A. Orgoglio e ugualitarismo
La persona orgogliosa, soggetta all’autorità di un’altra, odia in
primo luogo il giogo che in concreto pesa su di lei.
In secondo luogo l’orgoglioso odia genericamente tutte le autorità
e tutti i gioghi, e più ancora lo stesso principio d’autorità, considerato in
astratto.
E, poiché odia ogni autorità, odia anche ogni superiorità, di
qualsiasi ordine sia.
E in tutto questo si manifesta un vero odio a Dio26.
Questo odio per ogni disuguaglianza si è spinto tanto oltre che,
mosse da esso, persone di alta posizione l’hanno messa a repentaglio e perfino
compromessa soltanto per non accettare la superiorità di chi sta più in alto di
loro.
Ma vi è di più. In un eccesso di virulenza l’orgoglio può portare
qualcuno a lottare per l’anarchia e a rifiutare il potere supremo che gli fosse
offerto. E ciò perché la semplice esistenza di questo potere supremo contiene
implicitamente l’affermazione del principio d’autorità, a cui ogni uomo in
quanto tale — e anche l’orgoglioso — può essere soggetto.
L’orgoglio può così condurre all’ugualitarismo più completo e
radicale.
Gli aspetti di questo ugualitarismo radicale e metafisico sono
diversi:
a. Uguaglianza fra gli uomini e Dio: da ciò il panteismo, l’immanentismo
e tutte le forme esoteriche di religione, che mirano a stabilire un rapporto da
uguale a uguale fra Dio e gli uomini e hanno per scopo di attribuire a questi
ultimi prerogative divine. L’ateo è un ugualitario che, volendo evitare l’assurdità
dell’affermazione che l’uomo è Dio, cade in un altro assurdo, affermando che
Dio non esiste. Il laicismo è una forma di ateismo e quindi di ugualitarismo.
Esso afferma l’impossibilità di giungere alla certezza dell’esistenza di Dio.
Quindi, nella sfera temporale, l’uomo deve agire come se Dio non esistesse,
ossia, come qualcuno che ha detronizzato Dio.
b. Uguaglianza nella sfera ecclesiastica: soppressione del sacerdozio
dotato dei poteri di ordine, di magistero e di governo, o almeno d’un
sacerdozio con gradi gerarchici.
c. Uguaglianza fra le diverse religioni: tutte le discriminazioni
religiose sono odiose perché offendono la fondamentale uguaglianza fra gli
uomini. Perciò le diverse religioni devono essere trattate in modo
rigorosamente uguale. La pretesa d’una religione di essere quella vera, a
esclusione delle altre, comporta l’affermazione d’una superiorità, è contro la
mansuetudine evangelica ed è pure impolitica, perché le preclude l’accesso ai cuori.
d. Uguaglianza nella sfera politica: soppressione, o almeno
attenuazione, della disuguaglianza fra governanti e governati. Il potere non
viene da Dio ma dalla massa, che comanda e alla quale il governo deve ubbidire.
Proscrizione della monarchia e dell’aristocrazia come regimi intrinsecamente
cattivi, in quanto antiugualitari. Soltanto la democrazia è legittima, giusta
ed evangelica27.
e. Uguaglianza nella struttura della società: soppressione delle classi, soprattutto
di quelle che si perpetuano per via ereditaria. Abolizione di ogni influenza
aristocratica nella direzione della società e sul tono generale della cultura e
dei costumi. La gerarchia naturale costituita dalla superiorità del lavoro
intellettuale sul lavoro manuale scomparirà con il superamento della
distinzione fra l’uno e l’altro.
f. Abolizione dei corpi intermedi fra l’individuo
e lo Stato,
come pure dei privilegi specificamente inerenti a ciascun corpo sociale. Per
quanto grande sia l’odio della Rivoluzione contro l’assolutismo regio, è ancor
più grande il suo odio contro i corpi intermedi e la monarchia organica
medioevale. Questo avviene perché l’assolutismo monarchico tende a mettere i
sudditi, anche quelli più altolocati, a un livello di reciproca uguaglianza, in
una situazione menomata che preannuncia già quell’annullamento dell’individuo e
quell’anonimato, che raggiungono la massima espressione nelle grandi
concentrazioni urbane della società socialista. Fra i corpi intermedi che devono
essere aboliti occupa il primo posto la famiglia. Nella misura in cui non
riesce a estinguerla, la Rivoluzione cerca di sminuirla, di mutilarla e di
vilipenderla in tutti i modi.
g. Uguaglianza economica: niente appartiene a qualcuno,
tutto appartiene alla collettività. Soppressione della proprietà privata, del
diritto di ciascuno al frutto integrale del proprio lavoro personale e alla
scelta della sua professione.
h. Uguaglianza negli aspetti esteriori dell’esistenza: dalla varietà scaturisce
facilmente una disuguaglianza di livello. Perciò, diminuzione per quanto
possibile della varietà negli abiti, nelle abitazioni, nei mobili, nelle
abitudini, e così via.
i. Uguaglianza delle anime: la propaganda, in un certo
senso, uniforma tutte le anime, togliendo loro tutte le peculiarità e quasi la
vita stessa. Perfino le differenze di psicologia e d’atteggiamento fra i sessi
tendono a diminuire il più possibile. Per tutte queste ragioni scompare il
popolo, che è essenzialmente una grande famiglia di anime diverse ma armoniche,
riunite attorno a quanto è a loro comune. E sorge la massa, con la sua grande
anima vuota, collettiva, schiava28.
j. Uguaglianza in tutti i rapporti sociali: fra anziani e giovani, fra
padroni e dipendenti, fra insegnanti e studenti, fra marito e moglie, fra
genitori e figli, e così via.
k. Uguaglianza nell’ordine internazionale: lo Stato è costituito da un
popolo indipendente, che esercita un dominio esclusivo su un territorio. La
sovranità, dunque, rappresenta la proprietà nel diritto pubblico. Ammessa l’idea
di popolo, con caratteristiche che lo differenziano dagli altri, e l’idea di
sovranità, ci troviamo necessariamente di fronte a disuguaglianze: di capacità,
di virtù, di numero, e così via. Ammessa l’idea di territorialità, abbiamo la
disuguaglianza quantitativa e qualitativa dei diversi territori. Si capisce,
perciò, come la Rivoluzione, fondamentalmente ugualitaria, sogni di fondere
tutte le razze, tutti i popoli e tutti gli Stati in una sola razza, in un solo
popolo e in un solo Stato29.
l. Uguaglianza fra le diverse parti del paese: per le stesse ragioni, e per
un meccanismo analogo, la Rivoluzione tende ad abolire, all’interno delle
patrie oggi esistenti, tutto il sano regionalismo politico, culturale, e così
via.
m. Ugualitarismo e odio a Dio: san Tommaso insegna che la
diversità delle creature e la loro disposizione gerarchica sono un bene in sé,
perché così risplendono meglio nella creazione le perfezioni del Creatore30.
E dice che, tanto fra gli angeli31 quanto fra gli uomini,
nel paradiso terrestre come in questa terra d’esilio32, la
Provvidenza ha stabilito la disuguaglianza. Perciò, un universo di creature
uguali sarebbe un mondo in cui sarebbe cancellata, in tutta la misura possibile,
la somiglianza fra creature e Creatore. Quindi odiare per principio ogni e
qualsiasi disuguaglianza equivale a porsi metafisicamente contro gli elementi
per la migliore somiglianza fra il Creatore e la creazione, significa odiare
Dio.
n. I limiti della disuguaglianza: da tutta questa esposizione
dottrinale non si può chiaramente concludere che la disuguaglianza sia sempre e
necessariamente un bene.
Gli uomini sono tutti uguali per natura e diversi soltanto nei
loro elementi accidentali. I diritti a loro derivanti dal semplice fatto di
essere uomini sono uguali per tutti: diritto alla vita, all’onore, a condizioni
di esistenza sufficienti, dunque, al lavoro e alla proprietà, alla costituzione
d’una famiglia e soprattutto alla conoscenza e alla pratica della vera
religione. E le disuguaglianze che attentano a questi diritti sono contrarie
all’ordine della Provvidenza. Però, entro questi limiti, le disuguaglianze
derivanti da elementi accidentali come la virtù, il talento, la bellezza, la
forza, la famiglia, la tradizione, e così via, sono giuste e conformi all’ordine
dell’universo33.
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