III. I cooperatori del vescovo diocesano
nel ministero pastorale
1) Vescovi coadiutori e ausiliari
25. Nel governo delle
diocesi si provveda al ministero dei vescovi in modo che sua suprema finalità
sia il bene del gregge del Signore. Ora, per meglio raggiungere tale bene, non
di rado si devono costituire dei vescovi ausiliari, perché il vescovo
diocesano, sia per l'eccessiva vastità della diocesi o per l'eccessivo numero
degli abitanti, sia a motivo di particolari circostanze di apostolato o di
altre cause di diversa natura, non può personalmente compiere tutti i doveri
del suo ministero, come esigerebbe il bene delle anime. Anzi talvolta
particolari bisogni esigono che, per aiutare i1 vescovo diocesano, si
stabilisca un vescovo coadiutore. Questi vescovi coadiutori e ausiliari devono
essere muniti di opportune facoltà, affinché, salva restando la unità del
governo diocesano e l'autorità del vescovo diocesano, la loro azione riesca più
efficace e la loro dignità episcopale sia salvaguardata.
Inoltre i vescovi coadiutori e ausiliari,
per il fatto che sono chiamati a partecipare alle sollecitudini del vescovo
diocesano, devono esplicare il loro mandato in maniera che in tutti gli affari
agiscano in piena armonia con lui. Devono sempre circondare il vescovo diocesano
di obbedienza e di rispetto, mentre egli, da parte sua, deve amarli come
fratelli e stimarli.
26. Quando ciò fosse
richiesto dal bene delle anime, il vescovo diocesano non abbia difficoltà a
domandare alla competente autorità uno o più ausiliari, che sono costituiti per
la diocesi, senza diritto di successione.
Se già ciò non è stato disposto nelle
lettere di nomina, il vescovo diocesano costituisca tale ausiliare o ausiliari
suoi vicari generali o almeno vicari vescovili, dipendenti soltanto dalla sua
autorità, e li consulti quando dovrà esaminare i problemi di maggiore
importanza, specialmente di carattere pastorale.
Se non è diversamente disposto dalla
competente autorità, alla morte del vescovo diocesano non cessano i poteri e le
facoltà dei vescovi ausiliari. Anzi è desiderabile che, durante la vacanza
della sede, a meno che gravi motivi non consiglino di fare diversamente,
l'incarico di reggere la diocesi sia affidato al vescovo ausiliare, o, se
questi sono più di uno, ad uno di essi.
Il vescovo coadiutore, colui cioè che è
nominato con diritto di successione dal vescovo diocesano, deve essere sempre
costituito vicario generale. E ad esso possono dalla competente autorità essere
concesse, in casi particolari, più ampie facoltà. Per il maggior bene presente
e futuro della diocesi, il vescovo coadiuvato ed il coadiutore non manchino di
consultarsi a vicenda nelle questioni più importanti.
2) Curia e consigli diocesani
27. Nella curia diocesana
è preminente l'ufficio del vicario generale. Ma ogni qual volta lo richieda un
saggio governo della diocesi, il vescovo può costituire uno o più vicari
vescovili che, in forza del diritto, in una determinata parte della diocesi, o
in un determinato settore di affari, o nei riguardi dei fedeli di un
determinato rito, godano dello stesso potere che il diritto comune attribuisce
al vicario generale.
Tra i collaboratori del vescovo nel governo
della diocesi sono da annoverare anche i sacerdoti, che costituiscono il suo
senato ed il suo consiglio: quali sono il capitolo cattedrale, il collegio dei
consultori o altri consigli, secondo le circostanze ed il carattere dei diversi
luoghi. A tali istituzioni, e specialmente ai capitoli cattedrali, si diano,
quando è necessario, una nuova organizzazione, corrispondente alle esigenze dei
nostri tempi.
Tanto i sacerdoti che i laici facenti parte
della curia siano ben consapevoli che collaborano al ministero pastorale del
vescovo. La curia diocesana sia ordinata in modo da diventare un mezzo idoneo,
non solo per l'amministrazione della diocesi, ma anche per l'esercizio delle
opere di apostolato.
È grandemente desiderabile che in ogni
diocesi si costituisca una commissione pastorale, che sia presieduta dal
vescovo diocesano e della quale facciano parte sacerdoti, religiosi e laici,
scelti con particolare cura. Sarà compito di tale commissione studiare ed esaminare
tutto ciò che si riferisce alle opere di apostolato, per poi proporre
conclusioni pratiche.
3) Clero diocesano
28. Tutti i sacerdoti, sia
diocesani che religiosi, partecipano in unione col vescovo, all'unico sacerdozio
di Cristo e lo esercitano con lui; pertanto essi sono costituiti provvidenziali
cooperatori dell'ordine episcopale. Nell'esercizio del sacro ministero il ruolo
principale spetta ai sacerdoti diocesani, perché, essendo essi incardinati o
addetti ad una Chiesa particolare, si consacrano tutti al suo servizio, per la
cura spirituale di una porzione del gregge del Signore. Perciò essi
costituiscono un solo presbiterio ed una sola famiglia, di cui il vescovo è
come il padre. Questi, per poter meglio e più giustamente distribuire i sacri
ministeri tra i suoi sacerdoti, deve poter godere della necessaria libertà nel
conferire gli uffici e i benefici; ciò comporta la soppressione dei diritti e
dei privilegi che in qualsiasi modo limitino tale libertà.
Le relazioni tra il vescovo e i sacerdoti
diocesani devono poggiare principalmente sulla base di una carità
soprannaturale, affinché l'unità di intenti tra i sacerdoti e il vescovo renda
più fruttuosa la loro azione pastorale. A tale scopo, perché se ne avvantaggi
sempre più il servizio delle anime, il vescovo chiami i sacerdoti a colloquio,
anche in comune con altri, per trattare questioni pastorali; e ciò non solo
occasionalmente, ma, per quanto è possibile, a date fisse.
Inoltre tutti i sacerdoti diocesani devono
essere uniti tra di loro e sentirsi corresponsabili del bene spirituale di
tutta la diocesi. Ricordando altresì che i beni materiali, da loro acquisiti
nell'esercizio del loro ufficio ecclesiastico, sono legati al loro sacro
ministero, vengano in generoso soccorso delle necessità materiali della
diocesi, secondo le disposizioni del vescovo e in misura delle loro
possibilità.
29. Sono da ritenere
diretti collaboratori del vescovo anche quei sacerdoti ai quali egli affida un
ufficio pastorale oppure opere di carattere superparrocchiale, sia riguardo ad
un determinato territorio della diocesi, sia riguardo a speciali ceti di
fedeli, sia riguardo ad una particolare forma di attività. Prestano anche una
preziosa collaborazione quei sacerdoti ai quali il vescovo affida diversi
incarichi di apostolato, sia nelle scuole, sia in istituti od associazioni.
Anche i sacerdoti, che sono addetti ad opere sopradiocesane, meritano una
particolare considerazione a motivo delle preziose opere di apostolato che
esercitano, e ciò specialmente da parte del vescovo nel cui territorio hanno il
domicilio.
I parroci
30. Ma i principali
collaboratori del vescovo sono i parroci: ad essi, come a pastori propri, è
affidata la cura delle anime in una determinata parte della diocesi, sotto
l'autorità dello stesso vescovo.
1) Nell'esercizio della loro missione i
parroci con i loro cooperatori devono svolgere il compito di insegnare e di
governare in modo che i fedeli e le comunità parrocchiali si sentano realmente
membri non solo della diocesi, ma anche della Chiesa universale. Collaborino
perciò sia con gli altri parroci, sia con i sacerdoti che esercitano il
ministero parrocchiale in quel territorio (quali sono, per esempio, i vicari
foranei e i decani) o sono addetti ad opere di carattere superparrocchiale
affinché la cura pastorale abbia la dovuta unità e sia resa più efficace. La
cura delle anime deve inoltre essere animata da spirito missionario, cosicché
si estenda, nel modo dovuto, a tutti gli abitanti della parrocchia. Se i
parroci non possono raggiungere alcuni ceti di persone, ricorrano all'opera di
altri, anche laici, perché li aiutino nell'apostolato. Per rendere più efficace
la cura delle anime va caldamente raccomandata la vita comune dei sacerdoti,
specialmente di quelli addetti alla stessa parrocchia; essa, mentre giova
all'attività apostolica, offre ai fedeli esempio di carità e di unità.
2) Per quanto riguarda il ministero di
insegnare, i parroci devono predicare la parola di Dio a tutti i fedeli, perché
essi, radicati nella fede, nella speranza e nella carità, crescano in Cristo, e
la comunità cristiana renda quella testimonianza di carità che il Signore ha
raccomandato inoltre, con un'istruzione catechistica appropriata all'età di
ciascuno, devono condurre i fedeli alla piena conoscenza del mistero della
salvezza. Nell'impartire questa istruzione si servano non solo dell'aiuto dei
religiosi, ma anche della collaborazione dei laici, istituendo pure la confraternita
della dottrina cristiana. Nel campo del ministero della santificazione, i
parroci abbiano di mira che la santa messa diventi il centro ed il culmine di
tutta la vita della comunità cristiana; si sforzino inoltre perché i fedeli
alimentino la loro vita spirituale accostandosi devotamente e frequentemente ai
santi sacramenti e partecipando consapevolmente ed attivamente alla liturgia. I
parroci inoltre si ricordino che il sacramento della penitenza è di grandissimo
giovamento per la vita cristiana; quindi Si mostrino sempre disposti e pronti
ad ascoltare le confessioni dei fedeli, chiamando in aiuto, se occorra, anche
altri sacerdoti che conoscano bene differenti lingue. Nel compiere il loro
dovere di pastori, i parroci si studino di conoscere il loro gregge. E poiché
sono i servitori di tutti i fedeli, si adoperino a sviluppare la vita cristiana
in ogni fedele, sia nelle famiglie, sia nelle associazioni, soprattutto in
quelle dedite all'apostolato, sia in tutta la comunità parrocchiale. Pertanto
visitino le case e le scuole, secondo le esigenze del loro compito pastorale;
provvedano con ogni premura agli adolescenti ed ai giovani; circondino di una
carità paterna i poveri e gli ammalati; rivolgano una particolare cura agli
operai e stimolino i fedeli a portare il loro concorso alle opere di
apostolato.
3) I vicari parrocchiali, che sono i
collaboratori del parroco, danno ogni giorno un prezioso ed attivo aiuto
all'esercizio del ministero pastorale, sotto l'autorità del parroco. Perciò tra
il parroco ed i suoi vicari vi siano sempre relazioni fraterne, carità e
rispetto vicendevoli. Parroco e vicari si sorreggano a vicenda col consiglio,
con l'aiuto e con l'esempio; ed insieme facciano fronte al lavoro parrocchiale
con unità di intenti e concordia di sforzi.
Le parrocchie
31. Quando il vescovo deve
giudicare della idoneità di un sacerdote a reggere una parrocchia, tenga
presente non solo la sua dottrina, ma anche la sua pietà, il suo zelo
apostolico e le altre doti e qualità necessarie al buon esercizio della cura
delle anime. Inoltre, dato che lo scopo fondamentale del ministero parrocchiale
è il bene delle anime, conviene che il vescovo possa procedere più facilmente e
convenientemente a provvedere alle parrocchie. Si aboliscano, salvo il diritto
dei religiosi, sia tutti i diritti di presentazione, di nomina, di riserva,
sia, dove esiste, la legge del concorso, generale e particolare.
I parroci nella loro parrocchia devono poter
godere di quella stabilità di ufficio che il bene delle anime esige. Perciò,
abrogata ogni distinzione tra i parroci amovibili e inamovibili, nel trasferire
e nel rimuovere i parroci si adotti e si renda sempre più semplice il sistema
secondo il quale il vescovo, nel rispetto dell'equità, nel senso naturale e in
quello canonico del termine, possa più convenientemente provvedere al bene
delle anime. I parroci poi, che o per la loro troppa avanzata età o per altra
grave ragione, non possono più adempiere con frutto il loro ministero, sono pregati
di voler essi stessi, spontaneamente o dietro invito del vescovo, rinunziare al
loro ufficio. Il vescovo da parte sua provveda ai rinunziatari un congruo
sostentamento.
32. Infine, la salvezza
della anime sia l'unica ragione in base alla quale sono decise o riconosciute
le erezioni o le soppressioni di parrocchie, o altri cambiamenti analoghi, che
il vescovo esegue in forza della sua autorità.
4) I religiosi
33. A tutti i
religiosi--ai quali nelle materie seguenti sono equiparati i membri degli altri
istituti, che professano i consigli evangelici--secondo la particolare
vocazione di ciascun istituto, incombe l'obbligo di lavorare con ogni impegno e
diligenza per l'edificazione e l'incremento del corpo mistico di Cristo e per
il bene delle Chiese particolari.
E tale scopo essi sono tenuti a perseguire
soprattutto con la preghiera, con le opere della penitenza e con l'esempio
della loro vita: e questo santo Sinodo li esorta ad accrescere sempre più in
loro stessi la stima e la pratica di tali elementi spirituali. Ma nello stesso
tempo essi devono partecipare sempre più alacremente alle opere esterne di
apostolato, tenuta presente la caratteristica propria di ogni istituto.
34. I religiosi sacerdoti,
che sono rivestiti del carattere presbiterale, per essere anch'essi
provvidenziali collaboratori dell'ordine episcopale, oggi più che in passato
possono essere di valido aiuto ai vescovi, date le aumentate necessità delle
anime. Perciò, per il fatto che partecipano alla cura delle anime ed alle opere
di apostolato sotto l'autorità dei sacri pastori, essi sono da considerare come
veramente appartenenti al clero diocesano.
Anche gli altri religiosi, tanto gli uomini
come le donne, appartengono a titolo particolare alla famiglia diocesana,
recano un notevole aiuto alla sacra gerarchia e, nelle accresciute necessità
dell'apostolato, lo possono e lo devono recare in misura ancora maggiore per
l'avvenire.
I religiosi nella diocesi
35. Affinché però le opere
dell'apostolato nelle singole diocesi siano sempre attuate nella concordia e
sia salvaguardata l'unità della vita diocesana, si stabiliscono i seguenti
principi fondamentali.
1) I religiosi tutti, considerando i vescovi
come successori degli apostoli, li devono sempre circondare di rispetto e di
riverenza. Inoltre, quando sono legittimamente incaricati di attività
apostoliche, devono esercitare il loro compito in modo da divenire aiutanti dei
vescovi. Anzi, i religiosi assecondino prontamente e fedelmente le richieste ed
i desideri dei vescovi nell'assumere sempre maggiori responsabilità nel
ministero delle anime, pur facendolo nel rispetto del carattere e delle
costituzioni di ciascun istituto. Queste ultime, se necessario, siano adattate
al fine suddetto, tenendo presenti i principi di questo decreto conciliare.
Specialmente in vista delle urgenti necessità delle anime e della scarsità del
clero diocesano, gli istituti religiosi, che non sono esclusivamente addetti
alla vita contemplativa, possono essere invitati dai vescovi a collaborare nei
vari ministeri pastorali, tenute tuttavia presenti le caratteristiche di
ciascun istituto. E i superiori religiosi, per quanto possono, stimolino i loro
dipendenti a prestare tale collaborazione, accettando il governo anche
temporaneo di parrocchie.
2) I religiosi dediti all'apostolato esterno
conservino lo spirito del loro istituto religioso e restino fedeli
all'osservanza della loro regola e sottomessi a loro superiori. E i vescovi non
manchino di ricordare ai religiosi questo loro obbligo.
3) L'esenzione, in virtù della quale i
religiosi di pendono dal sommo Pontefice o da altra autorità ecclesiastica e
sono esenti dalla giurisdizione dei ve scovi, riguarda principalmente l'ordine
interno degli istituti: il loro fine è che in essi tutte le cose siano tra loro
unite e ordinate e concorrano all'incremento ed al perfezionamento della vita
religiosa. La medesima esenzione consente al sommo Pontefice di disporre dei
religiosi, a bene della Chiesa universale e alle altre competenti autorità di
servirsi della loro opera a vantaggio delle Chiese sottoposte alla loro
giurisdizione. Ma tale esenzione non impedisce che i religiosi nelle singole
diocesi siano soggetti alla giurisdizione dei vescovi, a norma del diritto,
come richiedono sia il ministero pastorale dei vescovi, sia un'appropriata
organizzazione del ministero delle anime.
4) Tutti i religiosi, gli esenti e quelli
non esenti sono soggetti all'autorità dei vescovi in tutto ciò che riguarda il
pubblico esercizio del culto divino, salva la diversità dei riti; la cura delle
anime; la predicazione al popolo; l'educazione religiosa e morale dei fedeli e
specialmente dei fanciulli; l'istruzione catechistica e la formazione
liturgica; il prestigio del loro stato clericale; ed infine, le varie opere
relative all'esercizio del sacro apostolato. Anche le scuole cattoliche dei
religiosi sono soggette all'ordinario del luogo in ciò che si riferisce al loro
ordinamento generale ed alla loro vigilanza, fermo restando, tuttavia, il
diritto dei religiosi circa la loro direzione. Parimenti i religiosi sono
obbligati ad osservare tutte quelle disposizioni che i Concili o le conferenze
episcopali legittimamente stabiliscono per tutti.
5) Si favorisca tra i vari istituti
religiosi, così come tra questi e il clero diocesano, un'ordinata
collaborazione. Inoltre si faccia in modo che tutte le opere e attività
apostoliche siano tra loro ben coordinate: ciò si ottiene soprattutto fomentando
quella disposizione di menti e di cuori che è fondata e radicata nella carità.
Il promuovere poi tale coordinazione spetta alla santa Sede per tutta la
Chiesa, ai sacri pastori nelle singole diocesi, ai sinodi patriarcali ed alle
conferenze dei vescovi nel loro territorio. Per quanto riguarda le opere di
apostolato esercitate da religiosi, i vescovi o le conferenze episcopali da una
parte, ed i superiori religiosi o le conferenze dei superiori maggiori
dall'altra, vogliano procedere a mettere in comune i propri progetti, dopo
essersi vicendevolmente consultati.
6) Per favorire concordi e fruttuose
relazioni tra i vescovi ed i religiosi, sarà bene che i vescovi ed i superiori
religiosi si radunino periodicamente o quando ciò è ritenuto opportuno, per
trattare gli affari riguardanti l'insieme dell'apostolato nel territorio.
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