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Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace
Per una migliore distribuzione della terra

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La proprietà della terra secondo la dottrina sociale della Chiesa

27. Nella prospettiva delineata dalle Sacre Scritture, la Chiesa ha elaborato lungo i secoli la sua dottrina sociale. Autorevoli e significativi documenti ne illustrano i principi fondamentali, i criteri per il giudizio e il discernimento, le indicazioni e gli orientamenti per le scelte opportune.

Nella dottrina sociale, il processo di concentrazione della proprietà della terra è giudicato uno scandalo perché in netto contrasto con la volontà ed il disegno salvifico di Dio, in quanto nega a tanta parte dell'umanità il beneficio dei frutti della terra.
Le perverse diseguaglianze nella distribuzione dei beni comuni e delle opportunità di sviluppo di ogni persona e gli squilibri disumanizzanti nelle relazioni individuali e collettive, provocati da una simile concentrazione, sono causa di conflitti che minano le fondamenta della convivenza civile e provocano il disfacimento del tessuto sociale e il degrado dell'ambiente naturale.

La destinazione universale dei beni e la proprietà privata

28. Le conseguenze dell'attuale disordine confermano l'esigenza, per l'intera società umana, di essere continuamente richiamata ai principi di giustizia, in particolare al principio della destinazione universale dei beni.

La dottrina sociale della Chiesa, infatti, fonda l'etica delle relazioni di proprietà dell'uomo rispetto i beni della terra sulla prospettiva biblica che indica la terra come dono di Dio a tutti gli esseri umani. "Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene, all'uso di tutti gli uomini e popoli, e pertanto i beni creati debbono secondo un equo criterio essere partecipati a tutti, essendo guida la giustizia, e compagna la carità. Pertanto... si deve sempre ottemperare a questa destinazione universale dei beni" 18.
Il diritto all'uso dei beni terreni è un diritto naturale, primario, di valore universale, in quanto compete ad ogni essere umano: non può essere violato da nessun altro diritto a contenuto economico 19; si dovrà piuttosto tutelare e rendere effettivo con leggi e istituzioni.

29. Mentre afferma l'esigenza di assicurare a tutti gli uomini, sempre e in qualsiasi circostanza, il godimento dei beni della terra, la dottrina sociale sostiene anche il diritto naturale all'appropriazione individuale di questi beni 20.

L'uomo, ogni uomo, pone a frutto, in modo effettivo ed efficace, i beni della terra che sono stati messi al suo servizio, e dunque afferma se stesso, se è nelle condizioni di poter usare liberamente di questi beni, avendone acquisito la proprietà 21.
Essa è condizione e presidio di libertà; è presupposto e garanzia della dignità della persona. "La proprietà privata o un qualche potere sui beni esterni assicurano a ciascuno una zona del tutto necessaria di autonomia personale e familiare, e devono considerarsi come un prolungamento della libertà umana. Infine, stimolando l'esercizio dei diritti e dei doveri, essi costituiscono una delle condizioni delle libertà civili" 22.
Senza il riconoscimento del diritto di proprietà privata sui beni anche produttivi, come attestano la storia e l'esperienza, si arriva alla concentrazione del potere, alla burocratizzazione dei vari ambiti di vita della società, al malcontento sociale, a comprimere e soffocare "le fondamentali espressioni della libertà" 23.

30. Il diritto alla proprietà privata, secondo il Magistero della Chiesa, non è però incondizionato ma, all'opposto, è caratterizzato da vincoli ben precisi.

La proprietà privata, infatti, quali che siano le forme concrete delle sue istituzioni e delle sue norme giuridiche, è, nella sua essenza, uno strumento per la realizzazione del principio della destinazione universale dei beni, dunque un mezzo e non un fine 24.
Il diritto alla proprietà privata, di per sé valido e necessario, deve essere circoscritto all'interno dei limiti di una sostanziale funzione sociale della proprietà. Ogni proprietario, pertanto, deve essere costantemente consapevole dell'ipoteca sociale che grava sulla proprietà privata: "Perciò l'uomo, usando di questi beni, deve considerare le cose esteriori che legittimamente possiede, non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso che possano giovare non unicamente a lui ma anche agli altri" 25.

31. La funzione sociale direttamente e naturalmente inerente alle cose e al loro destino, consente alla Chiesa di affermare nel suo insegnamento sociale: "Colui che si trova in estrema necessità, ha diritto di procurarsi il necessario dalle ricchezze altrui" 26. Il limite al diritto di proprietà privata è posto dal diritto di ogni uomo all'uso dei beni necessari per vivere.

Questa dottrina, già elaborata da San Tommaso d'Aquino 27, aiuta nella valutazione di alcune complesse situazioni di grande rilievo etico-sociale, quali l'espulsione dei contadini dalle terre che hanno lavorato, senza che sia stato assicurato loro il diritto di ricevere la parte dei beni necessari per vivere, e i casi di occupazione di terre incolte da parte di contadini che non ne sono proprietari e vivono in uno stato di estrema indigenza.

La condanna del latifondo

32. La dottrina sociale della Chiesa, basandosi sul principio della subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni, analizza le modalità di esercizio del diritto di proprietà della terra come spazio coltivabile e condanna il latifondo come intrinsecamente illegittimo.

Tale è la grande proprietà terriera, spesso malamente coltivata, o addirittura tenuta in riserva senza coltivarla per motivi speculativi, mentre si dovrebbe aumentare la produzione agricola per soddisfare la crescente domanda di alimenti della maggior parte della popolazione, sprovvista di terre da coltivare o con terre troppo limitate a disposizione.
Per la dottrina sociale della Chiesa, il latifondo contrasta nettamente con il principio che "la terra è data a tutti e non solamente ai ricchi", cosicché "nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario" 28.
Il latifondo, di fatto, nega ad una moltitudine di persone il diritto di partecipare con il proprio lavoro al processo produttivo e di sovvenire ai bisogni propri, della propria famiglia e a quelli della comunità e della nazione di cui fanno parte 29.
I privilegi assicurati dal latifondo sono causa di contrasti scandalosi e di situazioni di dipendenza e di oppressione tanto su scala nazionale che internazionale.

33. L'insegnamento sociale della Chiesa denuncia anche le insopportabili ingiustizie provocate dalle forme di appropriazione indebita della terra ad opera di proprietari o di imprese nazionali e internazionali, a volte sostenute da organismi dello Stato, i quali, calpestando ogni diritto acquisito e, non raramente, gli stessi titoli legali al possesso del suolo, spogliano i piccoli coltivatori ed i popoli indigeni delle loro terre.

Sono forme di appropriazione particolarmente gravi, perché, oltre ad accrescere la disuguaglianza nella distribuzione dei beni della terra, conducono, in genere, alla distruzione di una parte di questi stessi beni, impoverendo l'intera umanità. Esse determinano modi di sfruttamento della terra che spezzano equilibri tra l'uomo e l'ambiente costruiti nel corso dei secoli e provocano un forte degrado ambientale.
Questo deve apparire come il segno della disobbedienza dell'uomo al comando di Dio di agire come guardiano e saggio amministratore della creazione (cfr. Gen 2,15; Sap 9,2-3). Il prezzo di questa disobbedienza peccaminosa è altissimo. Essa, infatti, causa una grave e vile forma di mancanza di solidarietà tra gli uomini perché colpisce i più deboli e le generazioni future 30.

34. Alla condanna del latifondo e dell'appropriazione indebita della terra, contrari al principio della destinazione universale dei beni, la dottrina sociale aggiunge la condanna delle forme di sfruttamento del lavoro, specialmente quando esso viene remunerato con salari o altre modalità che sono indegni di un uomo.
Con l'ingiusta remunerazione per il lavoro compiuto e con altre forme di sfruttamento si nega ai lavoratori la possibilità di percorrere "una via concreta, attraverso la quale la stragrande maggioranza degli uomini può accedere a quei beni che sono destinati all'uso comune: sia beni della natura, sia quelli che sono frutto della produzione" 31.




18 CONC. ECUM. VAT. II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, 1965, n. 69.



19 Cfr. GIOVANNI XXIII, Lett. Enc. Mater et magistra, 1961, n. 69. Nel Radiomessaggio della Pentecoste 1941 Pio XII, trattando del diritto ai beni materiali, affermava che "Ogni uomo, quale vivente dotato di ragione, ha infatti dalla natura il diritto fondamentale di usare dei beni materiali della terra, pur essendo lasciato alla volontà umana e alle forme giuridiche dei popoli di regolarne più particolarmente la pratica attuazione. Tale diritto individuale non può essere in nessun modo soppresso, neppure da altri diritti certi e pacifici sui beni materiali" (n. 13).



20 Diritto naturale perché, secondo il Magistero della Chiesa, esso deriva dalla peculiare natura del lavoro umano e dalla "priorità ontologica e finalistica dei singoli esseri umani nei confronti della società", GIOVANNI XXIII, Mater et magistra, cit., n. 96.



21 "E per poter far fruttificare queste risorse per il tramite del suo lavoro, l'uomo si appropria di piccole parti delle diverse ricchezze della natura: del sottosuolo, del mare, della terra, dello spazio. Di tutto questo egli si appropria facendone il suo banco di lavoro. Se ne appropria mediante il lavoro e per un ulteriore lavoro", GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Laborem exercens, 1991, n. 12.



22 CONC. ECUM. VAT. II, Gaudium et spes, cit., n. 71b.



23 GIOVANNI XXIII, Mater et magistra, cit., n. 96.



24 "La tradizione cristiana non ha mai sostenuto questo diritto come un qualcosa di assoluto ed intoccabile. Al contrario, essa l'ha sempre inteso nel più vasto contesto del comune diritto di tutti ad usare i beni dell'intera creazione: il diritto della proprietà privata come subordinato al diritto dell'uso comune, alla destinazione universale dei beni", GIOVANNI PAOLO II, Laborem exercens, cit., n. 14.



25 CONC. ECUM. VAT. II, Gaudium et spes, cit., n. 69a.



26 Ivi.



27 Cfr. Summa Theologiae, II-II, q. 66 art. 7.



28 PAOLO VI, Lett. Enc. Populorum progressio, 1967, n. 23.



29 La proprietà dei mezzi di produzione in campo agricolo "giusta e legittima, se serve a un lavoro utile; diventa, invece, illegittima, quando non viene valorizzata o serve a impedire il lavoro di altri, per ottenere un guadagno che non nasce dall'espansione globale del lavoro e della ricchezza sociale, ma piuttosto dalla loro compressione, dall'illecito sfruttamento, dalla speculazione e dalla rottura della solidarietà nel mondo del lavoro. Una tale proprietà non ha nessuna giustificazione e costituisce un abuso al cospetto di Dio e degli uomini", GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Centesimus annus, 1991, n. 43.



30 La degradazione dell'ambiente materiale conduce, in sostanza, alla degradazione del "contesto umano che l'uomo non padroneggia più, creandosi così per il domani un ambiente che potrà essergli intollerabile: problema sociale di vaste dimensioni che riguarda l'intera famiglia umana", PAOLO VI, Lett. Apost. Octogesima adveniens, 1971, n. 21. All'opposto l'uomo deve lavorare sapendo di essere "erede del lavoro di generazioni e insieme coartefice del futuro di coloro che verranno dopo di lui nel succedersi della storia", GIOVANNI PAOLO II, Laborem exercens, cit., n. 16.



31 GIOVANNI PAOLO II, Laborem exercens, cit., n. 19.






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