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Plinio Corrêa de Oliveira
Rivoluzione e Contro-Rivoluzione

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  • PARTE I LA RIVOLUZIONE
    • Capitolo VII L’essenza della Rivoluzione
      • 3. LA RIVOLUZIONE, L’ORGOGLIO E LA SENSUALITÀ - I VALORI METAFISICI DELLA RIVOLUZIONE
        • B. Sensualità e liberalismo
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B. Sensualità e liberalismo

Accanto all’orgoglio, generatore di ogni ugualitarismo, sta la sensualità, nel senso più ampio del termine, fonte del liberalismo. In queste tristi profondità si trova il punto d’incontro fra questi due princìpi metafisici della Rivoluzione, l’uguaglianza e la libertà, che da tanti punti di vista sono contraddittori.

a. La gerarchia nell’anima: Dio, che ha impresso un sigillo gerarchico su tutta la creazione, visibile e invisibile, l’ha impresso anche nell’anima umana. L’intelligenza deve guidare la volontà e questa deve dirigere la sensibilità. Come conseguenza del peccato originale esiste nell’uomo un costante attrito fra gli appetiti sensibili e la volontà guidata dalla ragione: Vedo nelle mie membra un’altra legge, che lotta contro la legge della mia ragione35.

Ma la volontà, regina ridotta a governare sudditi in stato di continuo tentativo di rivolta, ha i mezzi per vincere sempre... purché non resista alla grazia di Dio34.

b. L’ugualitarismo nell’anima: il processo rivoluzionario, che mira al livellamento generale, ma che tante volte è stato soltanto l’usurpazione della funzione del comando da parte di chi dovrebbe invece ubbidire, una volta trasferito nelle relazioni fra le potenze dell’anima dovrà produrre la tirannia deplorevole di tutte le passioni sfrenate su una volontà debole e fallita e su un’intelligenza obnubilata. In modo particolare, il dominio d’una sensualità ardente su tutti i sentimenti di modestia e di pudore.

Quando la Rivoluzione proclama la libertà assoluta come principio metafisico, lo fa unicamente per giustificare il libero corso delle peggiori passioni e degli errori più funesti.

c. Ugualitarismo e liberalismo: l’inversione di cui abbiamo parlato, cioè il diritto di pensare, di sentire e di fare tutto qanto le passioni sfrenate esigono, è l’essenza del liberalismo. Ciò appare chiaramente nelle forme più esacerbate della dottrina liberale. Analizzandole, ci si accorge che il liberalismo poca importanza alla libertà per il bene. Gl’interessa solo la libertà per il male. Quando è al potere toglie facilmente e perfino con soddisfazione al bene la libertà, in tutta la misura possibile. Ma protegge, favorisce, sostiene, in molti modi, la libertà per il male. In questo dimostra la sua opposizione alla civiltà cattolica, che al bene tutto l’appoggio e tutta la libertà e limita, per quanto possibile, il male.

Ora, questa libertà per il male è precisamente la libertà così com’è intesa dall’uomo in quanto “rivoluzionario” nel suo intimo, cioè in quanto consente alla tirannia delle passioni sulla sua intelligenza e sulla sua volontà.

E in questo senso il liberalismo è frutto dello stesso albero che produce l’ugualitarismo.

D’altra parte l’orgoglio, in quanto genera odio verso qualunque autorità36, induce a un atteggiamento chiaramente liberale. E a questo titolo deve esser considerato un fattore attivo del liberalismo. Quando però la Rivoluzione si rese conto che, se si lasciano liberi gli uomini, disuguali per le loro attitudini e per la loro volontà d’impegno, la libertà genera la disuguaglianza, decise, in odio a questa, di sacrificare quella. Da ciò nacque la sua fase socialista. Questa fase ne costituisce soltanto una tappa. La Rivoluzione spera, al suo termine ultimo, di realizzare uno stato di cose in cui la completa libertà coesista con la piena uguaglianza.

Così, storicamente, il movimento socialista è un semplice compimento del movimento liberale. Ciò che porta un autentico liberale ad accettare il socialismo è precisamente il fatto che, in esso, mentre da un lato si proibiscono tirannicamente mille cose buone o almeno innocue, dall’altro si favorisce il soddisfacimento metodico, e a volte con caratteri d’austerità, delle peggiori e più violente passioni, come l’invidia, la pigrizia, la lussuria. E, d’altra parte, il liberale intuisce che l’estensione dell’autorità nel regime socialista non è altro, nella logica del sistema, che un mezzo per arrivare alla tanto desiderata anarchia finale.

Gli scontri fra certi liberali ingenui o ritardatari e i socialisti sono dunque, nel processo rivoluzionario, semplici episodi di superficie, inoffensivi qui pro quo che non turbano né la logica profonda della Rivoluzione, né la sua marcia inesorabile verso quella direzione che, considerate bene le cose, è al tempo stesso socialista e liberale.

d. La generazione del “rock and roll”: il processo rivoluzionario nelle anime, così come lo abbiamo descritto, ha prodotto nelle ultime generazioni, e specialmente negli adolescenti d’oggi, che si lasciano ipnotizzare dal rock and roll, un modo d’essere dello spirito caratterizzato dalla spontaneità delle reazioni primarie, senza il controllo dell’intelligenza e senza la partecipazione effettiva della volontà, dal predominio della fantasia e delle “esperienze” sull’analisi metodica della realtà: tutto ciò, in larga misura, è frutto d’una pedagogia che riduce quasi a nulla la parte della logica e della vera formazione della volontà.

e. Ugualitarismo, liberalismo e anarchismo: com’è detto nei punti precedenti (da “a” a “d”), la fermentazione delle passioni sregolate, se da una parte suscita l’odio per qualsiasi freno e per qualsiasi legge, d’altro lato provoca l’odio contro qualunque disuguaglianza. Tale fermentazione conduce così alla concezione utopistica dell’“anarchismomarxista, secondo cui un’umanità evoluta, vivente in una società senza classi e senza governo, potrebbe godere dell’ordine perfetto e della più completa libertà, senza che ne derivi disuguaglianza alcuna. Come si può vedere, è l’ideale simultaneamente più liberale e più ugualitario che si possa immaginare.

Infatti l’utopia anarchica del marxismo consiste in uno stato di cose in cui la personalità umana avrebbe raggiunto un alto grado di progresso, al punto che le sarebbe possibile svilupparsi liberamente in una società senza Stato e senza governo.

In questa società — che, pur non avendo governo, vivrebbe in perfetto ordine — la produzione economica sarebbe ben organizzata e molto sviluppata e sarebbe superata la distinzione fra lavoro manuale e intellettuale. Un processo di selezione ancora non precisato porterebbe alla direzione dell’economia i più capaci, senza che ne derivi la formazione di classi.

Questi sarebbero i soli e insignificanti residui di disuguaglianza, ma, poiché questa società comunista anarchica non è il termine finale della storia, sembra legittimo supporre che tali residui sarebbero aboliti in un’ulteriore evoluzione.

 




35 Cfr. Rom. 7, 25.



34 Rom. 7, 23.



36 Vedi punto “A” di questo cap.






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