Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace
Per una migliore distribuzione della terra

IntraText CT - Lettura del testo

Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze


Riforma agraria: indicazioni di un percorso

Attuare una riforma agraria effettiva, equa ed efficiente

35. Accade di frequente che le politiche tese a promuovere un uso corretto del diritto di proprietà privata della terra non servano ad impedire che essa continui ad essere esercitata, in vaste aree, come un diritto assoluto, senza limiti provenienti da corrispondenti obblighi sociali.

Su questo punto la dottrina sociale della Chiesa è molto esplicita e indica la riforma agraria come una delle più urgenti, da intraprendere senza indugio: "In molte situazioni sono dunque necessari cambiamenti radicali ed urgenti per ridare all'agricoltura - ed agli uomini dei campi - il giusto valore come base di una sana economia, nell'insieme dello sviluppo della comunità sociale" 32.
Particolarmente drammatico, a questo proposito, l'appello che Giovanni Paolo II ha lanciato ad Oaxaca, in Messico, agli uomini di governo e ai grandi proprietari terrieri: "A voi responsabili dei popoli, a voi classe di potere che a volte tenete improduttive le terre e nascondete il pane alle famiglie a cui manca, la coscienza umana, la coscienza dei popoli, il grido dei poveri derelitti, e soprattutto la voce di Dio, la voce della Chiesa ripetono con me: non è giusto, non è umano, non è cristiano continuare con certe situazioni chiaramente ingiuste. È necessario mettere in pratica misure concrete, efficaci, a livello locale, nazionale e internazionale secondo le ampie linee tracciate dall'enciclica Mater et magistra. Ed è chiaro che chi più deve collaborare a questo, è chi ha più potere" 33.

36. La dottrina sociale afferma, a più riprese, che deve essere garantita la maggiore valorizzazione possibile delle potenzialità produttive agricole laddove una percentuale rilevante della popolazione è dedita al lavoro dei campi ed è da esso dipendente. Nel caso di fondi non sufficientemente coltivati, essa giustifica, dietro congruo indennizzo ai proprietari 34, l'espropriazione della terra per assegnarla a coloro che ne sono privi o ne posseggono in misura troppo limitata 35.

È opportuno sottolineare, tuttavia, che, secondo la dottrina sociale, una riforma agraria non deve limitarsi alla sola distribuzione dei titoli di proprietà tra gli assegnatari.
L'espropriazione delle terre e la loro ridistribuzione sono soltanto uno degli aspetti, e non il più complesso, di una equa ed efficiente politica di riforma agraria 36.

Promuovere la diffusione della proprietà privata

37. La dottrina sociale della Chiesa individua nella riforma agraria uno strumento adatto a diffondere la proprietà privata della terra qualora i poteri pubblici si muovano secondo tre direttrici d'azione distinte, ma complementari:
a) a livello giuridico, affinché si abbiano leggi adeguate a mantenere e a tutelare l'effettiva diffusione della proprietà privata 37;
b) a livello di politiche economiche, per facilitare "una più larga diffusione della proprietà privata di beni di consumo durevoli, dell'abitazione, del podere, delle attrezzature proprie dell'impresa artigiana ed agricolo-familiare, dei titoli azionari nelle medie e nelle grandi aziende" 38;
c) a livello di politiche fiscali e tributarie, per assicurare la continuità della proprietà dei beni nell'ambito della famiglia 39.

Favorire lo sviluppo dell'impresa agricola familiare

38. Condannando sia il latifondo, perché espressione di un uso socialmente irresponsabile del diritto di proprietà e perché grave ostacolo alla mobilità sociale, sia la proprietà statale della terra, perché conduce ad una spersonalizzazione della società civile, la dottrina sociale della Chiesa, pur nella consapevolezza che "non è possibile fissare a priori quale sia la struttura più conveniente alla impresa agricola" 40, suggerisce di valorizzare ampiamente l'impresa familiare proprietaria della terra che coltiva direttamente 41.

L'impresa agricola a cui si fa riferimento utilizza prevalentemente nella propria azienda il lavoro familiare e si può integrare con il mercato del lavoro esterno assumendo lavoro salariato.
La dimensione aziendale di tale impresa dovrebbe essere tale da consentire il raggiungimento di redditi familiari adeguati, la continuità della famiglia nell'azienda, l'accesso al mercato del credito fondiario e la sostenibilità dell'ambiente rurale anche attraverso un utilizzo appropriato dei fattori.
Grazie all'efficienza della sua gestione e alla ricchezza sociale che viene così prodotta, una simile impresa crea nuove occasioni di lavoro e di crescita umana per tutti.
Essa, infatti, può offrire un contributo altamente positivo non solo allo sviluppo di una struttura agraria efficiente, ma anche alla realizzazione dello stesso principio della destinazione universale dei beni.

Rispettare la proprietà comunitaria dei popoli indigeni

39. Il Magistero sociale della Chiesa non considera la proprietà individuale come la sola forma legittima di possesso della terra. Esso tiene in particolare considerazione anche la proprietà comunitaria, che caratterizza la struttura sociale di numerosi popoli indigeni.

Questa forma di proprietà, infatti, incide tanto profondamente nella vita economica, culturale e politica di questi popoli da costituire un elemento fondamentale della loro sopravvivenza e del loro benessere, offrendo inoltre un contributo non meno basilare alla protezione delle risorse naturali 42.
La difesa e la valorizzazione della proprietà comunitaria, tuttavia, non deve escludere la consapevolezza del fatto che questo tipo di proprietà è destinato ad evolversi. Se si agisse in modo da garantire solo la sua semplice conservazione si correrebbe il rischio di legarla al passato e, in questo modo, di distruggerla 43.

Condurre una giusta politica del lavoro

40. La tutela dei diritti umani che scaturiscono dal lavoro è un'altra fondamentale direttrice d'azione che la dottrina sociale della Chiesa offre per assicurare un corretto esercizio del diritto di proprietà privata della terra. Date le relazioni che lo legano alla proprietà, il lavoro rappresenta un mezzo di importanza cruciale per assicurare la destinazione universale dei beni.

Vi è quindi il dovere per i pubblici poteri 44 di intervenire affinché questi diritti siano rispettati e realizzati, secondo tre essenziali direttrici:
a) promuovere le condizioni che assicurino il diritto al lavoro 45;
b) garantire il diritto alla giusta remunerazione del lavoro 46;
c) tutelare e promuovere il diritto dei lavoratori di costituire associazioni, che abbiano come scopo la difesa dei loro diritti 47. Il diritto di associazione rappresenta, infatti, la condizione necessaria per raggiungere l'equilibrio nei rapporti di potere contrattuale tra i lavoratori ed i loro datori di lavoro e per garantire, pertanto, lo sviluppo di una corretta dialettica tra le parti sociali.

Realizzare un sistema d'istruzione capace di produrre una effettiva crescita culturale e professionale della popolazione

41. Il fattore sempre più decisivo in vista dell'accesso ai beni della terra non è più, come nel passato, il possesso della terra, ma il patrimonio di conoscenze che l'uomo sa e può accumulare. Afferma Giovanni Paolo II: "Ma un'altra forma di proprietà esiste, in particolare, nel nostro tempo e riveste un'importanza non inferiore a quella della terra: è la proprietà della conoscenza, della tecnica e del sapere" 48.

Quanto più l'agricoltore conosce le capacità produttive della terra e degli altri fattori di produzione e le molteplici modalità con cui possono essere soddisfatti i bisogni dei destinatari dei frutti del proprio lavoro, tanto più fecondo diventa il suo lavoro, soprattutto come strumento di realizzazione personale, per il quale egli esercita la propria intelligenza e la propria libertà.
È necessario e urgente, pertanto, dare priorità all'obiettivo della realizzazione di un sistema d'istruzione capace di offrire, ai vari livelli scolastici, il più ampio bagaglio di conoscenze e di abilità tecniche e scientifiche.




32 Ivi, n. 21.



33 GIOVANNI PAOLO II, Discorso agli Indios del Messico, Cuilapan - Oaxaca, 29 gennaio 1979. Sul tema della riforma agraria, il Santo Padre Giovanni Paolo II è intervenuto in diverse occasioni: a Recife, in Brasile, il 7 luglio 1980; a Cuzco, in Perù, il 3 febbraio 1985; a Iquitos, in Perù, il 5 febbraio 1985; a Lucutanga, in Equador, il 31 gennaio 1985; a Quito, in Equador, il 30 gennaio 1985; nel Discorso ai Vescovi Brasiliani in visita "ad limina", il 24 marzo 1990; a Aterro do Bacanga São Luis, in Brasile, il 14 ottobre 1991; nel Discorso ai Vescovi Brasiliani in visita "ad limina", il 21 marzo 1995.



34 Cfr. PIO XII, Radiomessaggio, 1o settembre 1944, n. 13; CONC. ECUM. VAT. II, Gaudium et spes, cit. n. 71f.



35 "Il bene comune esige dunque talvolta l'espropriazione se, per via della loro estensione, del loro sfruttamento esiguo o nullo, della miseria che ne deriva per le popolazioni, del danno considerevole arrecato agli interessi del paese, certi possedimenti sono di ostacolo alla prosperità collettiva", PAOLO VI, Populorum progressio, cit., n. 24. "Si impongono pertanto ... anche riforme che diano modo di distribuire i fondi non sufficientemente coltivati a beneficio di coloro che sono capaci di metterli in valore", CONC. ECUM. VAT. II, Gaudium et spes, cit., n. 71f.



36 Cfr. GIOVANNI XXIII, Mater et magistra, cit., nn. 110-157.



37 "Principalissimo è questo: i governi devono per mezzo di sagge leggi assicurare la proprietà privata", LEONE XIII, Lett. Enc. Rerum novarum, 1891, n. 30.



38 GIOVANNI XXIII, Mater et magistra, cit., n. 102.



39 La pubblica autorità non può usare arbitrariamente del suo diritto di determinare i doveri della proprietà violando il diritto naturale di proprietà privata e di trasmissione ereditaria dei propri beni e non può "aggravare tanto con imposte e tasse esorbitanti la proprietà privata da renderla quasi stremata", PIO XI, Lett. Enc. Quadragesimo anno, 1931, n. 49.



40 GIOVANNI XXIII, Mater et magistra, cit., n. 128.



41 "... quando si ha dell'uomo e della famiglia una concezione umana e cristiana, non si può non considerare un ideale l'impresa configurata e funzionante come una comunità di persone nei rapporti interni e nelle strutture rispondenti ai criteri di giustizia e allo spirito sopraesposti; e, più ancora, l'impresa a dimensioni familiari; e non si può non adoperarsi perché l'una o l'altra, in rispondenza alle condizioni ambientali, diventino realtà", ivi, n. 128.



42 "Nelle società economicamente meno sviluppate frequentemente la destinazione comune dei beni è in parte attuata mediante un insieme di consuetudini e di tradizioni comunitarie, che assicurano a ciascun membro i beni più necessari", CONC. ECUM. VAT. II, Gaudium et spes, cit., n. 69b.



43 Cfr. ivi, n. 69.



44 "È, infatti, lo Stato che deve condurre una giusta politica del lavoro", GIOVANNI PAOLO II, Laborem exercens, cit., n. 17.



45 È dovere dello Stato "agire contro la disoccupazione, la quale è in ogni caso un male e, quando assume certe dimensioni, può diventare una vera calamità sociale", ivi, n. 18. Per rendere possibile a tutti l'occupazione, lo Stato deve promuovere una corretta organizzazione del lavoro mediante "una giusta e razionale coordinazione, nel quadro della quale deve essere garantita l'iniziativa delle singole persone, dei gruppi liberi, dei centri e complessi di lavoro locali, tenendo conto di ciò che è già stato detto sopra circa il carattere soggettivo del lavoro umano", ivi, n. 18.



46 La remunerazione del lavoro è giusta se, oltre al salario, il lavoratore può beneficiare delle "varie prestazioni sociali, aventi come scopo quello di assicurare la vita e la salute dei lavoratori e quella della loro famiglia", ivi, n. 19.



47 "L'esperienza storica insegna che ... l'unione degli uomini per assicurarsi i diritti che loro spettano, nata dalle necessità del lavoro, rimane un fattore costruttivo di ordine sociale e di solidarietà, da cui non è possibile prescindere", ivi, n. 20.



48 GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, cit., n. 32.






Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

IntraText® (V89) Copyright 1996-2007 EuloTech SRL