C) Norme derivanti dalla natura didattica
e pastorale della liturgia
33. Benché la sacra
liturgia sia principalmente culto della maestà divina, tuttavia presenta anche
un grande valore pedagogico per il popolo credente. Nella liturgia, infatti,
Dio parla al suo popolo e Cristo annunzia ancora il suo Vangelo; il popolo a
sua volta risponde a Dio con il canto e con la preghiera. Anzi, le preghiere
rivolte a Dio dal sacerdote che presiede l'assemblea nel ruolo di Cristo,
vengono dette a nome di tutto il popolo santo e di tutti gli astanti. Infine, i
segni visibili di cui la sacra liturgia si serve per significare le realtà
invisibili, sono stati scelti da Cristo o dalla Chiesa. Perciò non solo quando
si legge « ciò che fu scritto a nostra istruzione » (Rm 15,4) ma anche quando
la Chiesa prega o canta o agisce, la fede dei partecipanti è alimentata, le
menti sono elevate verso Dio per rendergli un ossequio ragionevole e ricevere
con più abbondanza la sua grazia. Pertanto, nell'attuazione della riforma, si
tenga conto delle seguenti norme generali.
Semplicità e decoro dei riti
34. I riti splendano per
nobile semplicità; siano trasparenti per il fatto della loro brevità e senza
inutili ripetizioni; siano adattati alla capacità di comprensione dei fedeli né
abbiano bisogno, generalmente, di molte spiegazioni.
Bibbia, predicazione e catechesi
liturgica
35. Affinché risulti
evidente che nella liturgia rito e parola sono intimamente connessi:
1) Nelle sacre celebrazioni si restaurerà
una lettura della sacra Scrittura più abbondante, più varia e meglio scelta.
2) Il momento più adatto per la
predicazione, che fa parte dell'azione liturgica, nella misura in cui il rito
lo permette, sia indicato anche nelle rubriche e il ministero della parola sia
adempiuto con fedeltà e nel debito modo. La predicazione poi attinga anzitutto
alle fonti della sacra Scrittura e della liturgia, poiché essa è l'annunzio
delle mirabili opere di Dio nella storia della salvezza, ossia nel mistero di
Cristo, mistero che è in mezzo a noi sempre presente e operante, soprattutto
nelle celebrazioni liturgiche.
3) Si cerchi anche di inculcare in tutti i
modi una catechesi più direttamente liturgica; negli stessi riti siano
previste, quando necessario, brevi didascalie composte con formule prestabilite
o con parole equivalenti e destinate a essere recitate dal sacerdote o dal
ministro competente nei momenti più opportuni.
4) Si promuova la celebrazione della parola
di Dio, alla vigilia delle feste più solenni, in alcune ferie dell'avvento e
della quaresima, nelle domeniche e nelle feste, soprattutto nei luoghi dove
manca il sacerdote; nel qual caso diriga la celebrazione un diacono o altra
persona delegata dal vescovo.
Latino e lingue nazionali nella
liturgia
36.
L'uso della lingua latina, salvo diritti
particolari, sia conservato nei riti latini.
Dato però che, sia nella messa che
nell'amministrazione dei sacramenti, sia in altre parti della liturgia,
non di rado l'uso della lingua nazionale può riuscire di grande utilità
per il popolo, si conceda alla lingua nazionale una parte più ampia,
specialmente nelle letture e nelle ammonizioni, in alcune preghiere e
canti, secondo le norme fissate per i singoli casi nei capitoli seguenti.
In base a queste norme, spetta alla competente
autorità ecclesiastica territoriale, di cui all'art. 22- 2 (consultati
anche, se è il caso, i vescovi delle regioni limitrofe della stessa
lingua) decidere circa l'ammissione e l'estensione della lingua nazionale.
Tali decisioni devono essere approvate ossia confermate dalla Sede
apostolica.
La traduzione del testo latino in lingua
nazionale da usarsi nella liturgia deve essere approvata dalla competente
autorità ecclesiastica territoriale di cui sopra.
|