3. RIVOLUZIONE E MALAFEDE
Si potrebbe forse opporre la seguente obiezione: se l’importanza delle
passioni nel processo rivoluzionario è così grande, sembra che la vittima di
questo sia sempre, almeno in qualche misura, in malafede. Se, per esempio, il
protestantesimo è figlio della Rivoluzione, ogni protestante è in malafede?
Questo non contrasta con la dottrina della Chiesa, che ammette vi siano, nelle
altre religioni, anime in buona fede?
È ovvio che una persona in completa buona fede, e fornita d’uno
spirito fondamentalmente contro-rivoluzionario, può essere presa nella rete dei
sofismi rivoluzionari (siano essi di natura religiosa, filosofica, politica o
di qualsiasi altro genere) a causa di un’ignoranza invincibile. In tali persone
non vi è colpa alcuna.
Mutatis mutandis, lo stesso si può dire di quanti
fanno propria la dottrina della Rivoluzione, nell’uno o nell’altro punto
particolare, a causa d’un lapsus involontario dell’intelligenza.
Diversa deve essere la risposta nel caso in cui qualcuno faccia
proprio lo spirito della Rivoluzione perché mosso dalle passioni disordinate a
essa inerenti.
Un rivoluzionario in queste condizioni può essere convinto della
perfetta bontà delle sue tesi sovversive. Non sarà dunque insincero. Ma sarà
colpevole dell’errore in cui è caduto.
E può anche accadere che il rivoluzionario professi una dottrina
di cui non è persuaso, o di cui non è completamente convinto.
In questo caso sarà parzialmente o totalmente insincero...
A questo riguardo, a nostro parere, sarebbe quasi superfluo
sottolineare che, quando affermiamo esser le dottrine di Marx implicite nelle
negazioni della Pseudo-Riforma e della Rivoluzione francese, con ciò non
vogliamo dire che gli adepti di quei due movimenti fossero consapevolmente
marxisti ante litteram e che occultassero ipocritamente le loro opinioni.
Il carattere specifico della virtù cristiana è la retta
disposizione delle potenze dell’anima e, quindi, l’aumento della lucidità dell’intelligenza,
illuminata dalla grazia e guidata dal Magistero della Chiesa. Solo per questa
ragione ogni santo è un modello d’equilibrio e d’imparzialità. L’obiettività
dei suoi giudizi e il fermo orientamento della sua volontà verso il bene non
sono indeboliti, neppure di poco, dal soffio venefico delle passioni
disordinate.
Al contrario, nella misura in cui l’uomo decade dalla virtù e si
lascia dominare dal giogo di queste passioni, diminuisce parimenti in lui l’obiettività
in tutto quanto ha rapporto con esse. In particolar modo quest’obiettività
rimane turbata quanto ai giudizi che l’uomo formula su sé stesso.
Fino a che punto un rivoluzionario “di marcia lenta”, del secolo
XVI o del secolo XVIII, accecato dallo spirito della Rivoluzione, si rendeva
conto del senso profondo e delle conseguenze ultime della sua dottrina? In ogni
caso concreto è un segreto di Dio.
In ogni modo l’ipotesi che fossero tutti consapevolmente marxisti è
da escludersi completamente.
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