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Doc. del Concil. Ecum. Vaticano II IntraText CT - Lettura del testo |
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CAPITOLO III LE CHIESE PARTICOLARI Il progresso delle giovani Chiese In queste giovani Chiese appunto la vita del popolo di Dio deve giungere a maturità in tutti i campi della vita cristiana, che deve essere rinnovata secondo le norme di questo Concilio: ed ecco i gruppi di fedeli con crescente consapevolezza si fanno comunità viventi della fede, della liturgia e della carità; i laici, con la loro attività, che è a un tempo civica ed apostolica, si sforzano di instaurare nella città terrena un ordine di giustizia e di carità; l'uso dei mezzi di comunicazione sociale è ispirato a criteri di opportunità e prudenza; le famiglie, praticando la vera vita cristiana, diventano fonte dell'apostolato dei laici e vivaio di vocazioni sacerdotali e religiose. La fede infine è oggetto di insegnamento catechistico appropriato, trova la sua espressione in una liturgia rispondente all'indole del popolo, e viene introdotta, grazie ad un'adeguata legislazione canonica, nelle sane istituzioni umane e nelle consuetudini locali. I vescovi poi, ciascuno con il proprio presbiterio, approfondendo sempre meglio in se stessi il senso di Cristo e della Chiesa, devono essere in unità di pensieri e di vita con la Chiesa universale. Ed intima resti la comunione delle giovani Chiese con tutta quanta la Chiesa, la cui tradizione esse devono saper collegare in tutti i suoi elementi con la propria cultura, sicché ne risulti, come per uno scambio reciproco di energie, una crescita nella vita del corpo mistico '. Siano pertanto curati quegli elementi teologici, psicologici ed umani che si rivelano atti ed efficaci per lo sviluppo di questo senso di comunione con la Chiesa universale. Queste stesse Chiese, che si trovano quasi sempre nelle regioni economicamente depresse del mondo, soffrono per lo più per grave scarsezza di sacerdoti e per mancanza di mezzi materiali. È quindi assolutamente indispensabile che l'azione missionaria continua di tutta la Chiesa fornisca loro quegli aiuti che servano soprattutto allo sviluppo della Chiesa locale e alla maturità della vita cristiana. Questa azione missionaria deve estendere il soccorso anche a quelle Chiese che, pur esistendo da antica data, si trovano, per così dire, in fase di regresso o in uno stato di debolezza. Tuttavia queste Chiese devono organizzare il lavoro pastorale comune creando opere adatte perché le vocazioni che interessano il clero diocesano o gli istituti religiosi crescano di numero, vengano vagliate con maggiore sicurezza e coltivate con migliore riuscita così, a poco a poco, saranno in grado di provvedere a se stesse e di portare aiuto alle altre. L'attività missionaria delle Chiese particolari È inoltre necessario il ministero della parola, perché il messaggio evangelico giunga a tutti. Il vescovo deve essere essenzialmente il messaggero di fede che porta nuovi discepoli a Cristo 3. Per rispondere bene a questo nobilissimo compito deve conoscere a fondo sia le condizioni del suo gregge, sia la concezione che di Dio hanno i suoi concittadini, tenendo conto esattamente anche dei mutamenti introdotti dalla cosiddetta urbanizzazione, dal fenomeno della emigrazione e dall'indifferentismo religioso. I sacerdoti locali attendano con molto zelo all'opera di evangelizzazione nelle giovani Chiese, collaborando attivamente con i missionari di origine straniera, con i quali costituiscono un unico corpo sacerdotale riunito sotto l'autorità del vescovo: ciò non solo per pascere i propri fedeli e per celebrare il culto divino, ma anche per predicare il Vangelo a coloro che stanno fuori. Perciò dimostrino prontezza e, all'occasione, si offrano generosamente al proprio vescovo per iniziare l'attività missionaria nelle zone più lontane ed abbandonate della propria diocesi o anche di altre diocesi. Dello stesso zelo siano animati i religiosi e le religiose, ed anche i laici verso i propri concittadini, specie quelli più poveri. Le conferenze episcopali procurino che periodicamente si tengano corsi di aggiornamento biblico, teologico, spirituale e pastorale, allo scopo di consentire al clero, di fronte al variare incessante delle situazioni, di approfondire la conoscenza della teologia e dei metodi pastorali. Quanto al resto, si osservino religiosamente tutte le disposizioni che questo Concilio ha emanato, specialmente quelle del decreto relativo al ministero ed alla vita sacerdotale. Una Chiesa particolare, per poter realizzare la propria opera missionaria, ha bisogno di ministri adatti, che vanno preparati tempestivamente in maniera rispondente alle condizioni di ciascuna di esse. E poiché gli uomini tendono sempre più a riunirsi in gruppi, è sommamente conveniente che le conferenze episcopali concordino una comune linea di azione, in ordine al dialogo da stabilire con tali gruppi. Se però in certe regioni esistono dei gruppi di uomini, che sono distolti dall'abbracciare la fede cattolica dall'incapacità di adattarsi a quella forma particolare che la Chiesa ha assunto in mezzo a loro, è senz'altro desiderabile che si provveda ad una tale situazione con misure particolari finché non si arrivi a riunire tutti i cristiani in un'unica comunità. Se poi la santa Sede dispone di missionari preparati a questo scopo, pensino i singoli vescovi a chiamarli nelle proprie diocesi o li accolgano ben volentieri, favorendo efficacemente le loro iniziative. Perché questo zelo missionario fiorisca nei membri della loro patria, è altresì conveniente che le giovani Chiese partecipino quanto prima effettivamente alla missione universale della Chiesa, inviando anch'esse dei missionari a predicare il Vangelo dappertutto nel mondo, anche se soffrono di scarsezza di clero. La comunione con la Chiesa universale raggiungerà in un certo senso la sua perfezione solo quando anch'esse prenderanno parte attiva allo sforzo missionario diretto verso le altre nazioni. L'apostolato dei laici La ragione è che i fedeli laici appartengono insieme al popolo di Dio e alla società civile. Appartengono anzitutto alla propria nazione, perché vi son nati, perché con la educazione han cominciato a partecipare al suo patrimonio culturale, perché alla sua vita si rannodano nella trama multiforme delle relazioni sociali, perché al suo sviluppo cooperano e danno un personale contributo con la loro professione, perché i suoi problemi essi sentono come loro problemi e come tali si sforzano di risolverli. Ma essi appartengono anche a Cristo, in quanto nella Chiesa sono stati rigenerati attraverso la fede e il battesimo, affinché, rinnovati nella vita e nell'opera, siano di Cristo (cfr. 1 Cor 15,23), ed in Cristo tutto a Dio sia sottoposto, e finalmente Dio sia tutto in tutti (cfr. 1 Cor 15,28). Principale loro compito, siano essi uomini o donne, è la testimonianza a Cristo, che devono rendere, con la vita e con la parola, nella famiglia, nel gruppo sociale cui appartengono e nell'ambito della professione che esercitano. In essi deve realmente apparire l'uomo nuovo, che è stato creato secondo Dio in giustizia e santità della verità (cfr. Ef 4,24). Questa vita nuova debbono esprimerla nell'ambito della società e della cultura della propria patria, e nel rispetto delle tradizioni nazionali. Debbono perciò conoscere questa cultura, purificarla, conservarla e svilupparla in armonia con le nuove condizioni, e infine perfezionarla in Cristo, affinché la fede di Cristo e la vita della Chiesa non siano già elementi estranei alla società in cui vivono, ma comincino a penetrarla ed a trasformarla. I laici si sentano uniti ai loro concittadini da sincero amore, rivelando con il loro comportamento quel vincolo assolutamente nuovo di unità e di solidarietà universale, che attingono dal mistero del Cristo. Diffondano anche la fede di Cristo tra coloro a cui li legano vincoli sociali e professionali: questo obbligo è reso più urgente dal fatto che moltissimi uomini non possono né ascoltare il Vangelo né conoscere Cristo se non per mezzo di laici che siano loro vicini. Anzi, laddove è possibile, i laici siano pronti a cooperare ancora più direttamente con la gerarchia, svolgendo missioni speciali per annunziare il Vangelo e divulgare l'insegnamento cristiano: daranno così vigore alla Chiesa che nasce. I ministri della Chiesa da parte loro abbiano grande stima dell'attività apostolica dei laici: li educhino a quel senso di responsabilità che li impegna, in quanto membra di Cristo, dinanzi a tutti gli uomini; diano loro una conoscenza approfondita del mistero del Cristo, insegnino loro i metodi di azione pastorale e li aiutino nelle difficoltà, secondo lo spirito della costituzione Lumen gentium e del decreto Apostolicam actuositatem. Nel pieno rispetto dunque delle funzioni e responsabilità specifiche dei pastori e dei laici, la giovane Chiesa tutta intera renda a Cristo una testimonianza unanime, viva e ferma, divenendo così segno luminoso di quella salvezza che a noi è venuta nel Cristo. Tradizioni particolari nell'unità ecclesiale Per raggiungere questo scopo è necessario che, nell'ambito di ogni vasto territorio socio-culturale, come comunemente si dice, venga promossa una ricerca teologica di tal natura per cui, alla luce della tradizione della Chiesa universale, siano riesaminati fatti e parole oggetto della Rivelazione divina, consegnati nella sacra Scrittura e spiegati dai Padri e dal magistero ecclesiatico. Si comprenderà meglio allora secondo quali criteri la fede, tenendo conto della filosofia e del sapere, può incontrarsi con la ragione, ed in quali modi le consuetudini, la concezione della vita e la struttura sociale possono essere conciliati con il costume espresso nella Rivelazione divina. Ne risulteranno quindi chiari i criteri da seguire per un più accurato adattamento della vita cristiana nel suo complesso. Così facendo sarà esclusa ogni forma di sincretismo e di particolarismo fittizio, la vita cristiana sarà commisurata al genio e al carattere di ciascuna cultura, e le tradizioni particolari insieme con le qualità specifiche di ciascuna comunità nazionale, illuminate dalla luce del Vangelo, saranno assorbite nell'unità cattolica. Infine le nuove Chiese particolari, conservando tutta la bellezza delle loro tradizioni, avranno il proprio posto nella comunione ecclesiale, lasciando intatto il primato della cattedra di Pietro, che presiede all'assemblea universale della carità. È dunque desiderabile, per non dire sommamente conveniente, che le conferenze episcopali si riuniscano insieme nell'ambito di ogni vasto territorio socio-culturale, per poter realizzare, in piena armonia tra loro ed in uniformità di decisioni, questo piano di adattamento.
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