in assoluto si possa immaginare" (GIOVANNI PAOLO II, Enc. 'Evangelium Vitae', 25 marzo 1995, n. 58).
53 Si tenga presente che "ipso iure" la facoltà di assolvere in foro interno in questa materia appartiene, come per tutte le censure non riservate alla Santa Sede e non dichiarate, a qualunque Vescovo, anche solo titolare, e al Penitenziere diocesano o collegiato (can. 508), nonché ai cappellani degli ospedali, delle carceri e degli itineranti (can. 566 § 2). Per la sola censura relativa all'aborto godono della facoltà di assolvere, per privilegio, i confessori appartenenti ad un Ordine mendicante o ad alcune Congregazioni religiose moderne.
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